L’ADHD (Attention deficit and hyperactivity disorder) è un disturbo del comportamento molto comune nei bambini. Si presenta con problemi nel mantenere la concentrazione, facilità alla distrazione, difficoltà di ascolto, il soggetto stenta a terminare i compiti e si annoia facilmente. Sempre più spesso i bambini affetti da questa sindrome (circa il 35%), vengono seguiti e trattati con medicinali ma la ricerca ha scoperto che è possibile ottenere gli stessi effetti utilizzando tecniche molto meno invasive.
Partiamo da una storia. Immaginate una mamma che, a Giugno, va a ritirare la pagella del proprio bimbo di 6 anni. Le maestre la fanno sedere e iniziano a raccontare che il suo piccolo “non sta mai fermo”, “finisce i compiti e poi si alza e disturba i compagni”, “non sta attento”, “mangia le matite, fa cadere le cose, è disordinato”. La mamma, desolata, cerca di scusarsi, di giustificare la cosa dicendo che il suo bambino non è maleducato, è solo vivace, è un bimbo, crescendo imparerà. Poi le maestre le consegnano la pagella, la mamma la apre. Sfoglia i voti e ha un tuffo al cuore: “Matematica – Ottimo”, “Italiano – Distinto”, “Geometria – Ottimo” – “Geografia – Ottimo”. Com’è possibile che un bambino iperattivo, abbia voti così alti?
Il bambino e l’adulto (si stima che ogni 20mila adulti, il 6,2% ne sia affetto) con disturbo ADHD in sostanza presentano un’ipereccitazione della corteccia frontale del cervello, quella legata al movimento. Questa invia segnali considerati abnormi (cioè molto più elevati del normale) ai livelli sottocorticali (cervelletto, gangli della base), che sono deputati al controllo dei movimenti riflessi e automatizzati. Ciò rende irrequieti, incapaci di stare fermi. La mente, se dovessimo utilizzare una bella metafora buddista, è una “monkey mind”, una mente “scimmia”, che salta da un ramo all’altro senza fermarsi mai. Il problema sta nel fatto che, nell’adulto, l’ADHD porta anche all’aumento dei giorni lavorativi persi e degli errori commessi. Nonostante questo, moltissimi bambini e adulto che soffrono di ADHD hanno voti e prestazioni eccellenti, per cui il problema viene etichettato come “vivacità”, “esuberanza”. Uno studio ha addirittura mostrato che, nei bambini del Kenya, quelli con sindrome ADHD risultavano essere migliori cacciatori e portavano a casa più cibo, perché restavano più svegli e attivi degli altri.
Solitamente la profilassi normale per l’ADHD è l’assunzione di stimolanti chimici che permettano la secrezione di ormoni come dopamina e norepinefrina, molecole che hanno una funzione calmante a livello del sistema nervoso centrale (fonte: ADHD- and medication-related brain activation effects in concordantly affected parent–child dyads with ADHD).
Uno studio del 2015 (Acute Exercise Improves Mood and Motivation in Young Men with ADHD Symptoms) ha preso 32 adulti con diagnosi di ADHD e ha misurato, attraverso dei test specifici, i livelli di attenzione, motivazione, movimento delle gambe a riposo e umore. Li ha poi sottoposti a 20 minuti di pedalata al 65% della VO2max su bici da spinning e ha rimisurato i valori successivi all’allenamento. I risultati sono stati i seguenti:
- Miglioramento del tono dell’umore;
- Riduzione della sensazione di confusione mentale;
- Aumento della sensazione di vigore;
- Miglioramento delle capacità attentive;
Non vi era invece una riduzione del tono delle gambe a riposo. Lo studio quindi afferma che negli adulti (e bambini) che soffrono di ADHD un’attività fisica come la bici, praticata 20 minuti al giorno a intensità moderata, migliora la capacità attentiva, cognitiva e riduce l’iperattività. I ricercatori sostengono che i risultati siano dovuti dal naturale rilascio delle dopamine da parte del cervello durante l’attività aerobica.
Tornando alla storia, quel bambino ora è un uomo, ha 33 anni, soffre ancora di ADHD ma non usa alcuna cura farmacologica. Ha la sua bici, la usa quotidianamente per muoversi, andare al lavoro e allenarsi e grazie ad essa riesce a tenere sotto controllo i sintomi del suo disturbo.
Quel bambino ero io e la mia povera mamma si è sempre dovuta sorbire le lamentele delle maestre e dei professori per la mia iperattività. Dando seguito allo studio, la soluzione sarebbe potuta essere farmi pedalare 20 minuti al giorno, tutti i giorni.
All’epoca non lo facevo, ora sì.
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