Cicloturismo: viaggio in bici.
“Non è questo il punto. Senti, partiamo!” “Partiamo?” “Partiamo, accidenti a te, partiamo!” urlò.
(Jack Kerouac, Sulla Strada)
Ok, abbiamo deciso di partire in bici. Ogni volta che prendo questa decisione, una scarica di adrenalina mi attraversa la spina dorsale, non importa la distanza che mi separerà da casa. E questo stato di frenesia mi tiene compagnia dal momento della decisione fino a quello della partenza. Ma come si occupa quello spazio in mezzo a questi due punti, in attesa di calcare il pedale e sforzare le pedivelle?
Con una delle fasi più stimolanti, quella della pianificazione.
Pianificare un viaggio in bici può essere pura poesia, ti fa viaggiare con la mente e pregustare ciò che andrai a vivere con l’aria fresca in faccia, coniuga il lato immaginifico con quello razionale e logistico.
Certo, ci sono viaggiatori che non immaginano minimamente dove la strada li porterà, e ne fanno una scelta di vita. Ma sapere cosa ci aspetta è sempre una buona prassi, specie se non abbiamo una grande esperienza.
E così, consci del fatto che un viaggio in bici è sempre un enorme contenitore di future e imprevedibili esperienze, possiamo cercare perlomeno di programmare quanto di quel contenitore è programmabile. E lasciare il resto al caso – e non potrà che essere meraviglioso.
Pianificare un cicloviaggio: come, dove, perché
Quando decido di partire in bici – ed è un’attività che prende ormai da una quindicina d’anni quasi tutto il mio tempo libero, estate, ponti e weekend vari – immagino sempre un simbolismo. Una mèta, una linea, un respiro da seguire. E poi, che gusto valicare quel passo appeninico, ripercorrere quel cammino, unire i punti dall’1 al 56 per vedere apparire una simpatica scenetta! In altre parole, dare un senso al nostro viaggiare.
Quando ci troviamo di fronte al nostro foglio bianco delle possibilità, l’orizzonte è l’unico limite, e scriverlo prima di partire è già parte del partire stesso. Ci sono comunque vari gradi di libertà alla pianificazione di un viaggio in bici, che possiamo riassumere così, dal più strutturato al più into the wild:
- servirsi di un tour operator e di un suo pacchetto di viaggio già organizzato; siamo nell’ambito del turismo in bici, ottimo per iniziare, già testato e assistito. Il vantaggio è la sicurezza e il fatto che qualcuno abbia già previsto per noi tappe e logistica. Il (potenziale) svantaggio è che ci serviamo di qualcosa di già preconfezionato;
- optare per un itinerario ciclabile famoso e strutturato, ma farlo in autonomia: chi non conosce il Camino de Santiago o la via Francigena? A parte i cammini di fede, esistono innumerevoli ciclovie sparse per l’Europa e il mondo, già attrezzati e sicuri. Molte di queste sono ricavate lungo il corso di fiumi o vecchi tracciati ferroviari; il vantaggio di questa scelta consiste nel percorrere coi propri tempi una strada pensata appositamente per il cicloturismo;
- pianificare noi stessi un itinerario, immaginare un viaggio in funzione della meta o della regione che vogliamo attraversare e non del fatto che esista già qualcosa di pronto. Non ci dimentichiamo che la bici è un mezzo di spostamento, e in quanto tale ha il pieno diritto di sfruttare la rete stradale. Anzi, è proprio la rete stradale provinciale, quella fatta di strade snobbate dal traffico di massa, dove passa un’automobile ogni mezz’ora, a essere il territorio ideale del cicloviaggiatore. Va da sé che questa è la soluzione che preferisco, e ne vedremo il motivo nel paragrafo successivo;
- ragionare per macro-aree, prendere e partire: quest’ultima opzione appartiene ai cicloviaggiatori di lungo corso, quelli che non hanno molti problemi di tempo o di primo approccio. Si ragiona per meta, non importa quanto ci vorrà, né si sa in anticipo se ci sono altimetrie o che strada si fa.
La scelta dell’itinerario: i parametri
La fantasia
Di solito quando scelgo la mia prossima meta in bici penso sempre a un filo conduttore, un tema, un ideale. Il viaggio a pedali è un po’ una liturgia, ha una sua ritualità e va celebrato, altrimenti diventa allenamento fine a sé stesso oppure mero spostamento. Intanto, linee e non cerchi: anche se pianificare un viaggio ad anello può avere una serie di comodità logistiche come la coincidenza del punto di andata e quello di ritorno, non possiamo davvero dire di essere viaggiatori se non compiamo una distanza da A a B. Per questo motivo preferisco idealmente gli itinerari lineari, ti danno una maggiore sensazione di attraversamento. Anche le città di partenza e quelle di arrivo dovrebbero essere simboliche, iconiche, stuzzicare un immaginario nella nostra testa che metta in moto le gambe e la voglia di arrivarci.
