Mobilità

La battaglia di civiltà contro la violenza stradale

Nelle ultime settimane continuiamo ad assistere in tutt’Italia a scontri e investimenti stradali terribili. Ma nello stesso tempo c’è anche qualche segnale diverso e nuovo, che sembra iniziare a rompere il muro dell’assuefazione al (presunto) “tragico destino”, il muro di quella che potremmo chiamare la “banalità del male” della violenza stradale. Finalmente nel discorso pubblico, infatti, si cominciano mettere al centro le vere cause principali del problema, le vittime più fragili e le soluzioni più efficaci e necessarie, sulla base delle evidenze scientifiche e delle esperienze fattuali di tanti altri Paesi europei.

Ad esempio il Comune di Bologna, dopo aver approvato di recente la delibera per rendere il capoluogo emiliano la prima grande Città 30 italiana, ha rilanciato, insieme alla Città metropolitana, con una campagna di comunicazione per la sicurezza stradale. Cento maxi-manifesti sono già affissi lungo le strade più trafficate della città, e presto arriveranno anche sulle fiancate degli autobus. I messaggi della campagna sono incentrati sul contrasto all’alta velocità e alla distrazione alla guida: dunque finalmente si mettono a fuoco quelle che rappresentano le tre principali cause delle collisioni stradali.

Cosa fare in caso di incidente in bicicletta

La guida sotto l’effetto di alcol o droga, oltre a fare più notizia, è indubbiamente un reato odioso e va contrastato sempre più duramente. Ma, secondo le statistiche ISTAT, la drammatica verità che forse non vogliamo vedere perché può riguardare ciascuna e ciascuno di noi, è che la violenza stradale è dovuta per lo più a comportamenti umani molto più diffusi e “normali”: guida distratta soprattutto dall’uso del cellulare, violazione dei limiti di velocità, mancate precedenze o distanze di sicurezza. Lo confermano, su un altro versante, quello dei controlli, anche i dati diffusi pochissimi giorni fa dalla Polizia Stradale: nelle campagne speciali svolte quest’anno, per velocità eccessiva sanzionati il 78% dei controllati, per distrazione il 55%, per alcool e droga l’1,6%.

Un altro segnale positivo di novità di queste ultime settimane è la maggiore attenzione prestata alle persone più fragili in strada, capovolgendo quell’approccio che spesso, più o meno inconsciamente, è alla base della comunicazione e della narrazione pubblica della violenza stradale. Ci riferiamo alla tipica colpevolizzazione delle vittime (il “victim blaming”, ben noto anche nel campo della violenza di genere) e alla contemporanea deresponsabilizzazione degli utenti più forti della strada, che tali sono non per una qualche categoria “ideologica”, ma semplicemente per principi della fisica (massa e velocità): i conducenti dei veicoli più pesanti e veloci possono creare maggiori danni agli altri.

In questo caso, la novità arriva direttamente dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che, in occasione della Giornata mondiale per il ricordo delle vittime sulla (e non della) strada, ha indirizzato un messaggio concentrando l’attenzione sulle persone più vulnerabili, di fronte a comportamenti scorretti e pericolosi altrui. Queste le parole davvero chiare del Capo dello Stato: “Se si considerano le vite stroncate e le lesioni gravi riportate da ciclisti, pedoni, anziani, disabili, utenti vulnerabili della strada, emerge con chiarezza quanto sia prioritario rafforzare la sicurezza nella mobilità”.

Una simile dichiarazione in qualche modo apre la strada, con tutta l’autorevolezza della più alta carica istituzionale della nostra Repubblica, a quel concetto di “gerarchia degli utenti e delle responsabilità” che dallo scorso anno è principio informatore dell’intero Codice della Strada nel Regno Unito: a quando anche in Italia?

Infine, anche i media, certo forse sull’onda dei fatti di cronaca ma comunque con una certa continuità, ultimamente stanno dedicando uno spazio maggiore e talvolta anche più approfondito al tema della violenza stradale, creando consapevolezza nell’opinione pubblica. E, soprattutto, stanno dando un’attenzione importante e inedita alla “Città 30”, il provvedimento che nelle aree urbane, dove ormai si concentrano oltre il 70% delle collisioni stradali, rappresenta la vera soluzione e può fare davvero la differenza nel ridurre scontri, morti e feriti, nel restituire strade e piazze alle persone, nell’aumentare gli spostamenti a piedi, in bici e coi mezzi pubblici.

Tutti i giorni ormai ci sono articoli anche di approfondimento, servizi in TV e programmi in radio, interviste ad amministratori, cittadini impegnati in fondazioni, associazioni e comitati ed esperti tecnici.

È significativo, da questo punto di vista, il risalto mediatico che hanno avuto le interviste e gli interventi sulla stampa di Marco Scarponi, segretario generale della Fondazione Michele Scarponi impegnato nel portare avanti la proposta della Città 30 e un progetto di educazione nelle scuole alla mobilità sostenibile e contro la violenza stradale, così come il ‘Manifesto per Città 30 sicure e vitali’, promosso da una rete diffusa di organizzazioni, a partire da Fondazione Luigi Guccione, Legambiente e Vivinstrada, e firmato dal Ministero delle infrastrutture, ACI, ANCI e numerose amministrazioni locali.

Certo, in Italia sulla violenza stradale, a partire dal linguaggio per arrivare alle normative e alle azioni concrete dal punto del ridisegno delle strade e alla quantità di controlli, restiamo drammaticamente indietro rispetto a molti altri Stati europei. Ma speriamo – e soprattutto facciamo in modo – che questi germogli all’apparenza nuovi possano portare a una maggiore consapevolezza e impegno delle istituzioni, della comunità, dei mezzi di informazione, di ciascuno di noi cittadini, nella battaglia per il diritto alla vita e alla sicurezza in quello spazio pubblico per eccellenza che è la strada.

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Commenti

  1. Avatar Simone ha detto:

    Iniziamo a migliorare la sicurezza sulle strade facendo più controlli, più multe e più velox.

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