Gli italiani non amano la pioggia.
Basta qualche goccia e le persone, che pochi minuti prima riempivano il centro storico di una città, scappano come formiche per ritirarsi a casa. Quindi, un po’ per pigrizia e un po’ per comodità, decidono di ordinare sulle piattaforme di delivery.
Si aggiunga, altresì, come non tutti i rider lavorino con la pioggia; dunque, se uno è attrezzato bene (vestiario impermeabile, con una bicicletta sicura e ben equipaggiata), nelle serate uggiose rischia di non fermarsi neanche un minuto. Da qualche mese, inoltre, se piove per più di 2mm, l’azienda paga un 10% in più come incentivo e “tutela” economica per noi rider.
Da sempre mi muovo in bici e sono abituato a “prendere” la pioggia , essendo molto legato alla cultura nordeuropea: la bici si usa sempre, in qualsiasi stagione.
D’estate, un po’ di pioggia è anche piacevole: toglie l’afa e solitamente è intensa ma breve
Al contrario, d’inverno la pioggia è qualcosa che distrugge, che penetra fino alle ossa, lasciandoti una terribile sensazione di umidità che solo una doccia bollente riesce a rimuovere.
D’inverno, le gocce fredde diventano tante piccole lame che tagliano il viso e le mani; dopo qualche ora, ahimè, l’umidità penetra nelle scarpe e supera gli strati di vestiti che indossi.
In queste situazioni, provo sempre a memorizzare tutte le informazioni per fermami il meno possibile a controllare l’app: indirizzo, numero civico e campanello del destinatario.
D’inverno fa buio presto, la luce dei fanali delle auto crea un effetto fastidioso con le lenti bagnate degli occhiali. Per non parlare della mascherina che li fa appannare: semplicemente terribile. Il traffico diventa più intenso e snervante, ed è più pericoloso pedalare.
Bisogna fare le curve lentamente, prendendole più larghe, cercando altresì di schivare le pozzanghere e i tombini senza farti investire; al contempo, maledici quegli automobilisti che guidano con il cellulare o che fanno i 90km/h in città, superandoti come se nulla fosse, senza neppure pensare che, mentre loro sono all’asciutto, tu pedali sotto la pioggia.
Non è facile trovare il giusto compromesso tra vestiario che ti tiene al caldo, impermeabilità e agilità quando ti muovi in bici. Non puoi diventare l’omino della Michelin altrimenti non riesci più a montare in sella.
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Vi assicuro che molte volte in queste condizioni meteo difficili, l’unica cosa che mi fa andare avanti è il pensiero che a casa mia mi aspetta una bella cena preparata in anticipo per riempire lo stomaco e la mente.
Inoltre è incredibile come durante queste giornate terribili il numero di persone che lascia la mancia diminuisca incredibilmente (tra cui un giocatore del Parma Calcio).
La mancia non è obbligatoria e fa parte più della cultura anglosassone. Però se tu vedi arrivare un rider che ha fatto parecchi chilometri in bici per portarti due pizze durante una serata demmerda magari qualcosa gli puoi lasciare. Ma vi assicuro che mi basterebbe anche che qualcuno mi offrisse un fazzoletto per asciugare le lenti degli occhiali o il cellulare. Ringrazierei di cuore. Ma i migliori sono sempre quelli che ti chiedono di salire al 5° piano per consegnargli l’ordine. In modo carino gli rispondo di muovere il culo e venire giù a prendersi la cena.
Una sera di fine settembre mi arriva un ordine. Pioviggina un po’ e, dalla foga, non controllo bene dove sarei dovuto andare. Una volta prese le pizze e confermato l’ordine, scopro la posizione del cliente: si trovava lungo strada Langhirano (Parma) al di fuori del confine della tangenziale. È una strada senza illuminazione, a due corsie e piuttosto stretta, nel cuore della prima campagna parmense.
Mi stramaledico per non aver controllato prima la destinazione ma ormai non posso più cancellare l’ordine. Parto. Una volta che supero la tangenziale sud e il cinema la ciclabile diventa prima marciapiede e gli ultimi 600m mi tocca stare sul ciglio della strada. Il tutto senza lampioni!
Per la prima volta in vita mia ho avuto paura di morire in sella alla bici per due spiccioli. Io posso usare tutte le precauzioni del caso (luci, abbigliamento chiaro, casco eccetera) ma immaginate di percorrere una strada senza illuminazione artificiale, con la pioggerellina che diminuisce la visibilità mia e degli automobilisti: semplicemente agghiacciante. Mi fermo due volte sul ciglio della strada in sicurezza per controllare quanto mancasse all’arrivo. Infine, gli ultimi metri li ho fatti stando un po’ al centro della carreggiata e segnalando alle auto la mia presenza: pericolosissimo.
Come se ciò non bastasse, ho avuto difficoltà anche a contattare il cliente!
Mentre torno indietro sano e salvo, tiro un sospiro di sollievo e scrivo immediatamente un’e-mail all’azienda «Vi chiedo di non mandare più rider in bici su strada Langhirano dopo il civico 129, mandateci qualcuno con scooter/auto. Ho avuto paura di morire stasera: strada senza lampioni e trafficata. Sono convinto che i vostri ingegneri informatici risolveranno questo problema»
La loro risposta è stata «Consiglierei di rivolgersi direttamente al comune di competenza, affinché la strada venga ben illuminata», come se tale richiesta non sia mai stata rivolta dai residenti della zona al Comune di Parma.
Lunga vita al rider sotto la pioggia!
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