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Bikeitalia Talks – Puntata 2: Sergio Borroni e l’arte del viaggio in bicicletta

Bikeitalia Talks – Puntata 2: Sergio Borroni e l’arte del viaggio in bicicletta

Viaggiare in bicicletta è una delle esperienze più belle che si possano vivere perché offre la giusta velocità per scoprire il mondo che ci circonda. Abbiamo incontrato uno dei più grandi e simpatici cicloviaggiatori italiani, Sergio Borroni, medico ormai in pensione che sta dedicato la sua vita a girare il mondo in bicicletta e a raccontarlo attraverso i simpaticissimi video che spesso pubblichiamo anche qui su Bikeitalia.it

Buon ascolto.

PP: Su Bikeitalia.it abbiamo parlato e abbiamo mostrato i tuoi video, le tue disavventure in giro per il mondo e volevo togliermi qualche curiosità personale e probabilmente anche dei nostri lettori e di chi ci segue. La prima è: quanti paesi hai visitato?

SB: 80, però qui bisognerebbe fare una piccola specifica, perché attraversare coast to coast l’Australia e attraversare la Svizzera sono sì due paesi, ma non proprio la stessa cosa. Ottanta è un numero, per molti aspetti è poco significativo, va ponderato nel contesto geografico in cui uno lo fa.

PP: Come hai iniziato a viaggiare in bicicletta?

SB: E’ una storia che forse qualcuno ha già sentito: avevo un babbo molto particolare. A 13 anni, ero in vacanza al mare in Jugoslavia con i miei genitori e mi stavo annoiando molto e gli ho detto che volevo tornare a Milano dai miei amici. Lui mi ha dato una bici e mi ha suggerito di viaggiare leggero, ma si è dimenticato di dire di fermarmi. Anche adesso che lui non c’è più, continuo ad andare finché riesco.

PP: Quanti giorni ci hai messo ad arrivare a Milano dalla Jugoslavia?

SB: Non ricordo bene, ma ci avrò messo circa una settimana. Sono ricordi particolari, all’epoca mi sembrava di aver scalato l’Everest, mentre oggi è un viaggio che non andrebbe citato nel ‘palmares’ di nessuno. Mi ha però dato emozioni che tanti altri viaggi in seguito non mi hanno dato.

PP: A Bikeitalia ci arrivano mail di persone che vogliono fare più o meno il viaggio che avevi fatto dalla Jugoslavia a Milano e che ci chiedono sponsorizzazioni. Ovviamente hai solamente dovuto impostare la tua destinazione su Google Maps?

SB: Non saprei come risponderti [ride]. Avevo una Legnano Sport, con una moltiplica davanti di cui non ricordo il numero di rapporti e dietro erano tre rapporti ed era tutto quello che avevo. Credo che non avessi nemmeno la carta geografica, d’altra parte bastava seguire la strada Padova-Vicenza-Verona- Milano, la Statale 11.

PP: E il traffico automobilistico?

SB: Era 51 anni fa, il traffico era sensibilmente diverso da quello di adesso. Se avessi un figlio oggi che volesse fare lo stesso viaggio, sarei molto più preoccupata.

PP: L’ultimo viaggio, invece, quale è stato?

SB: L’ultimo in termini assoluti è stato quello che abbiamo fatto in Croazia, un viaggio particolare, tecnicamente breve ma con un po’ di dislivello, accompagnando due personaggi straordinari, un ragazzo sofferente di Alzheimer e uno sofferente di Parkinson. Dal punto di vista emozionale, è stato un viaggio straordinario.

PP: Perché?

SB: Vedere delle persone che, sulla carta, hanno meno chance di noi, vederle comportarsi con una
Determinazione, una voglia e soprattutto una gioia nel portare a termine un percorso per molti considerato normale era per loro l’avventura del secolo. Io e il mio storico compagno di viaggio Ralph siamo stati i cantastorie di questa avventura.

PP: Quanti chilometri sono stati in totale?

SB: Non lo so perché non avevo il GPS, penso però 400 km che, come già detto prima, vanno visti in un’ottica più ampia, dipende a chi li fai fare.

PP: Questo ci porta a riflettere su tutte quelle persone che vedono come complicato andare al lavoro in bicicletta, dovendo fare 5 km e che sono perfettamente in salute

SB: Non saprei dirti, io non ho nemmeno la macchina. Sono sempre andato al lavoro in bicicletta e il mio studio di Medicina era a 16 km da Milano.

PP: Essere medico ti fa avere meno preoccupazioni quando vai in bicicletta immagino.

SB: Ti aiuta perché hai una maggiore percezione delle cose che ti possono capitare. In realtà, gli unici incidenti che ho avuto sono stati in canoa. Ma ovviamente non è obbligatorio essere medico, spesso basterebbe essere collegati e avere del buonsenso.

PP: Quale è stato il viaggio più bello?

SB: E’ molto complicato rispondere. Dal punto di vista emozionale, in canoa e non in bicicletta, è stata la discesa del fiume Yukon, più una leggenda che un fiume. In bicicletta, probabilmente, un viaggio Bolivia-Cile passando il Salar De Uyuni, da un punto di vista paesaggistico difficilmente avvicinabile.

PP: Come ti prepari ad un viaggio in bicicletta?

SB: Mi alleno dalla 4 alle 6 volte alla settimana in base alla voglia che ho; una volta avevo anche un preparatore che mi seguiva, mentre adesso preferisco allenarmi da solo. Se sei in una buona condizione fisica normalmente non incontri problemi. Certo, se parti da zero e vuoi attraversare gli Stati Uniti da costa a costa, potresti andare incontro a qualche problema. Tra l’altro l’ho fatta, mai più nella vita.

