“Ci sono cose che un meccanico di bici oggi non può fare: se un cambio elettronico ad esempio non carica la batteria per un problema di massa, non c’è nulla che puoi fare, devi rimandare tutto al costruttore”, è quanto mi ha detto Samuele Roda in un’intervista preliminare all’evento della Camera di Commercio di Milano “2 Ruote, 1000 Lavori”.
E, sinceramente, non è la prima volta che mi capita di imbattermi in voci critiche rispetto alla componente elettronica delle biciclette: basta farsi un giro per i forum specializzati per raccogliere testimonianze di ciclisti rimasti a piedi a causa di un contatto, di una batteria scarica o di un’interferenza.
Non sto parlando di professionisti che vogliono vincere la Parigi-Roubaix, ma di comuni mortali come me e come te che hanno dovuto telefonare a casa per farsi venire a prendere o che hanno pedalato gli ultimi 30 km con il deragliatore inchiodato sul 22 o sul 12.
È il caso di Dino Lanzaretti, cicloesploratore che ha viaggiato il mondo in bicicletta in lungo e in largo per poi ritrovarsi a condividere nel suo ultimo post su Instagram l’incubo di doversi ritrovare a hackerare il proprio deragliatore elettronico che lo aveva abbandonato nel mezzo della Bolivia.
Quello che viene da pensare è che la tecnologia elettronica non sia ancora matura per il mercato, nonostante sia presente da più di 15 anni.
E la dimostrazione sono state le ultime Olimpiadi di Parigi 2024: nella MTB sia maschile che femminile le gare sono state dominate da atleti che hanno preferito la trasmissione tradizionale meccanica a quella elettronica, ma forse è un caso. Però viene da farsi una domanda: se la trasmissione elettronica è il meglio disponibile, perché i professionisti ancora preferiscono la trasmissione meccanica?
Quello che sicuramente non è un caso è che anche Omar Di Felice nei suoi due tentativi di attraversamento dell’Antartide in bicicletta ha deliberatamente evitato ogni componente elettronica (che subisce drammaticamente le temperature estreme) per affidarsi al vecchio caro cavo meccanico che fa sempre il proprio sporco lavoro.
E quindi vale la pena tornare alla domanda del titolo: “A chi serve tutta questa elettronica nel mondo delle biciclette?”. E la risposta sembra essere soltanto una: “Ai produttori di componentistica” che, in questo modo, possono aumentare i prezzi e possono raccontare all’amatore evoluto che non vede l’ora di dimostrare ai compagni di pedalata di essere sempre al passo coi tempi che è arrivato il momento di cambiare nuovamente la bicicletta e di metterla al passo con la nuova tecnologia.
A noi invece, ciclisti di tutti i giorni e non solo della domenica, serve componentistica affidabile e che mantenga la promessa: di portarti dove vuoi e andare in qualunque situazione possibile immaginabile.
Sinceramente non riesco proprio a capire a cosa serve avere il cambio elettronico: a farci fare meno fatica con le dita? Sono pienamente d’accordo con quanto scritto nell’articolo: “serve solo ai produttori di componentistica” e a fare i gradassi con gli amici. Tutta fuffa!
buon giorno, personalmente sono 55 anni che vado in bici e ho sempre pedalato con cambio meccanico, e continuerò così l’elettronica a parer mio va bene per chi fa agonismo, e poi c’è la solidità della meccanica contro l’elettronico, un saluto a tutti.
Pienamente d’accordo ho tre bici ciclocross MTB e corsa tutte rigorosamente cambio meccanico, amici miei spesso hanno dovuto chiamare casa o tornare a casa con grosse difficoltà avendo l’elettronica con tutto questo la tecnologia giustamente va avanti e andrà migliorata.