Mobilità

Mobilità post-Covid: in Italia il nodo trasporti è venuto al pettine

I problemi della mobilità post-Covid erano noti da tempo: il nodo dei trasporti pubblici alla ripresa delle attività e alla riapertura delle scuole era tutt’altro che inatteso, eppure siamo arrivati al 14 ottobre per farlo venire al pettine. Facendo passare quasi 9 mesi.

Oggi la ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli incontra al Mit i rappresentanti dell’Asstra (Associazione delle aziende del trasporto pubblico locale), l’Anci, (Associazione nazionale comuni italiani), i rappresentanti della Conferenza regioni italiane e l’Upi (Unione province italiane) e in quest’occasione si cercheranno le possibili soluzioni per evitare assembramenti su autobus, metro, treni, pensiline, fermate cittadine o extraurbane. Problemi stringenti e reali, a cui bisognava pensare per tempo e che invece sono stati ampiamente sottovalutati.

Su Bikeitalia lo avevamo scritto in tempi non sospetti, all’inizio della pandemia e in pieno lockdown. Nell’articolo “La mobilità urbana dopo il CoronavirusPaolo Pinzuti delineava uno scenario che si è puntualmente verificato, e cito:

La domanda per chi si occupa di mobilità è quindi: “quale impatto avrà questa mancata propensione alla vicinanza umana per il trasporto e la mobilità?”.

L’impatto più prevedibile è che ragionevolmente gli Italiani preferiranno mantenere le distanze anche durante i propri spostamenti e che, al rientro dalla prigionia, di fronte alla scelta tra utilizzare un mezzo di trasporto individuale e un mezzo di trasporto collettivo la tendenza generale sarà preferire sistemi di trasporto individuale.

Se usciamo dall’astrazione e iniziamo a guardare i numeri, il problema reale inizia a emergere

(Bikeitalia.it – “La mobilità urbana dopo il Coronavirus” di Paolo Pinzuti – 19 marzo 2020)

Quell’articolo è stato il primo di una lunga serie che abbiamo pubblicato su questa testata per documentare la “Mobilità post-Covid“: analizzando il problema ma anche cercando di dare delle soluzioni percorribili per decongestionare le strade e fornire un’alternativa sostenibile, a partire dall’implementazione di una Rete di Mobilità di Emergenza in ogni città e dando notizia delle buone pratiche messe in atto in molte importanti città del mondo attente alla mobilità ciclistica (Parigi e Londra, solo per citarne due).

Ma il nodo dei trasporti pubblici è restato lì: nei vari Dpcm che si sono susseguiti in questi mesi la sensazione è che il governo si sia limitato a fotografare il problema e definire il limite della capienza massima di ciascun mezzo (50%, 80%, “distanziamento di almeno 1 metro”) dando prescrizioni ma non fornendo soluzioni.

La nota del Mit in merito al tavolo sui Trasporti di oggi comunica che: “Verrà compiuto un aggiornamento del monitoraggio periodico dei flussi dei passeggeri che utilizzano i mezzi pubblici e saranno analizzate alcune situazioni problematiche riportate in questi giorni sui canali social, relative ad assembramenti a bordo dei mezzi e all’interno delle stazioni”.

Intanto la realtà è sotto gli occhi di tutti: vagoni della metropolitana dove il distanziamento non viene rispettato, autobus stracolmi e un sistema di trasporto pubblico in affanno e prossimo al collasso.

Dal momento che il raddoppio dei mezzi di trasporto pubblico è una pia illusione, soprattutto se da realizzare in tempi strettissimi e con un’emergenza in atto da ormai 8 mesi, il ricorso allo smartworking e la didattica a distanza sono soluzioni che andrebbero integrate all’interno di una strategia ad ampio raggio, per minimizzare le occasioni di contagio e consentire lo svolgimento delle attività, senza creare ingorghi chilometrici di auto davanti alle scuole così come sta avvenendo per i tamponi “drive in” che i sospetti contagiati devono fare utilizzando un’auto.

Ad aprile scorso invitavamo le persone a riflettere sulla distribuzione e sul valore dello spazio pubblico, quello che avevamo “dato per scontato” prima della pandemia:

Mai come oggi gli abitanti delle città densamente popolate possono comprendere quanto valga lo spazio dell’abitare e lo spazio pubblico: passare 1 mese, forse 2, chiusi in 50/60 mq di abitazione sapendo che la strada sotto casa potrebbe essere uno spazio collettivo, un parco, un’area verde invece che un’arteria di scorrimento potrebbe avvicinarci e indurci a considerare nuove forme di mobilità alternative all’auto.

Non facciamoci trovare impreparati.

(Bikeitalia.it – “La mobilità post Coronavirus: non facciamoci trovare impreparati” di Gabriele Sangalli, 1 aprile 2020)

La mobilità post-Covid va affrontata nel modo giusto, in primis cercando di ottimizzare gli spostamenti urbani e privilegiando le modalità a piedi e in bicicletta: lo avevamo detto per tempo su Bikeitalia, stiamo constatando che la massima “Nemo propheta in patria” è purtroppo tristemente attuale nel nostro Paese, refrattario al cambiamento e schiacciato da un tasso di motorizzazione abnorme.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *