Le loro ciclabili luminose e i nostri ciclisti invisibili

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In questi giorni stanno girando molto sui social le immagini di una pista ciclabile in Polonia, precisamente nella cittadina di Lidzbark Warminski, che di giorno immagazzina la luce del sole e di notte la riemette trasformandosi in una striscia luminosa blu per rendere più visibile il percorso con un basso impatto ambientale e un bell’effetto estetico. Una soluzione simile ma differente rispetto alla ciclabile verde a energia solare olandese nei pressi di Eindhoven realizzata in omaggio a Van Gogh, da annoverare tra le invenzioni che migliorano la sicurezza e il comfort di chi pedala, abbellendo e rispettando l’ambiente.

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Il paragone con le ciclabili costruite in Italia è impietoso: perché da noi sicurezza e comfort sono troppo spesso molto lontani dagli standard minimi e sulle ciclabili italiane pedalare risulta pericoloso quasi come sulle strade, se non di più. Il problema riguarda le intersezioni tra la ciclabile e la strada: gli incroci che, se non fatti tenendo conto di una serie parametri, proiettano chi pedala in una situazione improvvisa e non segnalata di massima pericolosità trasformandolo in un vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro a motore che sfrecciano sulla strada.

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Purtroppo mi trovo a scrivere all’indomani dell’ennesimo incidente in cui ha perso la vita un ciclista: o meglio, a cui è stata strappata la vita nella mia città, a Roma. Pedalava sulla pista ciclabile della dorsale Tevere all’altezza della Magliana e a un incrocio pericoloso – quello con vicolo Pian due Torri, più volte segnalato da chi frequenta la zona – è stato investito e ucciso da un camion per la raccolta dei rifiuti. Si chiamava Marco, aveva 47 anni. Un fatto che conferma la pericolosità dei percorsi che sono disegnati per i ciclisti solo sulla carta, ma che nella realtà dei fatti rappresentano pseudopiste malmesse che finiscono per essere addirittura più pericolose delle strade stesse. Un caso analogo era avvenuto qualche tempo fa, su un’altra famigerata ciclabile di Roma ma si tratta di un problema che riguarda tutte le nostre città, come dimostrano i fatti di cronaca.

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(Roma – Ciclabile Magliana, incrocio con vicolo Pian due Torri – foto di Paolo Bellino)
Perché digitando su un motore di ricerca la parola “ciclista” o “ciclabile” vengono fuori solo link alla cronaca nera, agli incidenti stradali – che poi incidenti non sono – anziché a notizie positive che riguardano semplicemente il concetto di spostarsi in bicicletta cercando di raggiungere la propria destinazione nel tempo più breve possibile, senza inquinare e senza creare ingorghi stradali? Perché è così difficile far passare il concetto che chi guida un mezzo a motore ha tra le proprie mani un’arma pronta a sparare al minimo errore o alla minima distrazione – e le distrazioni sono tante, a cominciare dagli smartphone – e invece cadiamo sempre nella retorica assolutoria della “fatalità”, della “strada killer”, del “pino assassino” e del “cespuglio mortale”?

In Italia stiamo scontando un ritardo pluridecennale sul modo di spostarci in città: l’automobile è diventata la protesi naturale per colmare le distanze urbane – mediamente sotto i 5 chilometri – e c’è da fare un lavoro enorme per convincere schiere di cittadini che si ritrovano ogni giorno alla stessa ora in coda che l’automobile sta sottraendo loro del tempo prezioso, peggiorando le condizioni dell’ambiente circostante e spacciando una presunta/ipotetica libertà di movimento con una certa/reale progressiva immobilità nelle ore di maggior traffico. Un discorso che andrebbe fatto anche a chi ritiene che le auto elettriche rappresentino la panacea di tutti i mali e la soluzione ai problemi di inquinamento/mobilità: non è affatto così, perché l’obiettivo di lungo periodo dev’essere la drastica diminuzione del parco auto circolante, non una mera sostituzione dei mezzi in chiave ibrida/elettrica.

Il problema è che abbiamo uno dei rapporti più alto al mondo tra cittadini e numero di automobili – in media superiore al 60 per cento – e questo si ripercuote drammaticamente sulla viabilità dove chi pedala viene relegato ai margini della carreggiata o su ciclabili progettate male che quando s’intersecano con la strada si tingono di rosso col sangue dei ciclisti invisibili uccisi: “Non l’ho proprio visto”, questa la frase ricorrente dell’investitore di turno. Così continuiamo a pedalare verso la prossima tragedia annunciata.

Commenti

  1. Avatar rosario limite ha detto:

    Io, oltre a revocare la patente a chi guida e causa incidenti, gli darei una “patente a vita per l’uso della bici”, magari in questo modo riusciamo ad educarli questi mascalzoni delle quattro ruote a tutti i costi!!

    1. Avatar Nicola ha detto:

      E secondo te basterebbe?
      Qui vedo gente con la patente dell’auto revocata che ha trovato come unica soluzione al problema quella di girare con la patente agricola e col trattore….

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