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Il governo del cambiamento alla prova dell’auto

Il governo del cambiamento alla prova dell’auto

Con 62 auto ogni 100 abitanti, l’Italia è il paese europeo con il più alto tasso di motorizzazione.

Questo numero non si traduce solo in un inquinamento estremamente elevato, ma anche in un traffico tentacolare che usurpa spazio alle persone nelle città, che vieta ai bambini il diritto di giocare in strada, che nega agli adulti il diritto a disporre del proprio tempo e ai mezzi pubblici di arrivare in orario.

È in questo contesto che il governo del cambiamento ha lanciato una proposta che riporta le lancette indietro fino al 1997 quando, con la legge 30, lo Stato Italiano introdusse per la prima volta il concetto di rottamazione delle automobili usate.

Ministro per le attività produttive era Pier Luigi Bersani.

Oggi, a distanza di 21 anni, il governo del cambiamento ha deciso di prendere di petto la questione trasporti (che d’altronde è una delle 5 stelle) e di introdurre nella prossima legge di stabilità degli incentivi alla rottamazione delle vecchie auto Euro 0, 1, 2 e 3 a favore di motorizzazioni meno inquinanti o elettriche.

L’enorme congestione e il disagio sulle strade italiane di questi anni sono figlie di queste decisioni: mentre il resto d’Europa puntava sul trasporto pubblico, sulla bicicletta e sulla pedonalità, la nostra classe dirigente aveva deciso di far pagare alle generazioni future il sostentamento delle aziende automobilistiche nostrane che, incassato l’obolo, ci avrebbero presto salutato trasferendo all’estero quartier generale e attività produttive.

Nel corso della scorsa legislatura i parlamentari 5 stelle hanno spesso partecipato a convegni e conferenze dedicati alla mobilità in bicicletta, hanno realizzato viaggi studio all’estero per imparare dagli Olandesi come organizzare un sistema di trasporti, hanno sottoscritto la “dieta del traffico” proposta da FIAB e oggi, alla prova dei fatti, il massimo che riescono a produrre sul tema è una pallida imitazione di Bersani con un esborso di denari pubblici per convincere gli Italiani a comprare automobili elettriche (che non vengono neanche prodotte in Italia).

Lo fanno per l’ambiente, dicono, ma qui sembra di essere di fronte alla definizione del concetto di follia che dava Albert Einstein: “fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi”.

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Commenti

  1. Alex ha detto:

    “Da quando esiste FCA non sono stati chiusi stabilimenti”? Grazie, li avevano già chiusi prima! Quando si chiamavano solo “F”: che ci frega a noi di quelli che sono i loro cambiamenti di ragione sociale ecc. per migliorare i loro affari…sempre quelli sono… ll ragionamento poi non è solo su quali stabilimenti hanno chiuso, ma su quelli che POTEVANO APRIRE IN ITALIA E INVECE SONO STATI APERTI ALL’ ESTERO, Sì lo so, scrivere in maiuscolo equivale ad urlare, ma quando ci vuole…La conclusione del giornalista è pertanto comunque valida, ovvero: gli ecoincentivi sono volti a un pubblico di massa per agevolare la conversione ad auto meno inquinanti, dunque sopratutto utilitarie e “segmento C” , cioè quelle vetture che FCA produce in Polonia e in Turchia, l’ obiettivo del governo non è certo (si spera!) di far correre la gente a comprarsi un suv fuoriserie o un’ auto “lusso”, le uniche prodotte ancora nel nostro paese, renegade a parte, che, tra l’ altro, tanto bella come auto non è (parere personale).

  2. jeby ha detto:

    “far pagare alle generazioni future il sostentamento delle aziende automobilistiche nostrane che, incassato l’obolo, ci avrebbero presto salutato trasferendo all’estero quartier generale e attività produttive”

    SUPER LOL!!! Intanto l’incentivo è per l’acquisto di qualunque auto, non di auto “nostrane”. Nel 1997, come oggi, mi risulta che ci sia il mercato libero, l’autarchia l’abbiamo superata da un pezzo.