In mezzo poi cerco sempre di mettere qualche valico o una scalata. Possiamo davvero dire di essere stati in Sicilia senza aver affrontato l’Etna, o in Grecia senza aver imprecato sull’Olimpo?
La logistica
Dopo il primo parametro – per me fondamentale ma strettamente soggettivo – della fantasia, occorre considerare quello della logistica: raramente è consigliabile partire da casa propria in bici, e specie se si ha un numero di giorni limitato a disposizione, è consigliabile prendere in considerazione i mezzi di trasporto utili per raggiungere la nostra partenza e destinazione con bici al seguito. Sotto questo aspetto, treni regionali e traghetti sono sempre ottimi alleati, dato che hanno modalità di trasporto bici molto semplici. Anche alcuni servizi su gomma come Flixbus consentono il trasporto bici su prenotazione.
Meno immediata la questione su aerei e treni veloci, che impongono lo smontaggio e l’imballaggio della bici in scatoloni di cartone o custodie apposite. Anche se in molti casi quest’ultima è una scelta inevitabile, porta con sé una serie di scomodità pratiche (reperire i cartoni per imballare la bici, considerare i tempi di smontaggio e rimontaggio, sperare che la bici non venga danneggiata lungo il trasporto in aereo, ecc.). E anche ideali (se vogliamo viaggiare lenti, un aereo o una freccia diventano automaticamente mezzi “meno onesti”).
Il tempo e le tappe
Un terzo parametro è meramente matematico: una volta alimentato il fuoco della fantasia, del dèmone del viaggio, e soddisfatti i requisiti di trasporto, tocca fare i conti con il calendario. A meno che il viaggio non sia una scelta di vita, infatti, il tempo da passare in sella equivale a quello delle ferie. O in alcuni casi, a weekend lunghi in stile mordi-e-fuggi. Per questo motivo, adotto un principio molto semplice:
- traccio la mia linea immaginaria su uno dei tanti router gps online (Viewranger, Komoot, Mapmyride, Orux maps, ecc.), annoto il totale dei km e dei metri di dislivello;
- decido quanti km voglio fare al giorno, e divido il totale per questo numero, ricavando così il numero di giorni di pedalata – questo è un parametro variabile a seconda della voglia e del livello di allenamento: per iniziare, 40 km al giorno sono un buon compromesso tra ciclismo e turismo, con le dovute pause e visite lungo il tracciato; in generale, tra i 40 e i 120 al giorno si ha modo di godere dell’inmezzo di cui siamo in cerca, oltre diventa più ciclismo che turismo;
- aggiungo giorni di riposo a seconda dei luoghi che vorrei visitare;
- una volta ottenuto il numero di giorni orientativo che richiede il nostro viaggio, mi dedico a suddividerlo in tappe, cercando di utilizzare campeggi o posti buoni per il pernotto come punti di riferimento, di pensare eventuali salite nei momenti opportuni della giornata, ecc.
In linea di massima, mi piace fare programmi dettagliati che poi non riesco a rispettare. Quando studiamo un percorso sulla carta, la nostra ipotetica media di viaggio da wannabe-Pantani si scontra con la cruda realtà, fatta di temporali improvvisi, sbagli di strada, sterrati o deviazioni impreviste, banchetti di matrimonio, problemi meccanici o tuffi irrinunciabili. Se si vuole essere realisti, e non importa l’allenamento o il ritmo, la velocità media di crociera è di 10 km all’ora. Scarsi. No, non fate quella faccia, potete pure tenere i 30 all’ora, ma quando si viaggia lo sport non conta.
Le salite, croce&delizia
Ovviamente nel discorso delle distanze subentra un ultimo, implacabile parametro: la Salita, croce e delizia di ogni ciclista. Partiamo da un assunto fondamentale: la salita purifica. Il ricordo di una bella salita è sempre positivo, al netto delle imprecazioni lanciate sul momento. E in più, quando pedaliamo a carico le pendenze assumono un’altra valenza, che va dall’ascesi alla penitenza. Vale pertanto la pena quantificare in anticipo il dislivello accumulato nel corso di ciascuna tappa (i suddetti router gps lo calcolano con facilità!), cercando di valutare su base oggettiva la propria percezione soggettiva di difficoltà. Io, per esempio, sono arrivato a classificarle con questo range:
- 0 > 300 m+ facile: in questa fascia parliamo di pianura;
- 300 < 800m+ medio: tappe collinari con saliscendi o brevi salite;
- 800 < 1500m+ impegnativo: tappe montane con valichi da superare;
< 1500m+ molto impegnativo: per gli amanti della sofferenza.