La bicicletta perfetta

transition-vs-p3cIl morbo della bicicletta perfetta è una patologia tipica dei ciclisti, ma è soprattutto tra i cicloamatori che il contagio si diffonde con particolare tossicità. I primi sintomi sono noti: profonda insoddisfazione delle performance del proprio velocipede, spasmodica ricerca nella vecchia bici di difetti veri o presunti che ne rendano necessaria l’immediata rottamazione, calcoli economici volutamente errati dai quali risulta che la sostituzione di alcune componenti effettivamente usurate – come la catena o i copertoncini – costi cifre astronomiche. Passata la fase di incubazione, il virus provoca una parziale perdita dell’orientamento: il contagiato sbaglia continuamente strada finendo ogni volta davanti a un negozio di biciclette della sua città dove, già che c’è, entra per dare un’occhiata agli ultimissimi modelli peggiorando così la sua situazione. La cosa strana è che il virus contamina anche il pc del contagiato: ogni volta che prova a connettersi a internet si spalancano sullo schermo solo i siti Cervelo, Pinarello, Cannondale, De Rosa.

La seconda fase della patologia, più aggressiva, si manifesta con ricorrenti attacchi di panico, allorché il malato, pensando di sconfiggere il morbo, decide di comprare una bici nuova. Già, ma quale? Dopo una meticolosa analisi di tutti i cataloghi del pianeta e patologiche irruzioni nelle officine degli artigiani, infatti, chi soffre del morbo della bicicletta perfetta è terrorizzato da una cura che è peggiore del male: acquistare la bicicletta sbagliata.

Passano giorni, settimane, talvolta mesi di ansia, apprensione, spavento. Durante la fase più acuta, quella compulsiva, l’ammalato è sull’orlo del baratro, risolto a spendere qualsiasi cifra per impossessarsi contemporaneamente di almeno una dozzina di biciclette diverse. Alla fine, però, eccola. E’ lei! Bellissima, leggerissima, equilibratissima ed elegantissima, precisissima negli inserimenti in curva, esplosiva nelle accelerazioni violente… Insomma: la bicicletta perfetta!

All’inizio fila tutto liscio finché, improvviso, esplode il bisogno di renderla ancora più perfetta. Si comincia dalle cose piccole (un grammo guadagnato dalla sostituzione dello sgancio rapido, tre grammi virgola cinque in meno col nuovo tubo reggisella). Poi è un continuo. Come resistere alla neonata guarnitura Campagnolo? Al copertoncino più scorrevole? Al pedale più aerodinamico? All’evoluzione definitiva della rivoluzionaria ingegneria del sistema mozzo-raggi-cerchio di Mavic?

In poco tempo gli upgrade saranno costati più della bicicletta e quando ormai, telaio a parte, non ci sarà nemmeno un bulloncino da sostituire ecco che ricompaiono i sintomi: una profonda insoddisfazione delle performance del proprio velocipede, una spasmodica ricerca nella vecchia bici di difetti veri o presunti che ne rendano necessaria l’immediata rottamazione, calcoli economici volutamente errati dai quali risulta che la sostituzione di alcune componenti effettivamente usurate – come la catena o i copertoncini – non possa che costare cifre astronomiche.

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