    Poi le case “nostrane” non hanno spostato un bel nulla. FIAT (non FCA, cioè la Holding, ma FIAT, una delle controllate) ha ancora l’head quarter al Lingotto e produce in Italia (e in Polonia e Brasile, dove produce già dagli anni 70, e in Turchia, già dai tempi della Palio), le Alfa Romeo sono prodotte in Italia, Maserati e Ferrari prodotte in Italia, addirittura ci sono delle Jeep prodotte in Italia ed esportate in USA.

    Per favore non inserite disinformazione negli articoli solo per il gusto di fare commenti caustici, li rendono meno credibili.

    1. Alessandro ha detto:

      FIAT non esiste piu’ come azienda ma esiste solo il marchio (FIAT). Ora si chiama FCA Italy che come dici tu ha la sede principale a torino (se devi scriverlo in inglese, scrivilo bene: headquarter tutto attaccato). FCA Italy fa parte del gruppo FCA (Fiat Chrysler Automobiles) con sede operativa in Olanda e sede fiscale a Londra.
      Dire che la fiat non si sia spostata dall’italia e’ forse vero se si prende in considerazione la minuscola FCA Italy (paragonata alla holding FCA), ma se vogliamo essere seri non possiamo non ammettere che il gruppo FIAT i suoi soldi non li stia assolutamente investendo in italia. Da su…
      Per quanto riguarda le sedi operative e’ vero che continua a produrre in italia (tra l’altro come modelli FIAT credo facciano solo la Panda), pero’ e’ anche vero che molte sedi siano state chiuse per fare spazio a fabbriche in altri paesi.
      Insomma, in generale si puo’ ben dire che gli interessi della FCA (ex fiat) in italia siano stati radicalmente ridimensionati.

      1. jeby ha detto:

        La sede in Olanda è la sede LEGALE di FCA, non è la sede OPERATIVA di FCA Italy, i cui uffici di progettazione e i cui dirigenti siedono ancora in Italia.
        Inoltre non è la sede legale di FCA Italy, il gruppo che raccoglie i brand italiani, infatti dal sito di fiat è possibile leggere, in basso:
        FCA Italy S.p.A. Corso G. Agnelli 200, 10135 Torino, ITALIA. Registro Imprese Torino / Codice Fiscale n. 07973780013. Capitale Sociale Euro 800.000.000 i.v. Società a unico socio.

        In ogni caso la sede LEGALE, ovunque essa sia, non è la sede OPERATIVA. Così come non lo è la sede FISCALE. Sono 3 cose diverse.

        La “minuscola” FCA Itally comprende, in ordine alfabetico:
        FIAT (Torino) – 100%
        Alfa Romeo (Torino) – 100%
        Lancia (Torino) – 100%
        Fiat Professional (Torino) – 100%
        Abarth (Torino) – 100%
        Maserati (Modena) – 100%
        Comau (Grugliasco) – 100%

        Comau non fa auto ma è un gigante dell’automazione.

        Ovvero le case di produzione “nostrane”, a cui aggiungere Ferrari che è scorporata da FCA.

        Se vogliamo essere seri, dobbiamo citare i dati. FCA sta spingendo su 3 brand: Jeep, Alfa Romeo e Maserati. Le Jeep non si sono mai fatte in Italia, tranne da quando esiste FCA. Da quando esiste FCA infatti si fa la Renegade a Melfi, ITALIA, e la si esporta in USA., insieme alla Fiat 500X.
        Le Alfa Romeo si producono in toto in Italia, a Cassino, ITALIA. Lo stabilimento di Cassino è stato oggetto di grandi investimenti per produrre le nuove linee alfa. E’ stato lanciato un programma di investimenti anche per Pomigliano, si sposteranno le Panda in Polonia e si produrrano le nuove Alfa a Pomigliano.
        A Grugliasco, ITALIA, si producono quasi tutte le Maserati, a parte la Levante che si produce a Mirafiori, sempre ITALIA.
        A Maranello, ITALIA, si producono le Ferrari.

        Sempre in Italia si producono Ducato e Jumper in collaborazione con PSA. Sempre in Italia, a Verrone, si producono le trasmissioni per mezzo gruppo, mentre a Cento si fanno i motori diesel di VM (gruppo FCA), mentre a Termoli si fanno FIRE e MultiAir.

