La quarantena: un’opportunità allo specchio

8 Aprile 2020


Nel mio lavoro di psicologa e di terapeuta, ho imparato tante cose dalle persone che ho incontrato. Tra queste, certamente ci sono il coraggio della fiducia, la forza della domanda, e la determinata pazienza di chi accetta di non avere subito delle risposte.

La domanda con cui spesso i pazienti arrivano in studio è: “Dottoressa, cosa posso fare?”.

Proviamo a riportare questo interrogativo alla situazione di oggi. La vita di ciascuno di noi è stata stravolta. A piccoli passi, abbiamo visto limitare il nostro raggio d’azione fino a vederlo coincidere con le mura domestiche e tutto questo ha fatto nascere in noi pensieri ed emozioni inusuali, per lo più scomode e spiacevoli. Trasformare queste sensazioni in una domanda è un ottimo modo per iniziare un dialogo con noi stessi utile per trovare un adattamento: “Cosa mi sta succedendo? Cosa sto vivendo? Cosa posso fare?”.

Iniziamo un po’ socraticamente con l’accettazione del “So di non sapere”. Siamo in una epidemia. Nessuno di noi “sa”; sapeva, forse, ma non sa: concediamoci questa impreparazione. Rabbia, frustrazione, tristezza, dolore, ansia sono tutte emozioni lecite, sane. Ci siamo accorti brutalmente che non potevamo e non possiamo controllare tutto. Ci percepiamo incapaci, irrisolti, immobili, come di fronte a una scatolone di lego rovesciato senza più le istruzioni. Ci serve una lente, uno specchio per osservare meglio quello che rimane sul pavimento.

Abbiamo tempo. Osserviamo bene. È possibile dare un senso nuovo?
Partiamo iniziando col fare un po’ di pulizia. Alleggeriamoci da tutte le informazioni non necessarie. L’infodemia, ovvero la circolazione incessante di informazioni, inquina i nostri spazi interni. Ne facciamo indigestione, ed è difficile poi proteggere i nostri sogni e sonni se non abbiamo digerito qualcosa. Limitare gli accessi alle informazioni, ad esempio, guardando o ascoltando il TG una volta al giorno potrebbe essere un modo per iniziare a fare questa pulizia. Permetterà anche di avere conversazioni con argomenti diversi.

Ripuliamo un po’ anche il nostro linguaggio. Non definirsi in gabbia o in guerra aiuta. Per alcune persone, questi sono giorni drammatici. Stiamo parlando delle nostre fatiche ma ciascuno di noi sa che non sono paragonabili con quanto molti vivono.

“E ma” non è concesso. Siamo una squadra. “La libertà significa responsabilità”, diceva G.B. Shaw. Scegliere di assumersi la responsabilità del bene comune riducendo così il rischio di contagio proprio e di altri (=stare a casa) fa davvero la differenza.

Questo non è un tempo sospeso: scegliere lo rende il nostro tempo.
A questo punto, possiamo avvicinarci ai nostri lego e iniziare semplicemente a giocare. Non occorre avere in mente un risultato preciso. Basta sperimentate.

Acquerello bicicletta
Nuovi o vecchi hobby casalinghi

Ciascuno di noi ha i propri mattoncini, molti ancora nascosti. Chi aveva già un hobby casalingo, come la lettura o la cucina, è certamente facilitato. Ma nulla ci vieta di provare qualcosa di nuovo. Forse per la prima volta, possiamo vivere un’azione senza la preoccupazione del giudizio dell’altro (che non c’è).

Possiamo fare cose “inutili” (che non significa senza valore), abbandonando il principio di utilità ed esercitando quello del piacere e del bene comune, sorridere per qualche manica sporca di vernice. Non occorre più essere performanti. Possiamo imparare. Perché non riprendere in mano carta e matita? Una foto, un metro, un libro o un numero di telefono?

Non sto dicendo che tutto questo sia facile. Sono giorni strani che richiedono un vocabolario nuovo che sia in grado di tradurre le emozioni che stiamo vivendo. Ma non ci sarà un altro tempo in cui potremo davvero
dedicarci a sperimentarci in qualcosa solo per il gusto di farlo. L’azione, quella autentica, ci dà la possibilità di farci percepire vivi, non solo nei nostri corpi.

E essere vivi significa anche vivere sentimenti spiacevoli. Parlo di sconforto, solitudine, paura, angoscia. Parlo delle note basse del pianoforte che possono essere avvertite da chiunque.

In questi casi, occorre sapere di poter contare su qualcuno che possa aiutarci a tollerarle. Occorre poter avere fiducia. E se dovessero essere davvero forti, tanti sono i servizi nati proprio per offrire un ascolto attento e competente. Anche di questo tentativo, non abbiate vergogna. Prendetela come una prova. È solo uno dei vestiti che state provando per vedere come vi sta.

Sono giorni strani questi. Fermiamoci ad osservarli. Spegniamo l’audio e proviamo a fare spazio; scegliamo di essere liberi insieme all’altro, tremiamo e oscilliamo tra ciascuno di questi aspetti tutto il tempo che occorre. Potremo sperimentare così qualcosa di nuovo e concediamoci l’opportunità di diventare almeno uno dei possibili modi di esser il nostro tempo.

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