News

Com’è triste Venezia trasformata in un autodromo

Uno spot di 45 secondi trasforma Venezia, città meravigliosa e fragile dove di fatto si può circolare soltanto a piedi e in barca, in un circuito motoristico con un’auto di grossa cilindrata che sfreccia quasi sull’acqua, su una passerella lungo i canali e sotto il Ponte di Rialto, il più romantico e famoso del mondo. Questa sintetica descrizione, già da sola, dimostra che le case automobilistiche stanno davvero raschiando il fondo del barile della creatività, oltreché dei combustibili fossili: ma la BMW, con questo spot, veicola una serie di messaggi che ai miei occhi sono devastanti sotto tanti punti di vista e commette anche un autogoal comunicativo senza pari. Vediamo insieme più nel dettaglio perché.

La pubblicità, postata sul canale Facebook della casa automobilistica tedesca e in onda in Italia e in tutto il mondo da domenica 25 novembre, racconta la storia di un bambino – diventato adulto – che ricorda la sua infanzia veneziana quando giocava con le macchinine, sognava di guidare un’auto vera e provava l’ebbrezza della velocità correndo libero e felice (a piedi) nelle calli di Venezia. Questo spezzone-amarcord rivela che il bambino di ieri oggi è un uomo che è tornato nella sua città a bordo dell’auto dei suoi sogni e può finalmente scorrazzare indisturbato in totale assenza di traffico e pigiando il piede sull’acceleratore: su una strada-passerella galleggiante che è tutta per lui. Passando a gran velocità sotto il Ponte di Rialto immortalato dai turisti e invidiato da tutti. Chiusura sul logo del marchio, fine del jingle. 45 secondi in tutto.

Eppure, in meno di un minuto, questo spot ci comunica tante cose che mettono a nudo le difficoltà che sta incontrando il mondo dell’automotive negli ultimi tempi: i giovani, rispetto al passato, sono sempre meno interessati ad avere un’auto di proprietà e preferiscono spendere i loro soldi altrove, ci sono numerose conferme di questo e ne abbiamo scritto diffusamente anche qui su Bikeitalia. Quante persone nate nel nuovo millennio sono interessate ad acquistare un’auto potente e costosa da esibire come status symbol da qui a 10 anni? Meno di quelle della generazione precedente e il numero è destinato inesorabilmente a ridursi ancora, col passare del tempo.

La scelta della location è emblematica: Venezia – “the city of no cars”, come sottolineano sul loro canale social i committenti del filmato, evidentemente orgogliosi di averci fatto scorrazzare un bolide – rappresenta un microcosmo delicato preso d’assalto dal turismo di massa con il continuo passaggio delle Grandi Navi che sta erodendo la sabbia della laguna e il tessuto sociale del centro storico, svisando la genuinità di un luogo magico che ormai è tale soltanto nelle cartoline o nelle foto con i filtri di Instagram.

Si sentiva davvero la mancanza di un’auto che sfrecciava tra le calli veneziane, veicolando un messaggio devastante come “qui non ci sono automobili ma io ho comprato questa che mi consente di fare quello che voglio”. Poi uno si stupisce se in molti gruppi su Facebook – ma purtroppo anche nella vita reale – ci sono persone che per il solo fatto di possedere un’auto pensano di aver comprato automaticamente anche la strada e il diritto di disporne come meglio credono (parcheggiando senza pagare e dove capita, spesso anche sulle ciclabili, considerando chi pedala come un fastidioso ostacolo sul loro percorso).

Peraltro proprio il noto marchio tedesco, qualche mese fa, aveva veicolato una pubblicità che invitava a parcheggiare in divieto di sosta con il messaggio “Le regole? Non fanno per voi”, salvo poi doversi scusare pubblicamente e fare retromarcia promettendo di non farlo più: un risultato ottenuto grazie alla tenacia di alcuni attivisti contro le stragi sulle strade, tra cui Antonio Mortai ed io, come dimostra il post di scuse che BMW Italia ha pubblicato dopo aver cancellato la pubblicità.

