Dal 7 al 9 ottobre la capitale slovena Lubiana ha ospitato i lavori del tredicesimo Civitas Forum, l’annuale incontro delle città aderenti alla rete Civitas, un network di circa 70 città europee impegnate in interventi di mobilità sostenibile e qualità dello spazio urbano. Il progetto, cofinanziato dall’Unione europea, è stato lanciato nel 2002 per ridefinire misure e politiche di trasporto al fine di creare trasporti più efficienti ed ecologici nelle città. È un luogo in cui le città collaborano alla creazione di progetti innovativi e si confrontano per migliorare sempre più le proprie performance di mobilità.
Il Civitas Forum si sviluppa su tre giornate con una serie di incontri e seminari incentrati sulla mobilità, ma al centro del dibattito ci sono in realtà le persone e la qualità dello spazio urbano. Lo stesso titolo di quest’anno Sharing the City sottolinea un interesse maggiore per la qualità dei risultati che per la soluzioni tecniche adottate: non è importante che le città pilota puntino su bus elettrici o ciclabilità (o più propriamente sul mix di soluzioni diverse) l’obiettivo è per tutti far star bene i propri cittadini e questo sicuramente la distingue da molti altri eventi di settore.
Come si diventa Green Capital. L’esempio della stessa città di Lubiana, scelta per ospitare il Forum per il suo impegno nella creazione di una città a misura di persona, è indicativo. Lubiana negli ultimi anni ha sviluppato diverse misure di mobilità nuova, così come progetti infrastrutturali che hanno aumentato la qualità della vita degli abitanti, come nuove aree pedonali, zone 30, spazi verdi e argini, ponti e piazze chiuse al traffico motorizzato. Questi cambiamenti in nome della sostenibilità che si sono verificati in un periodo relativamente breve l’hanno portata a vincere il titolo di Capitale verde europea 2016, il premio per la Settimana europea della mobilità 2013 e molti altri.
L’ultimo progetto di spazio condiviso in fase di realizzazione è la Slovenka Cesta, una via piuttosto ampia trasformata da arteria di scorrimento, con due corsie per senso di marcia, a spazio ciclopedonale aperto al trasporto pubblico.
Janez Koželj, professore di progettazione urbana alla Facoltà di Architettura dell’Università di Lubiana e Vicesindaco, ci racconta qual è lo spirito che ha animato questa trasformazione: “Abbiamo creato in Lubiana con attenzione, ma progressivamente, sempre più spazi condivisi, attuando una transizione da spazi regolati a spazi autoregolanti. Il nostro obiettivo è prima di tutto la sicurezza, solo successivamente viene considerata la scorrevolezza del traffico. Si è così passati da un concetto di priorità ad uno di uguaglianza fra gli utenti”.
Ed è così che nella parte di via appena conclusa, che taglia sostanzialmente il centro, pedoni, ciclisti e bus condividono lo stesso spazio senza distinzioni. I mezzi pubblici procedono ad una velocità di 10 km/h (anche se il limite è di 30) ma l’assenza di semafori o altre interruzioni permette in ogni caso una buona velocità commerciale.
Operando in questo modo l’Amministrazione non ha avuto la necessità di costruire altre strade o infrastrutture ciclistiche, perché lo stesso spazio basta per tutti. Si sperimentano così nuove forme di coabitazione fra pedoni e ciclisti attraverso la comunicazione non verbale tra le persone.
Infatti gli interventi di riduzione del traffico non hanno avuto solo risvolti sulla mobilità, il ridisegno della strada è diventato catalizzatore di rinnovamento di quella parte di centro storico. “Interventi ben realizzati,” continua Koželj ”attirano nuove persone. Sono spazi condivisi in continua evoluzione a diversa scala e in diverse forme. Le comunità locali si impossessano dei luoghi e socializzando diventano più sensibili e tolleranti. Quello che sembra solo un intervento di traffic calming diviene un progetto sociale di successo. E questo non vale solo per il centro ma anche per le zone residenziali.”
Ma anche Lubiana non è un’isola felice e non è stato immediato operare il cambiamento. L’Amministrazione ha costruito un percorso che si è sviluppato attraverso chiusure temporanee al traffico veicolare, eventi e interventi di grafic street art per predisporre le persone alla chiusura. Successivamente la chiusura vera e propria è stata testata con elementi e allestimenti temporanei removibili (nel caso specifico pallet, sedie e tavoli di Ikea).
