Mobilità

“Dovremmo entrare tutti in politica”

“Dovremmo entrare tutti in politica”

La riforma del Codice della Strada che renderà più pericoloso andare in bicicletta in Italia è sempre più vicino all’approvazione e in questo contesto è facile rendersi conto di quanto dalla politica fatta nei palazzi del potere dipenda lo sviluppo dell’uso della bicicletta.

Ne abbiamo parlato con Simona Larghetti, storica animatrice del movimento Salvaiciclisti nel 2012 e che oggi è consigliera comunale a Bologna con importanti deleghe in materia di mobilità e trasporti sulla città metropolitana.

Simona, come è nata l’idea di impegnarti in politica?

Quando ti guardi intorno e vedi che nessuno fa quello che servirebbe, vuol dire che devi farlo tu, perciò io quando ho visto che alle elezioni comunali quello che era l’allora storico consigliere comunale, punto di riferimento politico per tutte noi giovani cicloattivisti, Andrea Colombo, non si sarebbe ricandidato, ho pensato che perdere un riferimento politico in Consiglio comunale dove comunque faticosamente riuscivamo a far fare delle nuove ciclabili e parlare di qualità dello spazio pubblico e di Città 30, ecco l’idea che nessuno portasse avanti questo tipo di di pulsione nelle nostre istituzioni mi ha molto preoccupata e quindi molto naturalmente mi sono fatta coinvolgere da Coalizione Civica.

Quando nei primi mesi del 2021 sono andata a una loro assemblea ancora eravamo tutti con le mascherine all’aperto e ho fatto un intervento sul cambio di paradigma e sulla mobilità, mi sono sentita abbastanza a casa.

E poi le cose sono accadute come come la classica palla di neve che rotola.

Subito dopo che sei stata eletta, il sindaco Matteo Lepore ha annunciato che Bologna sarebbe diventata Città 30: è un caso?

Non è un caso per niente nel senso che prima ancora della campagna elettorale noi lanciammo la campagna Bologna 30 con cui abbiamo raccolto migliaia di firme partendo da alcuni fatti di cronaca che ci avevano colpito: tutto partì con una bambina investita sulle strisce pedonali. Abbiamo fatto un incontro con Lepore che si era candidato alle primarie come Sindaco e gli abbiamo chiesto “ma se noi dovessimo votarti alle primarie tu ti impegni a metterle nel tuo programma di sindaco?”. Lepore disse di sì e firmò anche la petizione e il motivo per cui mi sono candidata è stato anche per sorvegliare questo impegno.

Col senno di poi mi sento di dire che non è stato uno scambio elettorale: abbiamo abbiamo figli della stessa età e girare con il passeggino o con un bambino per mano per le strade di Bologna così come per le strade di qualunque altra città ti fa capire in 2 secondi qual è il problema della sicurezza stradale.

simona larghetti Consigliera comunale bologna
Qual è la cosa più difficile che hai riscontrato quanto sei passata dall’altra parte del muro istituzionale? Prima chiedevi che le istituzioni facessero cose, adesso sei tu che devi farle…

Sicuramente la cosa più strana è stata il cambio di atteggiamento di persone nei miei confronti, a volte in positivo o in negativo, cioè persone che conosco da anni, con cui ho condiviso battaglie, pedalate, critical mass, eccetera. Ci sono persone che hanno iniziato a guardarmi con sospetto come se improvvisamente fossi diventata un’altra persona. È stato buffo anche perché io da politica continuo a sostenere esattamente tutte le stesse cose che sostenevo prima. Ho cambiato ruolo, ma non credo di aver cambiato idea su che cosa vogliamo: certo, prima rappresentavo me stessa e al massimo la mia associazione, adesso mi devo fare carico di trovare dei punti di mediazione con cui portarmi dietro tutta la città.

Cerco di farlo al meglio e cerco di portare i risultati migliori possibili, nella consapevolezza che un individuo da solo non cambia un sistema. E quindi quello che dico sempre alle persone che sono più diffidenti e sospettose è che ce ne dobbiamo occupare tutti. Ovviamente chi si candida, chi si propone a svolgere un pubblico ha una responsabilità molto più grande di quella del singolo cittadino.

Perché la pubblica amministrazione è così lenta nei cambiamenti?

Le amministrazioni vivono su processi, su progettualità che sono sempre le stesse, che ogni anno vengono copiate, incollate dal bilancio dell’anno precedente, su delle prassi che si ripetono. Quindi introdurre una nuova prassi vuol dire scombinare delle strutture che poi spesso sono anche molto fragili perché le amministrazioni ormai sono pochissimo competitive dal punto di vista lavorativo. Gli stipendi del dipendente pubblico sono molto più bassi rispetto a quelli del mercato privato, quindi in un contesto simile portare l’entusiasmo e l’energia non è per niente banale.

E la politica? Perché i politici affrontano il tema della sicurezza stradale come un qualunque cittadino al bar davanti al bianchino che ha già parlato del Milan, delle elezioni in America e dell’ultima puntata di Temptation Island?

I politici sono una rappresentazione dei cittadini. È per questo che dico sempre che è importante andare a votare, perché alla fine chi va lì ti rappresenta anche se tu non l’hai votato, per cui è meglio che è meglio che cerchi di partecipare a questa decisione.

Ti faccio un esempio concreto.

