Se pedali non ti vedo

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La massiccia presenza dei ciclisti sulle strade aumenta il livello di sicurezza generale per chi pedala: viceversa laddove i pedalatori scarseggiano il tasso di collisione tra bici e mezzi a motore è più elevato. Un gruppo di psicologi sociali dell’Università Alma Mater di Bologna ha analizzato e catalogato numerosi studi per indagare le cause delle collisioni tra veicoli motorizzati e biciclette: una pubblicazione che ha trovato spazio nella prestigiosa rivista Transport Reviews e che evidenzia le principali cause di questi fenomeni che purtroppo sono all’ordine del giorno sulle nostre strade.

Il Giro d’Italia è partito pochi giorni fa con un corridore in meno: Michele Scarponi, investito e ucciso mentre si allenava in strada e anche in quel caso chi era alla guida del furgone ha detto “non l’ho visto”. Paradossalmente molti incidenti si verificano anche quando il ciclista è ben visibile: sul rettilineo, in pieno giorno, nella stessa direzione di marcia. Insomma: anche nelle condizioni ipoteticamente ideali per avere una buona visibilità, chi pedala risulta praticamente invisibile a chi guida e la collisione è dietro l’angolo.

La mancata percezione della presenza di una bici in strada può dipendere anche dai famigerati blind spot, gli angoli ciechi nel campo visivo dell’automobilista che impediscono di inquadrare per tempo pedoni e ciclisti: “La nostra attenzione – spiega il ricercatore Unibo Gabriele Prati – opera selezionando alcuni stimoli da noi attesi, come ad esempio possibili macchine in arrivo, ma tralasciandone altri, spesso meno attesi. Per questo può succedere che, pur guardando in una direzione, non si riescono a percepire alcuni elementi rilevanti per la propria e altrui sicurezza, ad esempio un utente vulnerabile della strada che sta sopraggiungendo”.

Le due cause principali per gli incidenti che coinvolgono ciclisti riguardano i comportamenti di chi si muove in strada – come il dare la precedenza – e le caratteristiche delle infrastrutture: molto spesso le ciclabili separate dal traffico motorizzato risultano pericolose in prossimità degli incroci, dunque addirittura controproducenti. Infatti, come spiegano nello studio, quando le bici restano a lungo fuori dal campo visivo – a causa della separazione tra traffico motorizzato e traffico ciclabile – chi è al volante è meno preparato a reagire alla loro presenza improvvisa. Eccesso di velocità e distrazione da smartphone contribuiscono a peggiorare la situazione.

In base ai dati raccolti ed elaborati, la raccomandazione che arriva dagli studi scientifici è un mix fra infrastrutture per ciclisti, separate dal traffico motorizzato, e strade a velocità ridotta, come le Zone 30, dove la strada viene condivisa tra i diversi utenti (in auto, in bici e a piedi). E la sicurezza per chi pedala è direttamente proporzionale al numero di bici, come spiega Prati: “L’effetto è noto come safety in numbers: all’aumentare del numero dei ciclisti, aumenta la sicurezza dei ciclisti stessi. I conducenti di automobili diventano più consapevoli della presenza dei ciclisti e migliorano la loro capacità di anticiparne la presenza nel traffico. Più persone utilizzano la bici, più è visto come legittimo uno spazio urbano propriamente attribuito. Cambia l’aspettativa sociale e le persone decentrano il proprio punto di vista come utenti della strada”.

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