Mi definisco un ciclista della domenica, di quelli che si lasciano distrarre da una nuvola bizzarra, dal profumo del tiglio o dalle rosse amarene di giugno. Estate e ferie, binomio perfetto, ma stavolta è diverso, niente programmi, solo tanta voglia di sentire il caldo sulla pelle e il vento nelle orecchie, tanta voglia di essere e sentirmi leggero.
Cartina alla mano, disegno il mio viaggio, che sarà da Castelnuovo Bocca d’Adda a Monaco di Baviera, né troppo lontano né troppo vicino, con una sola grande incognita, l’attraversamento delle Alpi! Andrea, mio fratello nonché (valido) gregario non sarà dalla mia parte causa lavoro, andrò da solo. Inforco la fidata Wilier Triestina e mi lascio Castelnuovo alle spalle, direzione nord!
La Pianura Padana si lascia percorrere tra dorati campi di frumento, moscerini e afa sino alle nobili colline della Franciacorta. Da lì risalgo il lago d’Iseo lungo la suggestiva sponda bergamasca giungendo a Lovere, dove risiedo e lavoro come Urologo. Il giorno seguente l’operosa Valcamonica mi accompagna per buona parte della mattina. A Edolo penso che il passo Aprica sia troppo facile (male!).
Le gambe girano bene, ok, sarà Gavia. Giunto a Ponte di Legno svolto sulla SP29 e affronto il gigante tra visioni mistiche e muri di neve sino ai 2652 mt del passo. Vista la temperatura di soli 3 ºC (che freddo!) mi copro e plano sulla Valfurva e quindi Bormio, dove il pizzocchero e un buon sonno ristoratore mi attendono. L’indomani, da buon ciclista della domenica, esagero a colazione, mentre comincio l’ascesa verso il più alto valico automobilistico d’Italia (e secondo in Europa), sua maestà lo Stelvio.
Due ore di fiatone e stridore di catena per toccare il cielo con un dito; per la discesa invece mi affido ai morbidi tornanti svizzeri dell’Umbrailpass, che mi riconducono sino alla Val Venosta. Pranzo nel gioiellino medievale di Glorenza, poi risalita ostica (gambe legnose!) al passo di Resia, costeggiando l’omonimo lago col celebre campanile, ahimè in secca. Finalmente sono in Austria, pernotto a Pfunds, caratteristico borgo che sonnecchia sulle rive dell’Inn.
A colazione un tedesco con sandali e calzini mi fissa, non a torto. Sono io che non mi attengo al dress-code, in questo caso. Salto in sella in modalità crono per infilzare il Tirolo da sud a nord come uno spiedino. Il Fernpaß non fa paura e una volta conquistata la vetta sento il richiamo dei malti bavaresi, Deutschland! All’ombra dello Zugspitze la bella Garmisch-Partenkirchen saprà dissetarmi a dovere.
Cento chilometri e un dolce dislivello negativo mi separano da Monaco. I battiti cardiaci aumentano, stavolta non è fatica, ma emozione che cresce all’avvicinarsi della meta. La bici sembra volare. All’improvviso l’unico rumore che sento è quello del vento che scuote le fronde color smeraldo sopra la ciclovia. Marienplatz, ce l’ho fatta.
Giunto alla destinazione porto con me 5 giorni e oltre 500 km di sole, montagne e borracce asciugate. Ho condiviso tante piccole parti del mio viaggio con pedalatori e ciclisti come me. Un puzzle che solo l’andamento lento della bicicletta può comporre.
Scriveva Eduardo Galeano: “L’utopia sta all’orizzonte. Mi avvicino di due passi e lei si allontana di due passi. Faccio dieci passi e l’orizzonte si allontana di dieci passi. Per quanto cammini non la raggiungerò mai. A cosa serve l’utopia? A questo: serve a camminare…”.
[Mattia Rossini]