Comuni italiani a 30 km/h

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Dopo aver parlato a lungo di ciò che succede in Europa, è necessario ora guardare a casa nostra. Anche in Italia si ritrovano molte delle caratteristiche già viste oltralpe, e in particolare il fatto che la diffusione delle zone 30 è a macchie di leopardo: non vi è finora un’iniziativa nazionale, e tutto è lasciato alla buona volontà delle amministrazioni locali. Dal punto di vista legislativo nazionale infatti si parla di limiti ridotti a 30 km/h solo in un paragrafo dedicato alle “zone a traffico pedonale privilegiato” delle “Direttive per la redazione, adozione ed attuazione dei piani urbani del traffico”, emanate dal Ministero dei Lavori Pubblici in attuazione dell’articolo 36 del D.Lgs 285/1992. L’impressione è che a essere rimaste indietro su questo tema negli ultimi anni siano state soprattutto le grandi città, mentre diversi centri di provincia hanno sviluppato soluzioni originali e efficaci.

Milano è un buon punto di partenza per una rassegna delle iniziative più significative di riduzione del traffico nel Bel Paese: qui infatti si sta cercando di recuperare il tempo perso negli ultimi anni, e le Zone 30 sono all’ordine del giorno. Risale a quasi un anno fa l’annuncio della giunta della progressiva introduzione di 11 zone a “mobilità dolce”, diffuse su tutto il territorio urbano. Il cambiamento non avverrà certo da un giorno all’altro: l’orizzonte temporale che la giunta si è preposta per raggiungere l’obiettivo è la durata del proprio mandato. Il progetto prevede in teoria una completa ristrutturazione dell’infrastruttura stradale nelle 11 zone, con la creazione di dossi e restringimenti della carreggiata per costringere gli automobilisti a rallentare. Tuttavia, non è chiaro se ci siano i fondi necessari, con il presidente del Consiglio di Zona 1 Fabio Arrigoni che invitava a cominciare nel frattempo “a mettere i cartelli, soprattutto vicino alle scuole”. Nel novembre 2012 sono iniziati i lavori in due prime zone, i dintorni di Porta Venezia e il quartiere Figino; entro il 2013 verranno approntate altre quattro zone. Recentemente sono infatti finiti i lavori nelle zone “Melzo” e “Lazzaretto”. Staremo a vedere, comunque l’esperienza di chi ha preceduto Milano insegna che è ora fondamentale fare rispettare i limiti e comunicare alla cittadinanza i risultati di queste prime sperimentazioni, che non potranno che tradursi in minori incidenti, minori morti e feriti, minor inquinamento atmosferico e acustico.

Milano comunque non è certo una città pioniere in Italia su questo genere di iniziative, che sono diffuse in molte altre località medio-piccole. Spostandosi di poco, un ottimo esempio è la città di Bergamo. Anche qui il comune ha individuato alcune aree residenziali in cui la mobilità è stata ridisegnata, e il limite è stato abbassato a 30 km/h. Tutto è partito tuttavia da un’iniziativa dei cittadini della zona di Campagnola, che alla fine degli anni novanta si sono riuniti in un comitato che ha presentato una serie di iniziative volte a ridurre e rallentare il traffico che appestava il quartiere. Gli organizzatissimi cittadini hanno messo a punto un preciso documento, con tanto di grafici e mappe allegati, che il comune non ha potuto ignorare. Oggi a Bergamo sono numerose le zone con percorsi ciclopedonali, dossi, attraversamenti rialzati… Lodevole è la scelta di coinvolgere i cittadini in questi progetti, e di curare la comunicazione con il pubblico con dei chiari e colorati volantini che spiegano il perché delle modifiche apportate alla mobilità.
Anche la città di Cornaredo ha dimostrato una grande attenzione a questi problemi. Il territorio comunale è interessato da un forte traffico di pendolari che si recano in automobile verso Milano. In alcune zone della città, questo portava a una alta pericolosità delle strade. Nel 2002-2003 si è dato inizio a una serie di lavori di riqualificazione dell’ambiente urbano che hanno molto migliorato la vivibilità delle strade di Cornaredo. Oltre a introdurre Zone 30 per scoraggiare il traffico di scorrimento nelle aree residenziali, sono stati realizzati percorsi ciclopedonali, soprattutto in corrispondenza delle scuole; inoltre delle minirotatorie, delle piattaforme rialzate e un miglioramento della segnaletica orizzontale hanno completato l’opera.

