Mobilità

Italia, 9 ciclisti morti in 12 giorni: che facciamo?

Italia, 9 ciclisti morti in 12 giorni: che facciamo?

In Italia la strage silenziosa dei ciclisti continua senza tregua: i numeri sono impressionanti, il senso di impotenza è grande, il rispetto per chi pedala è una chimera. Proprio in questi giorni, al di là delle Alpi, la Francia è scossa per la morte violenta di Paul Varry, il cicloattivista di 27 anni investito e ucciso dalla persona alla guida di un SUV dopo una lite stradale: la sua morte non solo ha monopolizzato l’attenzione dell’opinione pubblica francese ma ha portato in piazza oltre 20 mila persone in più di 300 città della Francia e la principale associazione dei ciclisti transalpina (FUB) ha fatto precise richieste al governo per affrontare il problema della violenza stradale motorizzata.

Sindaci, assessori, ministri e rappresentati politici di tutti i livelli e gli schieramenti hanno preso parte alla commemorazione collettiva per Paul mettendoci il cuore e la faccia. E in Italia?

Investimento ciclista automobilista

Italia: 9 ciclisti morti in 12 giorni

In Italia, solamente stando alle notizie presenti sui motori di ricerca e integrandole con i dati dell’ASAPS, negli ultimi 12 giorni – dal 10 al 22 ottobre 2024 – sono morti 9 ciclisti e ne sono stati investiti e feriti 19: una strage pressoché quotidiana e silenziosa che troppo spesso viene relegata nei trafiletti delle cronache locali con un corollario di titoli sbagliati e frasi fatte che non danno la giusta dimensione del fenomeno. Notizie che si perdono nel mare magnum dell’informazione mainstream.

La sportellata, il coma, il decesso

L’ultimo si chiamava Francesco Caputo, aveva 35 anni e faceva l’ingegnere biomedico a Milano, ma veniva dalla Puglia: Lucugnano, una piccola frazione di Tricase, nel Salento. Ieri, dopo 10 giorni di coma, è morto in ospedale. Troppo gravi le ferite riportate dopo essere stato colpito da un automobilista con una sportellata in Via Soperga, poco distante dalla Stazione Centrale, mentre pedalava su un mezzo dello sharing BikeMI.

Questo è l’ennesimo episodio che riguarda una persona in bicicletta, colpita e uccisa sulla strada. Una strada dove la vita di chi pedala vale poco, meno di una guardata nello specchietto. In particolare, prima del tragico epilogo, aveva fatto notizia la dinamica e anche come era stata riportata dai mass media.

Come avevamo sottolineato su Bikeitalia la maggior parte dei titoli praticamente dava la colpa dell’accaduto al ciclista, deresponsabilizzando totalmente l’autore del gesto cioè colui che ha aperto fisicamente la portiera facendo cadere e mandando in ospedale e facendo morire il povero Francesco. Ed è (anche) per questo che pedalare al centro della corsia diventa a volte una misura salvavita.

Milano in piazza per ricordare Francesco Caputo

Intanto i cicloattivisti milanesi hanno deciso di scendere in piazza con la loro bici al seguito domani, giovedì 24 ottobre, per ricordare Francesco Caputo. Lo faranno all’incrocio del suo investimento mortale, in Via Soperga angolo Via Marocco. E stanno veicolando l’appuntamento anche attraverso i social con grafiche dedicate:

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Nella Riforma del Codice della Strada nulla per i ciclisti

Proprio ieri la Commissione Ambiente del Senato, in cui era in discussione il testo di Riforma con le modifiche al Codice della Strada, ha chiuso la versione già approvata dalla Camera senza modifiche: dopo l’esame in aula, previsto per novembre, il testo diventerà legge. Nella Riforma del Codice della Strada, come avevano sottolineato a più riprese le associazioni per la ciclabilità e la sicurezza stradale, non c’è nulla per la tutela delle persone che pedalano. E il clima d’odio nei confronti di chi si sposta in bicicletta – di cui l’esternazione di Vittorio Feltri rappresenta soltanto la punta dell’iceberg – è ormai uno stato di fatto.

Che facciamo?

Quindi, alla luce di tutto questo, che cosa facciamo in Italia? Com’è possibile che un problema così quotidianamente presente sulle nostre strade continui a essere ignorato in primis dalla classe politica ma anche dalla stragrande maggioranza dei cittadini ormai assuefatti alla violenza stradale? Possibile che dobbiamo rassegnarci alle tante morti di persone in bicicletta che giorno dopo giorno fanno salire questa macabra conta?

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Commenti

  1. Stefano ha detto:

    Purtroppo Francesco non sarà l’ultimo. Anche se si provasse a manifestare pacificamente come hanno fatto per le morti sul lavoro (le finte bare nelle piazze) o per quelle degli incidenti stradali (gigantografie delle vittime), non
    cambierebbe nulla. Sul lavoro si continua a morire e sulle strade ci continuano ad essere incidenti mortali. Ci vuole rispetto per il prossimo e amore per la vita soprattutto per quella degli altri.

  2. Giuseppe ha detto:

    Buongiorno. Avevo già scritto qualcosa sull’argomento, ma la speranza di non tornarci sopra è continuamente disillusa dai fatti. Se il versante legislativo resta “distratto”, sono da elogiare le iniziative di chi solidarizza, per scelta condivisa, o solo per dare voce al problema . Continuo a pensare che nei percorsi formativi che svolgono le autoscuole per preparare i giovani alla patente, bisognerebbe parlare anche di questo argomento. Per tentare di raggiungere l’obiettivo di una sensibilità futura più attenta, chi verrà dopo di noi mi sembra il protagonista attualmente più adatto.

  3. Fabio ha detto:

    sarebbe da imitare gli amici del governo, taxisti e agricoltori e bloccare le città ad oltranza

  4. Simone ha detto:

    Prossima “brillante” idea di Salvini: vietare le biciclette!

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