Ora però, con questo spot girato a Venezia, la casa automobilistica tedesca ci ricasca: trasformare una fragile città d’arte senza strade e senz’auto in un circuito motoristico, seppur per spot, veicola il messaggio sbagliato che alla guida di un’auto si possa andare dappertutto. In questi decenni di pubblicità paradossali di auto che sfrecciano nei deserti e sulle spiagge, sui ghiacciai e sulle montagne, in autostrade urbane dove la cifra distintiva è l’assenza di traffico ci siamo assuefatti a un messaggio artefatto dove il mezzo a motore è sinonimo di libertà, grandi spazi puliti, discese ardite e risalite, gioco, bellezza, condivisione.

La realtà è esattamente agli antipodi: le nostre strade sono perennemente intasate a tutte le ore, tutte le auto sono uguali e stanno ferme in coda. “È il traffico bellezza e tu non puoi farci niente”, verrebbe da dire parafrasando una celebre battuta cinematografica. La cronaca di mette lo zampino e la dimostrazione plastica di quello che accade ogni giorno per strada viene proprio dalla città dell’auto per antonomasia, Torino, dove l’autostrada urbana di Corso Oddone nei pressi di piazza Baldissera si è trasformata nelle scorse settimane in un ingorgo ininterrotto di auto, tanto che l’amministrazione ha affisso cartelli per invitare gli automobilisti a “utilizzare percorsi alternativi” a causa di “traffico difficoltoso” (ringrazio Diego Vezza per la foto e per averci raccontato il cortocircuito stradale torinese qui su Bikeitalia).

Alla luce di tutto questo, sono curioso di conoscere le motivazioni che hanno spinto il Comune di Venezia a concedere il permesso per girare questo spot che contribuisce a minare il già fragile equilibrio di un posto unico al mondo, Patrimonio Mondiale dell’Unesco: città in cui, per ironia della sorte, questa stessa amministrazione ha introdotto il divieto di pedalare e portare a mano le bici nel centro storico e dove il papà di un bambino di 4 anni che va in monopattino in Piazza San Marco viene multato dai solerti vigili. Molto meglio sfrecciare a bordo di un’auto sotto il Ponte di Rialto, non c’è che dire: tra le cartoline di Venezia da dimenticare, insieme alle immagini del Canal Grande invaso militarmente dalle Grandi Navi, ora c’è anche quella di un bolide lanciato a tutta velocità su una passerella tra le gondole, guardandola si sente il rombo del motore che risuona tra le calli e increspa le onde della laguna. Sinestesia di una pubblicità regresso.

Commenti

  1. Avatar Fabio ha detto:

    Nello spot si vede benissimo. Prima o poi l’auto andrà a fondo… come nell’amarcord la macchinina finisce nel canale, anche l’auto reale subirà la stessa sorte. Anche su instagram è apparsa questa pubblicità e purtroppo tanti hanno sbavato per l’intruso bolide a Venezia.

  2. Avatar Ozzy ha detto:

    No worries, il Peak Oil porra’ un freno alla follia

  3. Avatar Pietro ha detto:

    Che dire ? Sta al consumatore vagliare criticamente i messaggi veicolati (è proprio il caso di dirlo)dalle case produttrici . Gli status symbol colmano un vuoto che, nella maggior parte dei casi, è
    umano e culturale

    1. Avatar Ciclista Sdraiato ha detto:

      Sono d’accordo. Il problema è che il consumatore di solito non vaglia: consuma acriticamente, come fosse un pollo in batteria. Forse lo fa per sentirsi accettato socialmente dal gruppo (per poi magari prendersi a mazzate all’ufficio postale con qualcun altro dello stesso gruppo per via della fila non rispettata), oppure crede di distinguersi dalla massa non accorgendosi che in realtà mangia, beve, veste, guida le stesse cose di tutti gli altri. O magari vuole illudersi di migliorare la propria vita “in serie” con un diversivo più o meno costoso di tanto in tanto
      Sarò strano io, ma quando qualcuno mi suggerisce che sono un consumatore rispondo che sono un essere umano e che sono al mondo per vivere e non per consumare qualunque cosa mi venga proposta (in un modo che, nel caso specifico, per usare un eufemismo è oltremodo discutibile). E non mi sento in colpa perché non ho comprato una cosa che “ma dai, ormai ce l’hanno tutti/fa figo/etc”: non ne sento il bisogno e non l’acquisto. Speriamo che non mi schedino come un pericoloso sovversivo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *