Quasi due anni dopo la tragica morte di Davide Rebellin, ex campione di ciclismo, travolto in bici dalla persona alla guida di un camion il 30 novembre 2022, arriva la sentenza di primo grado. Oggi, 14 ottobre 2024, il Tribunale di Vicenza ha condannato il camionista tedesco Wolfgang Rieke a 4 anni di reclusione per omicidio stradale aggravato dalla fuga. La pubblica accusa aveva richiesto una pena di 5 anni, ma il giudice ha stabilito una condanna inferiore, nonostante i due tentativi di patteggiamento fossero stati respinti.
La sentenza: 4 anni di carcere per omicidio stradale
Il tribunale di Vicenza ha condannato Rieke per aver causato la morte di Rebellin, una collisione avvenuta sulla Strada Regionale 11 nei pressi di Montebello Vicentino. L’ex ciclista professionista stava svolgendo un allenamento quando è stato investito dal rimorchio del camion guidato dal tedesco. Come ricostruito dalle immagini e dalle testimonianze Rieke, dopo l’incidente, non solo era fuggito dal luogo dell’impatto, ma aveva anche cercato di cancellare le prove del sinistro dal proprio veicolo. Le indagini hanno successivamente dimostrato che l’autista era consapevole di ciò che aveva fatto e, nonostante questo, non ha prestato soccorso alla vittima.
Respinti i tentativi di patteggiamento
La sentenza di condanna per il camionista che investì Rebellin è giunta dopo due tentativi di patteggiamento proposti dalla difesa di Rieke, che avrebbero ridotto la pena a poco meno di 4 anni (3 anni e 11 mesi). Entrambi i tentativi sono stati respinti dal tribunale, che ha ritenuto inadatto un accordo vista la gravità dei fatti e l’aggravante della fuga. Il pm aveva chiesto una condanna a 5 anni, ma la Corte ha infine optato per una pena di 4 anni: quindi molto simile a quella proposta nei due tentativi di patteggiamento respinti.
I dettagli dell’investimento mortale e la fuga del camionista
Il 30 novembre 2022, mentre Rebellin si allenava in bicicletta, è stato investito dal camion di Rieke. Dopo l’incidente, il camionista ha tentato di fuggire in Germania, ma è stato rintracciato grazie a un mandato d’arresto internazionale e successivamente estradato in Italia. Le prove, tra cui le riprese delle telecamere di sorveglianza, hanno confermato che Rieke era perfettamente consapevole dell’investimento, ma non si è fermato per soccorrere il ciclista. Il suo tentativo di cancellare le tracce del sinistro non ha fatto altro che aggravare la sua posizione legale.
Nonostante questo la sentenza di condanna del camionista che investì Rebellin fuggendo senza prestargli soccorso è stata di 4 anni, un anno in meno di quanto richiesto dalla pubblica accusa.
cicloamatore appassionato da sempre,amo questo sport…ma in Italia la concezione di “pista ciclabile” non equivale a sicurezza bensi’ a vile denaro che entra nelle casse di enti preposti.Fare una ciclabile su un marciapiede largo 80 cm che improvvisamente termina con un muro solamente colirando il fondo di verde….oppure pubblicizzare una ciclabile x tutti,famiglie con bambini,persone inesperte etc….con un ma grosso come una casa: partenza e arrivo della tratta con un dislivello di 1200 metri,pendenze con una percentuale che sfiora il 10 %….roba da matti.In questi giorni apertura di tratto di 600 metri a sbalzo sul lago costato oltre un milione di euro e un tempo di parecchi anni,3/4 ditte appaltatrici fallite e sparite dal mondo del lavoro….un classico esempio italiota.
Purtroppo constatare che anche un ciclista professionista, con tutta l’esperienza maturata, non sia riuscito a sfuggire ad un rischio sempre presente lungo le strade italiane ove la mancanza di adeguate infrastrutture o l’errata progettazione rende sempre e costantemente presente il pericolo. Io con la mia esperienza di ciclista che da oltre 60 anni utilizza tale mezzo sia per lavoro prima e ora per svago, tremo a pensare che anche mio figlio che si è appassionato a tale sport prediliga il ciclismo su strada che ormai io tendo ad evitare rifugiandomi nei sentieri e nelle strade bianche o cmq solamente su piste ciclabili. Spero veramente che i ciclisti ottengano anche in Italia uno spazio e una forza tale da convincere i nostri amministratori ad assumere politiche volte a favorire l’uso in sicurezza di tale mezzo, come accade ad esempio in Francia, Spagna, Inghilterra per non citare Olanda, Danimarca e paesi nordici in genere, che hanno saputo coniugare aspetti di tutela ambientale e salutistici che l’uso di tale mezzo riesce a garantire.