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Un grande successo il Bici Academy a Rimini

Un grande successo il Bici Academy a Rimini
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Si è tenuta dal 14 al 15 di gennaio a Rimini la seconda edizione di Bici Academy, l’evento di formazione promosso da 16 aziende del settore ciclo e rivolto ai rivenditori del settore.

Circa 1000 persone si sono date appuntamento al Palacongressi di Rimini per seguire un percorso rivolto ai piccoli e piccolissimi imprenditori che in tutta Italia garantiscono la distribuzione sul territorio di biciclette, componenti e accessori.

Dopo una interessantissima e partecipata plenaria in cui sono stati presentati indagini di mercato e degli elementi base di psicologia comportamentale, è stata la volta di workshop verticali divisi per argomento che hanno affrontato i temi delle tecniche di vendita, della creazione della vetrina, della gestione economica e finanziaria del negozio, così come della gestione delle garanzie, dello storytelling, etc.

Quando guardi un manichino e ti viene voglia di pedalare… #biciacademy #bikeitalia

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I relatori, consulenti affermati che hanno avuto modo di lavorare con settori tra loro anche molto differenti, hanno affrontato finalmente il mondo ciclo per portare il proprio know how all’attenzione di negozianti a cui è stato finalmente spiegato che è arrivato il momento di mettere fine alla guerra sui prezzi che lascia tutti quanti senza margini e iniziare, invece, a lavorare sulle relazioni e sulla parte di consulenza e assistenza al cliente, ovvero sulla creazione di quel valore che nessun ecommerce potrà mai offrire al consumatore.

La speranza è che questo tipo di corsi possano mettere la parola fine a quella sensazione particolarmente sgradevole che avvolge tutti coloro che quando entrano in un negozio di biciclette e spesso, non solo non si vedono accolti da un sorriso, ma alle volte si sentono addirittura trattati come scocciatori che fanno perdere tempo.

Un’opinione personale

Ho avuto modo di assistere a tutti i corsi del Bici Academy e sono rimasto piacevolmente colpito dall’alto livello di (quasi) tutti i moduli (al netto di quello sulle e-bike che è stato imbarazzante), tuttavia ci sono degli aspetti che mi hanno lasciato molto perplesso: i relatori hanno spesso affrontato la platea come si affrontano gli operatori di un settore qualsiasi, quindi senza riferimenti precisi al settore, ma soprattutto senza considerare le capacità organizzative dei partecipanti e le reali caratteristiche dell’attività che svolgono.

Mi spiego: un negozio di biciclette non è e non può essere considerato alla stregua di un negozio qualsiasi, perché segue logiche differenti. Un negozio che vende casalinghi e un negozio di bici sono diversi perché in un negozio di casalinghi non esiste la parte di manutenzione, né l’officina e tutte le energie sono concentrate unicamente sulla parte di gestione, vendita e nella relazione con il cliente. Chi ha un negozio di casalinghi non deve conoscere tutti gli standard esistenti sul mercato perché le pentole non hanno problemi di compatibilità con le posate che, d’altronde, funzionano perfettamente con qualunque piatto. Perché una tovaglia non ha nessun impatto sul fisico di chi la utilizza e un bicchiere troppo grande o troppo piccolo non provoca tecnopatie a chi lo usa. Perché una padella non diventa obsoleta se l’anno prossimo viene messa in commercio la stessa padella di un colore diverso o una con un manico più grosso.

Chi vende bici, invece deve conoscere la compatibilità di tutti gli standard e deve sapere che esistono centinaia di modelli differenti di forcellini, che non si possono montare leve Campagnolo su un deragliatore Shimano, che la lunghezza delle pedivelle deve andare di pari passo con la lunghezza del femore, che la bici che stanno per acquistare l’anno prossimo potrebbe già essere vecchia e fuori mercato, etc.