Mi sono ritrovata a gestire dei fondi ministeriali per la sicurezza stradale: 28 milioni di euro per la Città Metropolitana di Bologna da spendere in sei anni. Ma la sicurezza stradale è un concetto astratto e c’è chi ha proposto di fare delle tangenziali con questi soldi perché una strada che evita il centro abitato riduce il numero di automobili e camion che possono mettere a repentaglio la vita di chi va a piedi o in bici.

Il tema, però, è anche un altro: come cambia il sistema complessivamente? Con una tangenziale si crea un incentivo a spostarsi in auto, aumenta il consumo di suolo, rende magari il centro abitato più sicuro ma l’arteria è più pericolosa perché le velocità sono più elevate eccetera. La mia posizione è stata di utilizzare quel denaro per interventi di riprogettazione della rete stradale esistente vanno e per fare delle ciclovie per permettere alle persone di andare a lavorare in bicicletta.

simona larghetti Consigliera comunale bologna
Adesso ti candidi alle elezioni regionali dell’Emilia Romagna, perché?

Mi sto candidando alle regionali perché per i temi che mi interessano che sono l’ambiente e la mobilità le competenze regionali sono molto importanti e quindi mi sono resa conto che siccome non si può fare niente da soli bisogna portare questa visione anche in Regione.

Con chi ti candidi?

Con Alleanza Verdi e Sinistra.

Ancora a sinistra? Ma non è ora di finirla con questa storia che i temi della ciclabilità e della sicurezza stradale in Italia siano sempre da una sola parte politica?

Per me no, io sono serena perché mi sento rappresentata anche sui temi sociali, sui temi sui diritti civili sul tema della ripartizione degli obblighi fiscali. Però ho sempre sofferto molto che quelli che per me sono discorsi di efficienza come quelli sulla mobilità vengano invece intrisi di ideologia dall’altra parte.

Fuori dall’Italia non è così: nel centro e nord Europa ci sono molti Comuni gestiti dalla destra in cui comunque fanno i tram e le piste ciclabili e poi dicono al cittadino “scegli la cosa più opportuna per te”, mentre le amministrazioni governate da partiti di sinistra puntano più sulla pianificazione e sull’introduzione di incentivi e disincentivi.

In Italia la destra è molto conservatrice e nostalgica, nostalgica di un periodo in cui la FIAT era la prima industria del paese e che ormai non c’è più, ma la mentalità che mette l’auto al centro della mobilità permane.

Cambierà mai questa cosa in Italia?

Quando andare in bicicletta diventerà mainstream, smetterà di essere una cosa di sinistra e questa cosa accadrà inevitabilmente a un certo punto. Ultimamente abbiamo visto Forza Italia schierarsi a favore dei diritti civili ma Forza Italia vent’anni non era certo una forza politica a favore dei diritti civili.

Torniamo al passaggio da attivista a politica: lo rifaresti?

Assolutamente sì.

Lo consiglieresti ad altre persone?

Lo consiglierei a tutti, anche se bisogna volersi male, perché molte persone smettono di vederti per quello che sei, e ti vedono solo per la forza politica che rappresenti. Devi ricordarti chi sei costantemente e questo a volte è difficile e poi non hai più una vita non hai più tempo perché tutto il tempo che hai lo dedichi a cercare di raggiungere un risultato più alto.

Personalmente ho avuto un momento illuminante nella mia vita da attivista: quando mi sono ritrovata a contatto con persone di una certa età – persone che avevano fatto gli attivisti per tutta la vita – e avevano sviluppato un senso di rancore e di pessimismo. E allora mi sono detta: “Se mantieni sempre la stessa posizione e non cambi il punto di vista, a un certo punto ti cristallizzi sulle posizioni”.

L’attivismo è meraviglioso e io spero che quante più persone possibile abbiano voglia di impegnarsi per la comunità, però anche quello non lo si può fare allo stesso modo per tutta la vita, così come non si può fare tutta la vita la politica perché ti intossica. Io mi auguro che anche questa sia una parentesi della mia vita in vista della prossima avventura. Però consiglio a tutti di cambiare punto di vista: se fai politica consiglio di fare attivismo, se fai un lavoro dipendente consiglio di fare impresa.

Cioè quello che stai dicendo, se capisco bene, è che poi alla fine è bello pretendere un mondo migliore, ma se davvero lo vuoi allora rimboccati le maniche e fai tu il tuo pezzettino sporcandoti le mani.

Chi può lo faccia. Poi non tutti possono. C’è chi c’ha la madre anziana da curare, la sorella disabile. Anche perché i cattivi, quelli grossi, non è che li convinci con le lamentele su Facebook.

Tu sei ottimista per il futuro?

Io non vedo un’alternativa all’ottimismo. Essere ottimisti credo che non sia una scelta che si deve fare razionalmente. La situazione che stiamo vivendo è molto grave, quindi c’è poco da essere ottimisti in un certo senso.

Ma proprio perché la situazione è così grave che dobbiamo essere ottimisti, che non vuol dire abbandonarsi a una narrazione autoconsolante in cui va tutto bene. Assolutamente no. Vuol dire che noi dobbiamo pensare a quali cose fare oggi per stare meglio domani, cioè rispetto alle grandi sfide che abbiamo: il cambiamento climatico, la crisi economica, la sovrappopolazione. Ci sono le nuove generazioni in cui io credo moltissimo e credo che i giovani li dobbiamo sostenere il più possibile invece che continuare a criticarli in maniera sterile perché comunque poi dipenderà da loro e dobbiamo avere fiducia in ciò che faranno.

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