“Serviva un tipo di percorso condiviso non solo per convincere i cittadini ma anche i politici e i tecnici auto-centrici a vedere le cose in un modo nuovo. Così come le forze di polizia che hanno dovuto imparare a ragione non in termini di separazione ma di convivenza. Il processo sperimentale ha dovuto anche superare opposizioni tecniche perché la sperimentazione era sostanzialmente illegale per il codice della strada, per questo motivo l’Amministrazione ha dovuto varare un manuale di regolazione della mobilità dello spazio condiviso, per passare da una situazione illegale ad una semi illegale. Perché la gestione dello spazio condiviso non può passare solo attraverso le regole, ma richiede il rispetto reciproco delle persone e necessita di un processo di apprendimento”.
Foto: arhiv MOL
Ma i risultati non sono mancati, l’area ha visto un aumento degli spostamenti a piedi del 20% e nell’intorno dell’area 15 edifici storici sono stati rinnovati, dando nuovo impulso al commercio e all’economia locale. “Dare spazio a pedoni e ciclisti vuol dire dare spazio al commercio”, conclude il Vicesindaco.
Un’Europa a due velocità. Civitas indubbiamente raccoglie l’eccellenza delle realtà impegnate nella mobilità nuova, e se da un lato è confortante vedere il grado di consapevolezza e di elaborazione raggiunto, dall’altra delinea ancora un’Europa a due velocità dove alcune città stanno spingendo verso la de motorizzazione e altre ancora arrancano ad inseguire consenso con politiche ampiamente auto-centriche.
C’è un’Europa che ha tanta voglia di innovare. Impressionante, ad esempio, la quantità e qualità di progetti dei paesi dell’est che stanno recuperando il proprio ritardo infrastrutturale e culturale a tappe forzate. Questo è sopratutto evidente nel campo della ciclabilità. Un esempio su tutti le prime tre città classificate all’European Cycling Challenge, la gara fra città che si sfidano a colpi di pedale ideata dall’Agenzia della mobilità dell’area metropolitana di Bologna, sono tutte città polacche: Danzica, Breslavia e Varsavia. Danzica con i suoi 450.000 abitanti è riuscita a coinvolgere più di 4.500 ciclisti che hanno percorso complessivamente 450.533 km. Risultato ottenuto grazie ad un enorme sforzo di comunicazione a tappeto e di coinvolgimento delle comunità locali. La Città ha utilizzato la leva della competizione come metodo per far crescere la consapevolezza sull’uso della bici e promuovere comportamenti virtuosi.
Per capirci, Roma, la quarta classificata e la prima delle italiane, nonostante la dimensione e il clima più clemente, ha visto la partecipazione di “soli” 1.550 ciclisti per un totale di 180.000 km percorsi.
Un altro progetto molto interessante sulla ciclabilità presentato al Civitas Forum, è il Sava Bike, progetto di ciclopista lungo la Sava, affluente del Danubio. Un percorso di 850 km che si snoda attraverso quattro nazioni dei Balcani – Slovenia, Croazia, Bosnia e Serbia – e collega tre capitali, Lubiana, Zagabria e Belgrado. Una grande arteria turistica che andrebbe a raccordare la Eurovelo 9 con la Eurovelo 6 e che nei pressi delle città diventerebbe sostanzialmente da percorso di svago una vera e propria “autostrada” urbana per le bici. È un tracciato sicuramente affascinante per i luoghi che attraversa, ma ancor di più per la possibilità di riconnettere quest’area più di quanto altre politiche siano riuscite a fare in passato.
La presenza italiana. L’Italia non è certo conosciuta nel mondo per qualità della sua mobilità ma non ci sono solo ombre nel nostro Paese, alcune esperienze di qualità brillano anche a livello europeo.
È il caso di Reggio Emilia che è stata premiata a Lubiana con il Civitas City of the Year 2015 per il suo piano di mobilità urbana che grazie a diverse importanti soluzioni ha trasformato il centro storico e coinvolto i cittadini nella sua visione per il cambiamento.
Reggio Emilia, che ha anche ospitato la prima edizione degli Stati Generali della Mobilità Nuova nel 2012, ha una lunga tradizione di interventi sulla pedonalizzazione e sulla ciclabilità – basta ricordare l’adozione di un Biciplan che prevede l’abbinamento di corsie ciclabili in appoggio a ciclabili separate e l’introduzione del doppio senso ciclabile – e sta continuando a estendere anche alle aree residenziali gli interventi di moderazione del traffico.
I risultati di Reggio Emilia discendono dalla fortunata combinazione di politici visionari (cioè con una visione), tecnici preparati e tanta forza di volontà. Come ci ha detto Alessandro Meggiato, dirigente delle Politiche per la Mobilità del Comune “è un premio alla carriera per una città che ha fortemente creduto nella mobilità sostenibile e non ha mai smesso di innovare”.
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