        Da quando esiste FCA ben 0 (zero) stabilimenti italiani sono stati chiusi e ben 2 (due) sono stati portati da cassa integrazione a saturazione (Melfi e Cassino).
        L’ultimo stabilimento FIAT in Italia che è stato chiuso (anzi, ceduto) è quello di Termini Imerese, chiuso nel 2011 ovvero 3 anni prima che si iniziasse a parlare di FCA.

        Una Casa nostrana sotto “dominio” straniero attualmente è Lamborghini, la cui sede produttiva e il cui head quarter rimane a Sant’Agata, Italia.

        Ricapitolando:
        Le sedi operative sono state spostate all’estero? No.
        La produzione è stata spostata all’estero? No.

        1. Paolo Pinzuti Paolo Pinzuti ha detto:

          Sì, va bene, a Mirafiori si producono le Maserati. Speriamo che tutti scambino la vecchia Fiesta diesel con delle Levante anche per dare una svolta all’economia.

          1. jeby ha detto:

            Scusa ma cosa c’entra? Si è deciso di produrre lì vetture a più alto valore aggiunto e altrove auto a basso margine di utile, come fanno tutte le case automobilistiche di tutto il mondo.

            Detto ciò: frequento Bikeitalia in cerca di notizie sul mondo della bici e della mobilità intelligente, non per leggere rant non circostanziati, contenenti falsità e pieni di pregiudizi. Che informazione è?

    2. Marco Sparaco ha detto:

      Certo che se fosse così che si riduce tutto alla vecchia e cara rottamazione sarebbe una gran bella delusione ;-(((
      Staremo a vedere spero che non sia così ma ci sia qualcosa di più e che non sia l’unico provvedimento in tema di mobilità di questo governo!!
      Cmq a prescindere da dove vengono prodotte le automobili si deve pensare che è un comparto che cmq non porta lavoro perchè è forse quello più automatizzato di tutta l’economia moderna.
      Un pò come sta diventando la logistica sempre più in mano all’automazione.
      Bisognerebbe puntare su settori diversi, nuovi per certi versi ma che si rifanno a pratiche antiche, per creare occupazione e aumentare benessere e qualità della vita …. la bicicletta è uno di quelli ;-)))

      1. jeby ha detto:

        Non porta lavoro? La filiera dell’automotive è forse la filiera più lunga ed articolata, tra fornitura di materiali, macchinari, sub componenti e servizi vari. Non si risolve con l’automazione in fabbrica.
        Un dato parziale del 2015
        https://www.adnkronos.com/soldi/economia/2015/09/23/auto-settore-mila-imprese-italia-mld-fatturato_WooBmrBqxgxO7mOvIRXUBI.html
        144 mila imprese, 485 mila lavoratori nel settore automotive in Italia….

    3. Paolo Pinzuti Paolo Pinzuti ha detto:

      Ok, grazie della dovuta precisazione.
      Non cambia il focus della questione: è giusto incentivare la sostituzione di automobili in un paese che ha già il più alto tasso di motorizzazione in Europa? Dov’è l’interesse nazionale visto che in italia non vengono prodotte automobili che siano compatibili con gli obiettivi di riduzione degli inquinanti (auto elettriche)?

      1. jeby ha detto:

        Sulla prima parte sono d’accordissimo, bisognerebbe incentivare a lasciare l’auto a casa. Che per me vuol dire agire sulle spese di utilizzo (carburante) e non su quelle di possesso (acquisto, bollo, assicurazione). Però è una misura a dir poco impopolare e nessuno in Italia è pronto ad ammettere che l’automobile, almeno nelle aree urbanizzate, deve sparire.

        Sulla seconda parte: non si costruiscono ancora in Italia*. E comunque in Italia non si potrà far altro che costruire modelli premium o quasi, non certo le utilitarie a larga diffusione che nessuno dei costruttori mondiali realizza in Paesi ad alto costo della manodopera (e della materia prima). Ma questo è, secondo me, un problema secondario rispetto a quello esposto prima.

        *Che poi non è nemmeno del tutto vero perché Magneti Marelli (ex FCA) a Modugno fa i motori per le ibride di FCA e Porsche, nonché i motori elettrici per la Taycan. Ovvio, non sono modelli popolari.

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