Al negoziante di bici si richiede quindi di essere meccanico, venditore, marketer, consulente tecnico, biomeccanico, vetrinista, comunicatore ed event manager, il tutto con fornitori alle spalle che in molti casi puntano solo a riempirti il magazzino e a rendere obsoleta la merce che hai in negozio.

In particolare ho poi rilevato una mancanza nella costruzione del progetto: va bene spiegare al negoziante che bisogna aumentare il tasso di conversione, che bisogna aumentare il valore dello scontrino medio, che la vetrina deve essere invitante, etc. Ma perché non si spiega anche come si fa a portare sempre più persone in negozio? Se è vero che passare da un tasso di conversione del 10% al 20%, significa raddoppiare il fatturato, è anche vero che la stessa cosa può avvenire raddoppiando il numero di persone che vi accedono.

Ma al netto di queste critiche vogliono essere uno stimolo per migliorare il format in vista dell’anno prossimo, Bici Academy è stata un’eccellente iniziativa di cui si sentiva la mancanza in Italia che ha meritato il suo successo, un evento che deve consolidarsi e crescere. Per questo non posso che fare i miei complimenti ad ANCMA e, in particolare, a Piero Nigrelli, direttore del settore ciclo, e alle 16 aziende che hanno deciso di supportare il progetto.

Creare la domanda

L’augurio è che nel 2019, ci possa essere anche un nuovo modulo, magari rivolto alle aziende produttrici che spieghi loro che, oltre a lavorare sul lato dell’offerta e sul miglioramento delle strategie di vendita, bisogna lavorare anche sull’induzione della domanda, ovvero convincere a comprare una bicicletta chi non ci ha mai neppure pensato. Questo lavoro non può essere lasciato nelle mani dei negozianti che hanno già molto da fare e non può avvenire neppure con l’innovazione tecnologica, ma solo con le sinergie con tutti quei soggetti che vogliono creare le condizioni affinché la bicicletta sia sempre più utilizzata.

D’altronde, senza la rete autostradale che abbiamo oggi in Italia, senza il sistematico smantellamento delle reti di trasporto pubblico locale, senza il martellamento su ogni media, senza il mito della fluidificazione del traffico, la FIAT sarebbe mai riuscita a diventare l’azienda che è diventata?

Senza questo lavoro, si finisce a scaricare tutta la responsabilità nuovamente sull’ultimo anello della catena distributiva a cui viene già richiesto molto se non troppo.

Commenti

  1. Avatar Alex ha detto:

    Articolo molto interessante e molto importante; la sintesi finale è perfetta ed è una fotografia della realtà commerciale italiana relativa al mondo della bici. Realtà che è possibile definire in un solo modo: semplicemente tragicomica. Per migliorare le cose è necessario creare una rete di venditori che abbiano normalmente in negozio le bici definibili come “utilitarie” urbane, diciamo le bici attorno ai 350 euro. Dunque già ben realizzate, comode e sicure e ben superiori come qualità alle bici usa e getta, ma non per questo riservate a pochi. Contrariamente a quanto accade nel settore automobilistico, nel mondo ciclo (e relativi negozi) abbondano infatti le “segmento A”, mentre poche sono le segmento “B” o “C” ben realizzate e molte invece le bici costose. Normalmente i commercianti iniziano a parlarti solo se fai capire di essere disposto a spendere almeno (almeno…) 600-700 euro.
    Se si vuole fare la rivoluzione del trasporto urbano in Italia non si può pretendere che la gente si compri una “specialissima” per circolare in città…ma una buona bicicletta. Una bici inoltre che, nonostante non sia da ricchi, sarà comunque possibile riparare in negozio, senza essere considerato uno “scocciatore” come si dice nell’ articolo. Non si vuole fare tutto questo? Si andrà avanti sempre nello stesso modo: la massa comprerà dalla grande distribuzione o si rivolgerà ai sistemi di bikesharing, i negozietti venderanno a una ristretta cerchia di benestanti le bici costose per usarle in tutina la domenica mattina e convegni come quello in questione sono e saranno sempre solo pura, purissima, aria fritta.

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