PP: Perché mai più?

SB: Perché è noiosa, lo stesso paesaggio per centinaia di chilometri. In macchina viaggi ad una velocità diversa. L’America è bellissima, però il coast to coast no.

PP: Quale paesi sconsiglieresti da visitare in bicicletta?
SB: Purtroppo con l’evoluzione del mondo, non sempre positiva, l’elenco dei paesi che non si possono visitare aumenta sempre: Siria, Afghanistan, Iraq, paesi che dal punto di vista paesaggistico, storico e culturale sarebbero meravigliosi.

PP: Dal viaggio a 13 anni, avvenuto 51 anni fa, ricaviamo la tua età. Nei video dei tuoi viaggi dici sempre “Age is not a limit”, è vero che l’età non sia un limite?

SB: Penso di sì, noi dobbiamo fare riferimento alle persone che conoscevamo quando eravamo ragazzini. Eravamo usciti dalla guerra, in televisione c’era un uomo di 50 anni, definito di mezza età, piccole e grassottello, con la bombetta e il bastoncino. Oggi vediamo dei cinquantenni che fanno paura. In Brianza ci sono dei sessantenni che fanno le salite come dei missili. Sono cambiate la qualità della vita, il modo di affrontarla e di prepararsi. Gli anziani sono ormai le persone sopra i 70 anni e ci sono ancora enormi possibilità di fare cose di alto livello.

PP: Quindi ti rimangono ancora molti anni di viaggi?

SB: A me piacerebbe, vediamo cosa viene fuori, vivo alla giornata perché a 64 anni il tempo davanti non è quello che hai a 30, io non mollo di certo.

PP: I prossimi viaggi che hai in programma quali sono?

SB: Ne ho molti; vorrei attraversare Sumatra da sud a nord, mi piacerebbe fare il Tibet, che però ha delle complicanze di tipo politico, la Karakorum Highway. Diciamo che ho più progetti che anni davanti a me.

PP: Penso sia meglio avere tanti progetti e meno anni piuttosto che viceversa.

SB: Avere pochi progetti sarebbe devastante.

PP: Come scegli un viaggio, un itinerario?

SB: Una volta, nei tempi pre-internet, era molto più complicato, si andava in Porta Venezia alla libreria dell’ACI, si prendeva la cartina stradale di un paese, si sceglieva un percorso ma le informazioni erano molte meno. Oggi grazie ad Internet, se usato in modo intelligente, puoi avere moltissime informazioni di un paese che non hai mai visitato; ormai ti puoi cucire il viaggio addosso, in base alle tue esigenze. In una settimana hai fatto tutto.

PP: Quando hai tante informazioni diventa dall’altro lato difficile scegliere il percorso e le informazioni utili, subentra anche il marketing territoriale, con le ovvie differenze tra Abbiategrasso e le Dolomiti.

SB: Il rischio esiste, ma è comunque meglio che viaggiare senza nessuna informazione, come era in passato.

PP: Che sorpresa ti è capitata, dato che non avevi informazioni?

SB: Cito un viaggio in canoa in Zaire, con la discesa del fiume che adesso si chiama Congo. Siamo arrivati a Lubumbashi, ospiti del consolato italiano e ci hanno detto “non fate questo viaggio perché siete morti”, perché alle rapide di Inga, l’anno prima era stata falciata a colpi di Kalashnikov la spedizione di un francese. Non leggo Paris Match tutti i giorni, in Italia questa notizia non era mai stata data, quindi ci siamo ritrovati davanti ad una realtà sconosciuta. Non c’era modo di informarsi quindi puoi immaginarci la nostra sorpresa.

PP: Quale è stato il più grande viaggiatore che hai conosciuto?

SB: Mi piacerebbe dire un caro amico, ma è un ottimo conoscente per differenza di età, ed è Walter Bonatti. Ci siamo frequentati per tanto quando stava qui a Milano, a casa sua aveva una collezione di foto in una scatola di biscotti, che per me quando la apriva era come il vaso di Pandora.

PP: E’ stato di ispirazione?

SB: Sulla mia scrivania ci sono tutte le raccolte di Walter Bonatti, nonché i libri con la dedica.

PP: Tu hai in programma un libro?

SB: Avrò scritto almeno 200 pagine, però il problema è la prima pagina, non riesco mai ad andare avanti. E’ un progetto che continuo a rimandare anche perché non sono bravo a scrivere, cosa che sa fare la mia amica Darinka Montico. Dovrei trovare un giornalista a cui raccontare qualche storia.
Tra bici e canoa avrei molti aneddoti, anche divertenti.

PP: Se dovessi dare un consiglio a uno che vuole iniziare a viaggiare in bicicletta e non lo ha mai fatto, oltre alla destinazione, qual è la raccomandazione che faresti per non rimanere scottato?

SB: Sarò banale, ma non penso che ci siano particolari difficoltà ad andare in bicicletta; in fondo sei su una strada, in un paese e il più delle volte se hai un problema puoi chiedere a qualcuno. Ci vogliono una bicicletta, buona volontà, buone gambe, che si fanno, e la voglia di partire, molte persone lasciano i propri sogni nel cassetto. E’ un po’ come a quel ragazzino di 13 anni che era in Jugoslavia a cui hanno messo una bici e un berretto in mano e gli hanno detto “vai casa, viaggia leggero e sii prudente”.

Commenti

  1. Avatar Daniele Viganò ha detto:

    Ero un paziente del dottor Sergio, ricordo bene la Harley Davidson che usava per andare al lavoro. Non mi sono mai accorto che fosse a pedali. Daniele

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