Banale: l’azienda che ha trasformato l’inquinamento in opportunità

21 Marzo 2018

Appena aperto il portone a vetri di via Ricotti, mi accoglie Tommaso. Indossa un cappellino di lana, un maglione verde infeltrito e ha in mano un fazzoletto. Accenna un sorriso raffreddato e mi fa entrare in uno stabile con il tetto a sega, di quelli che raccontano la storia delle fabbriche di periferia che hanno fatto grande Milano.

Banale-Milano

Tutt’intorno è un caos ordinato: gli scaffali sono carichi di merce imballata, allineata e pronta per la spedizione; sui tavoli ci sono scampoli di tessuti, cordoncini, fogli e campioni di prodotti che non hanno avuto buona sorte. È quello che ci si aspetta, d’altronde, da una start-up: un luogo di in continua evoluzione che cerca di dare forma e ordine a idee che aspettano solamente di essere concretizzate.

L’azienda si chiama Banale e dal quartiere Bovisa sta invadendo i mercati cinesi ed europei con le Mask, maschere antismog 100% made in Italy e in grado di proteggere le vie respiratorie dalle polveri sottili.

Tecnologia, innovazione, ricerca e sviluppo, ma qui il caffè è fatto rigorosamente con la moka.  Perché anche nelle start-up alcune cose si fanno ancora come una volta.

Banale-Milano-Catalogo

“Non abbiamo trovato fondi di investimento disposti a credere in noi, per questo ci siamo indebitati con le banche e con gli amici: facciamo impresa come si è sempre fatta.In un modo in cui tutti fanno app e beni immateriali, noi abbiamo deciso di avviare un’azienda manifatturiera. Anche per questo abbiamo deciso di chiamarci Banale. Zucchero?” dice Tommaso porgendomi la tazzina.

Tommaso-Puccioni-Banale

Tommaso Puccioni

Eppure, l’idea di fondo, tanto banale non è: “la quasi totalità del design italiano è casa: quando studi design ti insegnano a fare mobili, lampade e accessori per l’uso domestico, ma la verità è che noi trascorriamo la maggior parte della nostra giornata fuori casa. Se ci pensi, uno sta fuori tutto il giorno e rientra a casa solamente per dormire: perché allora dedicare così tanta attenzione agli oggetti domestici se la maggior parte della nostra vita la trascorriamo fuori?“. Dice.

“E là fuori c’è un problema enorme da risolvere di cui non parla nessuno: quello delle polveri sottili che respiriamo ogni giorno.”

L’arredamento è quello che serve e nulla di più: niente scrivanie di design o vezzi, piuttosto roba recuperata qua e là per mirare dritti alla funzionalità.

Stefano-Bossi-Banale

Stefano Bossi

Tommaso e Stefano si sono conosciuti in un master al Polimi e, come in una storia d’amore a prima vista, nel giro di un mese hanno mollato i rispettivi lavori per diventare imprenditori e lanciare sul mercato il loro primo progetto: un kit spazzolino – dentifricio da portare nella borsa e avere sempre pronto all’uso.

“Abbiamo cominciato utilizzando gli spazi del Politecnico, un finanziamento per il primo lotto produttivo, e poi via, con la valigetta girando il mondo per raccontare la nostra invenzione, tra mille difficoltà.”

La maschera antismog è nata quasi subito: ci sono voluti 4 mesi per arrivare al concetto odierno. La vera sfida è stata invece trovare i fornitori: tessuti filtranti tagliati in un certo modo che potessero essere realizzati su scala industriale. Abbiamo girato il mondo, per poi trovare il partner giusto a pochi km da noi che ha realizzato un filtro inarrivabile.”

Banale-Ufficio

Facciamo un breve giro di perlustrazione: attorno alle scrivanie stracolme di prototipi e progetti abbozzati, si consumano confabulazioni che trovano poi posto in lavagne piene di grafici e diagrammi.

La produzione nel 2017 è stata di 60.000 pezzi e le aspettative per il 2018 è di raggiungere i 200.000 pezzi che troveranno il proprio posto in particolare sul mercato cinese dove l’inquinamento atmosferico ha raggiunto livelli insostenibili.

“Credo che però sia anche una questione culturale” dice Tommaso, “il principio della medicina orientale non è la cura, ma la prevenzione. Anche per questo motivo in oriente vanno fortissimo i depuratori d’aria domestici: hanno tassi di penetrazione del 70% e adesso stanno arrivando anche da noi: qualche settimana fa ne ho visto uno in vendita alla Lidl per 19.90 €.”

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“C’è ancora troppa mancanza di consapevolezza, però. Il segmento sul quale abbiamo maggiori difficoltà è quello che ne avrebbe più bisogno: i motociclisti. Quando vai in moto sei esposto agli scarichi degli altri, ma anche ai tuoi, soprattutto se guidi uno scooter che ha lo scarico rivolto verso il guidatore. I ciclisti sono invece i nostri principali clienti qui in occidente perché i ciclisti sono più consapevoli di quanto avviene attorno a loro.

“Quando ho ripreso la valigetta per cercare dei punti vendita, la prima cosa che ho fatto è stato entrare in un negozio di bici in Corso Sempione e appena ho detto che avevo delle maschere anti-smog, tutti si sono girati a guardarmi dicendo “Veramente? Ce le chiedono spessissimo e non sapevamo dove trovarle”, sorride soddisfatto.

Banale-Mask-Maschera-Antismog

Gli chiedo quanto creda nel suo prodotto, ma la risposta che arriva non è esattamente quella che mi aspettavo: “Credo che la maschera sia uno strumento per la protezione delle vie respiratorie che non avrà una vita commerciale molto lunga.” dice, “stiamo già pensando a un sistema di protezione delle vie respiratorie che si applichi nel cavo orale/nasale”.

È un’affermazione che mi lascia abbastanza scosso e che mi porta a pensare a quanto siamo vicini a un mondo fatto di bioingegneria, cyborg e uomini bionici con superpoteri.

E questo non nella Sylicon Valley, non tra i dragoni cinesi che lanciano la sfida tecnologica agli Stati Uniti, ma in una vecchia fabbrica della periferia di Milano, in una piccola azienda condotta da due coraggiosi quarantenni che sfidano la burocrazia e l’immobilismo istituzionale per trasformare l’inquinamento in opportunità.

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