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Uzbekistan in bici – Cyclolenti [Video]

“L’Uzbekistan è un Paese povero”, ci diceva la gente del posto parlicchiando dell’inglese. Sarà forse la povertà un’idea che risiede solo nella mente dell’uomo?

Più avanziamo in questa avventura e più l’ordine presunto delle cose si stravolge. I punti di riferimento mentali svaniscono e distinguere il dritto dal rovescio non è più così scontato. E così che, “Paese ricco o povero”, diventa solo un altro di quei concetti da raddrizzare.

Car sharing, bioedilizia, biologico, autoproduzione e mobilità sostenibile, suonano come grandi temi di sviluppo all’insegna di una green economy, qui in Uzbekistan, invece, sono già la quotidianità e in effetti lo era anche per noi, se penso ai racconti di mia nonna.

La gente si sposta a piedi, in bici e con l’ausilio degli animali. L’asino è in assoluto la tendenza che più caratterizza questo Paese. Li vedi sfrecciare trainando carretti ed enormi sacchi. Incitati dai loro cavalieri, li lanciano in una corsa di sfida non appena ci vedono sopraggiungere in bici. A cavalcioni sul loro dorso, i bambini li destreggiano con maestria per andare a scuola o semplicemente per farsi un giro nel pomeriggio a mo’ di motorino.

Le auto sono poche e quelle che ci sono vengono condivise. Qui non c’è bisogno di piattaforme come il blablacar, il car sharing è naturale. La gente aspetta a bordo strada e le auto danno passaggi in cambio di un piccolo rimborso delle spese.

Idem per l’ospitalità, spesso in viaggio ci avvaliamo di siti di accoglienza gratuita come il couchsurfing e il warmshower, ma anche di questo, in Uzbekistan, non ce n’è bisogno. La gente ci ferma e sono loro a chiederci se possono avere l’onore di ospitarci.

Aprono le loro porte a degli sconosciuti condividendo con enormi sorrisi quel poco che hanno: un melone, del riso, un tetto per la notte. Molti di loro sognano l’Europa, la nostra ricchezza, per sentito dire, credono che da noi ci sia tanto benessere. Per sfortuna o per fortuna, per molti di loro rimarrà un sogno, dalle nostre parti non riceverebbero di certo lo stesso trattamento che ci stanno riservando.

E’ vero, qui i soldi scarseggiano e l’economia è un disastro, ma in fondo che importa quando tutti hanno un tetto sulla testa e uno stomaco pieno di buon cibo. La maggior parte delle abitazioni sono in terra cruda e autocostruite, altro che mutui trentennali. Città intere e di cemento nemmeno l’ombra, un sogno per gli amanti della bioedilizia. Solidi muri li riparano dal freddo e dall’estremo caldo, il riscaldamento può essere anche un optional, quando c’è, funziona a legna e le bollette non sanno nemmeno cosa siano.

Dietro le case, orti e frutteti crescono rigogliosi bagnati dall’acqua dell’Amudarja, un’ enorme fiume in cui fluiscono i ghiacciai del vicino Tagikistan.

Dei baldacchini di legno posti all’esterno degli alloggi fungono da letto, su alcuni di essi si inerpicano delle vigne e grappoli d’uva pendono abbondanti per chi ha voglia di finire il pasto in dolcezza. E’ buio, la corrente scarseggia così come le distrazioni. I baldacchini si riempiono di coperte, genitori e bambini si sdraiano assieme e assaporano il freschino dell’escursione termica serale.

Un manto di stelle luccicanti riflette nei loro occhi puntati verso l’alto, è l’ultima immagine che cattura il loro sguardo prima di addormentarsi…per questa notte noi sogneremo il loro mondo e forse loro il nostro.

Paese povero? Ma chi lo ha detto?

http://cyclolenti.weebly.com/

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