Uscendo dalla Lombardia, e dirigendosi verso sud, si trova un’altra regione molto attiva nel riformare la mobilità nelle proprie città: l’Emilia-Romagna. Non si può che iniziare da Ferrara, la città delle biciclette per eccellenza. Curiosamente, le Zone 30 vi sono state introdotte solo recentemente, nel settembre dello scorso anno, all’interno della ZTL; in queste strade inoltre è ora legale la circolazione controsenso dei ciclisti, in conformità al parere espresso nell’aprile 2012 dalla Direzione Generale per la sicurezza stradale del Ministero Infrastrutture e Trasporti.

Pochi chilometri più a ovest si incontra Modena. Nel centro storico della città estense, dal 1° marzo 2011, è vietato superare il limite di 30 km/h. Qui si è scelto un approccio “soft”, con la sola installazione di cartelli segnalatori, evitando di modificare l’infrastruttura stradale con dossi e chicane. I chilometri di strade coinvolti dal provvedimento sono circa 20.
Continuando verso nord-ovest lungo la via Emilia, troviamo prima di tutto Reggio, a cui è dedicato uno speciale approfondimento. Più avanti infine è Piacenza: qui le zone 30 sono state introdotte nel maggio del 2007, prima in alcune parti del centro storico, e in seguito anche in zone residenziali.

Vi sono anche località dove le zone 30 sono solo “virtuali”: era così la città di Arezzo fino a pochissimi giorni fa. Un’ordinanza comunale del 1997 infatti introduceva nel centro storico della città il limite a 30 km/h. Nel corso degli anni però questo provvedimento era caduto in disuso, e i cartelli di segnalazione del limite erano spariti, tanto che in pochi ormai ricordavano la cosa. Il 10 luglio però l’amministrazione ha promesso che questa volta si farà sul serio, con tanto di conferenza stampa per presentare i nuovi cartelli che verranno posizionati negli accessi al centro.

E il sud? Proprio pochi giorni fa è giunta una bella notizia dalla Campania, dove a Caserta a fine giugno è stato istituito il limite di 30 km/h in tutte le strade urbane. In tempi di ristrettezze economiche, si è scelto anche qui di limitarsi a installare cartelli segnalatori, senza dossi e chicane a rallentare materialmente il traffico.
Molto diverse invece le motivazioni per l’introduzione delle zone 30 a Catanzaro: nel capoluogo calabro infatti le strade sono coperte da “piccole voragini che si aprono sull’asfalto”, e i soldi per ripararle non sono disponibili. Di conseguenza, in una specie di circolo vizioso, l’amministrazione stava perdendo ancora più soldi per rifondere i cittadini che subivano dei danni alle automobili. Abbassare il limite a 30 km/h, come è stato fatto nell’ottobre dello scorso anno, ha permesso di ridurre il numero di macchine danneggiate dalle buche.
Iniziative di riduzione della velocità inoltre sono state prese anche in numerose altre località, come Cassano d’Adda, Cattolica, Mezzocorona, Modena, Parma, Rovereto…
I benefici delle zone 30 sono evidenti: non è più possibile aspettare che singole amministrazioni locali si “sveglino” e decidano di istituirle anche nel loro territorio. L’iniziativa della Rete Mobilità Nuova può portare a uno sviluppo più omogeneo delle zone 30 nel nostro paese.

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