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Sette associazioni diffidano il Ministero per la campagna sulla sicurezza dei ciclisti


La discussa campagna per la sicurezza stradale dei ciclisti “Sicuri in bicicletta” continua a far parlare di sé: tre giorni dopo la presentazione dell’iniziativa, molto criticata sui social e su Bikeitalia.it per i contenuti fuorvianti che veicolava, sette associazioni per la mobilità nuova hanno inviato una formale diffida alla Federazione Ciclistica Italiana, alla Fondazione Ania, al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e al Ministero dell’Interno affinché “interrompano immediatamente la diffusione dei contenuti della campagna” e “si astengano dal diffondere nelle scuole ulteriori contenuti nell’ambito della suddetta campagna”.

La diffida congiunta, redatta dall’avvocato Sabrina Grisoli e inviata via pec poche ore fa, reca la firma di sette realtà attive nel mondo della bicicletta, della promozione della mobilità nuova e della sicurezza stradale (l’Associazione Salvaiciclisti Roma, la Rete Vivinstrada, l’Associazione Salvaiciclisti Bologna, Fiab Onlus, l’Associazione Culturale Ciclonauti, la Fondazione Luigi Guccione Onlus e la testata giornalistica Bikeitalia.it ) che hanno fatto fronte comune per opporsi a una campagna giudicata “non solo anacronistica, ma del tutto inefficace rispetto agli scopi che l’odierna legislazione nazionale vuole perseguire”.

In un comunicato stampa congiunto i firmatari della diffida considerano lo spot di lancio della campagna “Sicuri in bicicletta” come “una spettacolare sequenza di falsità e luoghi comuni, senza alcun riferimento ai reali pericoli della strada” sottolineando anche che “la campagna abusa di stereotipi denigratori, muovendo in direzione contraria agli indirizzi europei e alla recente legislazione italiana per lo sviluppo della mobilità in bicicletta”. E considerano “incredibile che il Ministero dei Trasporti, dopo aver partecipato al successo della Legge per lo sviluppo della mobilità in bicicletta, abbia dato supporto a questa iniziativa”.

Esattamente una settimana fa, a Reggio Emilia, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio partecipava pedalando alla Festa della Bicicletta per festeggiare l’entrata in vigore della Legge Quadro per la Mobilità Ciclistica: come può, proprio lui, aver avallato i contenuti di una campagna incentrata sull’uso del casco obbligatorio e la stigmatizzazione dei comportamenti dei ciclisti come promozione della sicurezza stradale?

A questo proposito è indicativo notare come il referente del dicastero di Porta Pia per questa campagna sia il Direttore Generale per la Sicurezza Stradale Maurizio Girolamo Vitelli, che nel comunicato stampa di presentazione della campagna dichiara: “Il MIT continua a muoversi nell’ambito dello sport, per promuovere il discorso sicurezza. Sono felice di essere stato coinvolto in questo progetto, che è solo uno dei tanti che ci lega alla Federazione Ciclistica Italiana, a cui siamo molto vicini”. Ma cercando il suo nome sul sito del MIT spunta fuori il suo curriculum vitae – ancora non aggiornato – dove c’è scritto nero su bianco il suo precedente incarico e le sue competenze: dal 25 febbraio 2015 e fino a 9 settembre 2017 è stato Direttore Generale per la Motorizzazione. Il ruolo che ricopre attualmente è a tempo determinato in quanto il “l’incarico di cui all’articolo l decorre dal 9 settembre 2017 fino al 1° aprile 2018 data di collocamento a riposo, fatte salve le disposizioni previste dalla normativa vigente relativamente al collocamento in quiescenza dei dipendenti pubblici”.

Dunque, se ho capito bene, il referente del MIT per la campagna “Sicuri in bicicletta”, classe 1953, si è occupato principalmente di motorizzazione nel corso della sua carriera, dal suo curriculum non si desume alcuna competenza specifica nel campo della mobilità nuova e andrà in pensione il 1° aprile 2018, corretto? Se non ci fossero i documenti ufficiali a confermarlo non ci crederei neanch’io.

Le sette firmatarie della diffida sottolineano anche il fatto che: “A dispetto del nome della campagna, dalla quale ci si sarebbe aspettati qualche azione delle Istituzioni volta all’educazione dell’utenza forte della strada per aumentare la sicurezza “passiva” degli utenti deboli della stessa, lo spot promozionale diffuso pochi giorni fa non costituisce altro che la messa in scena di una sequela di luoghi comuni sui ciclisti, soggetti fuori controllo, che devono essere educati”. Una comunicazione offensiva che “costituisce l’ennesimo tassello di una diffusa pratica di colpevolizzazione del ciclista per tutti gli eventi infortunistici a lui occorsi”.

I promotori dell’iniziativa “Sicuri in bicicletta” che hanno ricevuto oggi formale diffida – Federazione Ciclistica Italiana e Fondazione Ania, in collaborazione con Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Polizia di Stato – hanno tempo fino al 24 febbraio per interrompere la diffusione dei contenuti della campagna altrimenti “in difetto di riscontro delle richieste sopra formulate nel termine di sette giorni a partire dal ricevimento della presente diffida, le scriventi Associazioni e firmatarie della presente, in quanto legittimate ad agire per la tutela degli interessi rappresentati, valuteranno se procedere nelle più opportune sedi giudiziarie, siano esse civili, amministrative o penali”. La battaglia di civiltà per la mobilità nuova continua.

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