L’incontro “Roma Città 30” si è svolto in Campidoglio ieri, alle Idi di Marzo, una data simbolo per la Città Eterna: quella dell’assassinio di Giulio Cesare, fautore peraltro nel 45 a.C della prima Ztl al mondo che vietava la circolazione dei carri dentro le mura cittadine di notte. Un momento di confronto sul tema della “Città 30” in cui l’amministrazione capitolina avrebbe potuto (dovuto?) annunciare una data di adozione del provvedimento con un cronoprogramma per realizzarlo, e invece lo ha rimandato alle calende greche. Fino al prossimo convegno sul tema.
A moderare la giornata il collega del Corriere della Sera Luca Valdiserri, padre del 17enne Francesco investito e ucciso sul marciapiede dalla persona alla guida di un’auto solo pochi mesi fa, che ha sottolineato in apertura il grave problema della sicurezza stradale a Roma (con 13 pedoni uccisi a Roma tra l’1 gennaio e il 13 marzo 2023, ndr).
“Roma Città 30”: sì, ma quando?
È vero: “Roma non è stata costruita in un giorno”, ma ad ascoltare il modo in cui gli amministratori ne parlano nella Città Eterna sembra più difficile da fare tutto: figuriamoci imporre il limite di 30 km/h in uno dei contesti con il tasso di motorizzazione tra i più alti al mondo e con gli atavici problemi legati al trasporto pubblico. “Roma non è una città come le altre” è il mantra – e la scusa – con cui si mettono le mani avanti per giustificare eventuali ritardi/fallimenti e promuovere soluzioni più facili e meno impattanti, spesso al ribasso.
Un cambiamento non più procrastinabile
Fatta questa debita premessa bisogna dire che il convegno “Roma Città 30” – soprattutto per i non addetti ai lavori – ha messo nero su bianco i pilastri su cui si fonda questo nuovo modo di approcciare la mobilità urbana. L’evento, organizzato dall’Associazione Salvaiciclisti Roma in collaborazione con l’amministrazione capitolina, ha affrontato il tema sotto diversi aspetti, invitando nella Capitale quelli che sono i riferimenti nazionali per questo cambiamento. Ma un osservatore attento, che conosce il tema, non avrà fatto a meno di notare lo scollamento tra i contenuti portati dall’esterno e le premesse/promesse fatte dall’interno del corpaccione politico capitolino.
Città 30: come, dove, quando, perché
- Simona Larghetti, consigliera comunale di Bologna, ha ricordato che la Città 30 è un processo da seguire e coltivare attraverso varie azioni, tra cui la comunicazione che è fondamentale. E ha sottolineato anche che “se ce l’hanno fatta Londra e Parigi non si vede perché non ce la possa fare Roma, città la cui bellezza è oggi mortificata dall’abnorme presenza delle auto”,
- Marco Mazzei, consigliere comunale di Milano, ha individuato il target che sostiene maggiormente questo cambiamento: i genitori con figli piccoli, quelli che hanno una visione al futuro (che poi dovrebbe essere anche quella dei politici: quella di guardare alla prossime generazioni e non alle prossime elezioni, ndr)
- Andrea Colombo, già assessore alla Mobilità di Bologna e oggi esperto nella Fondazione Innovazione Urbana, ha spiegato che cos’è (e soprattutto cosa non è) una Città 30 illustrando un’aggiornata relazione dettagliata che da sola rappresenta un ottimo vademecum sul tema.
- Matteo Dondé, architetto urbanista che fa parte anche della Fondazione Michele Scarponi, segue ormai questo argomento da 25 anni: il suo intervento ha avuto una standing ovation sia per le cose che ha detto sia per come le ha dette, perché quando dici qualcosa con competenza e passione la gente lo capisce e te lo riconosce.
Le (mancate) risposte di Roma
A queste sollecitazioni come ha risposto l’amministrazione di Roma? A parole con una grande apertura sul tema, ci mancherebbe altro: la direzione da prendere è questa ed è ormai chiaro che in futuro ci dovranno essere sempre meno auto private e sempre più strade a misura di persona. Nei fatti il problema è che non è stata ancora individuata una data né un cronoprogramma per portare avanti questo cambiamento che, nella migliore delle ipotesi, continuerà con le sperimentazioni di “Zone 30” a macchia di leopardo.
“Roma non è una città come le altre”
Giovanni Zannola, presidente della Commissione Mobilità di Roma Capitale, nel suo intervento ha ribadito di sentirsi “dalla parte giusta” e di volere “una città a misura di persona” e che c’è “la volontà e l’indirizzo politico” per portare avanti questo cambiamento. Ma ha anche detto che “Roma non è una città come le altre”, la frase che mette al riparo da ogni fallimento. E proprio ieri, praticamente in contemporanea con il convegno, sul fronte del trasporto pubblico l’Aula Giulio Cesare ha deliberato la modifica dello statuto di Roma Servizi per la Mobilità per incorporare Roma Metropolitane.
Giulio Cesare e la prima Ztl della storia
L’assessore alla Mobilità Eugenio Patanè – a cui erano state affidate le conclusioni, ma che per motivi contingenti legati al Consiglio ha anticipato il suo intervento a metà convegno – oltre al simpatico aneddoto sulla prima Ztl al mondo istituita da Giulio Cesare, come ricordato qui in apertura, ha fatto un intervento pieno di buone intenzioni a cui mancava però l’ubi consistam: quand’è che Roma diventerà una Città 30 e in che modo intende farlo? Se non proprio una data precisa almeno un arco temporale, un periodo di massima, un orizzonte verso cui tendere. Niente di tutto questo: al momento “Roma Città 30” è un’intuizione presentata in Campidoglio che rappresenta una straordinaria occasione di cambiamento per la mobilità urbana. Riuscire a trasformarla in un punto programmatico prioritario dell’agenda politica capitolina è, evidentemente, un altro paio di maniche.
Manca un atto amministrativo
In conclusione Enzina Fasano, presidente dell’Associazione Salvaiciclisti Roma, da avvocata attenta alle carte ha sottolineato proprio questo: “C’è necessità di un piano organico, non è più consentito fare interventi-spezzatino: la prima tappa essenziale per arrivare a ‘Roma Città 30’ è un atto amministrativo”.
Al momento, ma sarò felice di essere smentito dai fatti, tutto sembra rimandato alle calende greche.
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