Se tutti rispettassero le regole della strada, i limiti di velocità e le precedenze il numero di ciclisti investiti e uccisi in bicicletta sarebbe prossimo allo zero: invece in Italia negli ultimi 10 anni 3.000 ciclisti sono usciti in bici e non hanno più fatto ritorno a casa. La notizia dell’omicidio stradale di Michele Scarponi l’ho appresa dalla radio sabato mattina mentre stavo per uscire in bici da corsa: un brutto colpo, durissimo. Perché non si può continuare a morire così, non è giusto, non è accettabile: la retorica che “andare in bici è pericoloso” è una mistificazione, la realtà è che ci sono troppe auto e troppe persone che pensano di poterle guidare senza prestare la dovuta attenzione. La probabilità di provocare incidenti è direttamente proporzionale alla velocità e al livello di disattenzione, l’uso del cellulare al volante contribuisce ad aumentare il rischio.
Un’infografica vale più di un lungo discorso e ha il pregio di essere al tempo stesso sintetica ed efficace: lo è certamente quella che ha postato sul suo profilo Twitter “València en Bici”, un collettivo di ciclisti urbani che è attivo dal 1990 e si batte per migliorare la vivibilità delle strade.
L’immagine è stata realizzata dall’attivista Julian basandosi su dati statistici reali e viene mostrata visivamente la potenzialità omicida di un’auto in base alla sua velocità: in caso di impatto a 15 km/h la probabilità di causare morti è dell’1 per cento; raddoppiando la velocità e portandola a 30 km/h il rischio di investimenti mortali decuplica, arrivando al 10 per cento; aumentando di altri 15 km/h la velocità e arrivando a 45 km/h la percentuale sale di quattro volte, attestandosi al 40 per cento; un impatto a 55 km/h è mortale nel 90 per cento dei casi. “Le multe non risuscitano i morti: chiediamo città 20 e 30 adesso!”, così recita il messaggio in calce all’illustrazione.
In Italia il limite di velocità in ambito urbano è di norma 50 km/h e mediamente non viene neanche rispettato: il nostro è il Paese di chi brucia il semaforo, di chi sorpassa a destra, di chi tira sul rettilineo e poi inchioda in curva, di chi considera le strisce pedonali un inutile scarabocchio che rallenta la sua corsa, di chi non vede un ciclista e lo investe come se fosse una cosa normale, invece è una tragedia. Che si ripete ogni anno, per 250/300 volte.
L’uccisione di Scarponi ha riacceso i riflettori su una vergogna senza nome: la Riforma del Codice della Strada è ferma in Senato dal lontano ottobre 2014 e solo a novembre 2016 è approdata in Commissione Lavori Pubblici, ma mancando un anno alla scadenza naturale della legislatura il tempo potrebbe non essere sufficiente per portarne a compimento l’iter. La strage quotidiana sulle nostre strade non è considerata dai governanti come un’emergenza nazionale: in fondo si tratta di incidenti, “cose che capitano”, “buche killer”, “tragiche fatalità”, ma intanto si continua a morire o, meglio, a essere uccisi in un contesto stradale dove la prepotenza del mezzo più forte ha la meglio sul più fragile. Chi è Stato?
I funerali di Michele Scarponi si terranno domani, martedì 25 aprile, alle ore 15:30 nel Palazzetto dello Sport di Filottrano. Intanto ieri sera a Roma l’Associazione #Salvaiciclisti ha organizzato un flash mob ai Fori Imperiali per ribadire ancora una volta la necessità e l’urgenza di rendere le strade più sicure per chi pedala: un’iniziativa estemporanea che riapre il fronte della mobilitazione verso il 28 aprile, quinto anniversario della grande bicifestazione ai Fori Imperiali. Le istanze di #Salvaiciclisti le aveva abbracciate anche Michele Scarponi, come testimonia un’immagine scattata al Giro d’Italia 2012: 5 anni fa, una vita fa. La sua. La nostra.
Mi ha lasciato perplesso il disegno di legge che dovrebbe entrare in discussione chissà quando nel quale gli automobilisti saranno obbligati a sorpassare i ciclisti a più di un metro e mezzo di distanza.
Ora potrebbe anche essere un aiuto ma non credo sia sufficiente ed in certi casi pure fattibile in certi tratti di città per mancanza di spazi appositi, senza contare che nei paesini fuori le città con annesse stradine dritte ti sfrecceranno lo stesso a 100 orari e che tu cada o meno, non so se tutti si fermerebbero e non sempre si trova il colpevole….lo dico per esperienze altrui e perché giusto ieri ho rischiato moltissimo…
Penso che il tutto debba partire dalla motorizzazione e dalle scuole guida, che devono formare adeguatamente e magari a più riprese chi non si dimostra all’altezza gli automobilisti; ma non solo credo pure che i motociclisti possano dare un grosso contributo perché i loro problemi sono simili ai nostri e li ho sempre trovati molto più rispettosi nei confronti dei ciclisti.
Lo stato và solo verso i suoi interessi
La realtà è che ci sono troppe auto, punto. Tutti sbagliano, anche nei paesi che noi riteniamo “civili” la gente sbaglia e compie delle scorrettezze. La differenza sta nel fatto che sbagliare seduti sul sellino di una bicicletta crea decisamente molti meno danni che sbagliare sul sedile di un’auto!