Storia ed evoluzione della handbike

C’era una volta, in un paese non molto lontano, un esperto orologiaio… questo potrebbe essere l’inizio perfetto di questo articolo, perché la nascita dell’handbike è più vecchia di quanto ci si possa immaginare e, addirittura, precedente all’invenzione della carrozzina così come noi la conosciamo oggi.

Era il 12 Novembre del lontano 1633, quando nei pressi di Norimberga (Germania) nasceva un tale di nome Stephen Farfler. Crescendo divenne un esperto orologiaio con la passione per le invenzioni ma a causa di un incidente a 22 anni rimase paralizzato agli arti inferiori. Il suo desiderio di rimanere indipendente negli spostamenti, unito alla sua grande inventiva gli permise di ideare e creare nel 1655 il primo modello di carrozzina a propulsione manuale. Il dispositivo più che essere accomunato ad una carrozzina poteva rappresentare proprio il primo precursore di handbike.

Il disegno del primo modello di handbike della storia. (1655, Stephen Farfler, Norimberga, Germania)

Il disegno del primo modello di handbike della storia. (1655, Stephen Farfler, Norimberga, Germania)

In realtà, come molte delle invenzioni della storia, anche quella di Stephen non ebbe poi il successo che meritava. In quegli anni le cure mediche non erano certo evolute come ai nostri giorni e una disabilità come la paralisi degli arti inferiori non garantiva sicuramente una lunga aspettativa di vita. I disabili erano quindi relegati nelle loro abitazioni e raramente nasceva l’esigenza di spostamenti nelle città e nelle abitazioni, costruite con “mille” barriere architettoniche, impossibili da superare.

Bisogna perciò arrivare al secolo scorso, ben 300 anni dopo la nascita di Stephen, per constatare la nascita di un movimento che porterà al riconoscimento ufficiale dello sport per disabili. Infatti negli anni ‘40 Ludwig Guttman (1899 – 1980), medico neurochirurgo e direttore del National Spinal Injures Centre dell’ospedale Stoke Mandeville, vicino a Londra, operando con soldati reduci della seconda guerra mondiale, si rese conto dell’importanza della pratica motoria e sportiva per la loro riabilitazione e reinserimento nella società. I benefici si riscontravano soprattutto per la prevenzione e la terapia degli effetti provocati dall’inattività quali la perdita di massa muscolare, massa ossea, piaghe da decubito oltre che benefici psicologici. Grazie allo sport i pazienti di Gutmann rinforzarono non solo la muscolatura delle braccia e delle spalle, raggiungendo risultati di molto superiori a quelli della chinesiterapia, ma ritrovarono anche la voglia di vivere e la volontà di essere attivi. Guttman fu anche l’ideatore dei primi giochi paralimpici non ufficiali che nel 1948 si svolsero a Stoke Madeville in contemporanea alle olimpiadi di Londra e che solo nel 1960 a Roma vennero per la prima volta ufficialmente svolti e denominati giochi paralimpici.

La sfilata della nazionale italiana alla cerimonia di apertura a Roma 1960

La sfilata della nazionale italiana alla cerimonia di apertura a Roma 1960

A testimonianza poi che l’handbike sia disciplina recente, è sufficiente sapere che la prima federazione (European Handbike Circuit) venne fondata in Belgio solo nel 2001 dai comitati delle nazioni più attive nel settore: Belgio, Austria, Francia, Germania, Olanda e Svizzera. Negli anni successivi altre nazioni si aggiunsero, il nome della federazione cambiato nel 2005 in European Handcycling Federation e la sede trasferita dal Belgio all’Italia nel 2009. Attualmente la EHF è composta da 14 stati membri, vale a dire: Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Polonia, Spagna, Svizzera, Regno Unito ed Emirati Arabi. Negli Stati Uniti l’equivalente associazione venne fondata nel 1998 prendendo il nome di United States Handcycling Federation (USHF) con sede in Colorado.

Ai giochi olimpici l’handbike apparve per la prima a volta ad Atene nel 2004. I mezzi erano “rudimentali” se confrontati con quelli del giorno d’oggi, poco individualizzati e non tenevano conto del tipo di lesione di chi li usava. I telai erano in alluminio e non presentavano particolari accorgimenti per la riduzione di peso, della resistenza aerodinamica e della resistenza al rotolamento. Gli atleti gareggiavano in due categorie, sulla base delle capacità residue, e su due competizioni diverse: gara individuale e gara cronometro. In quella edizione nemmeno un italiano riuscì a salire sul podio.

Medagliere delle 4 gare di handbike ad Atene 2004

Medagliere delle 4 gare di handbike ad Atene 2004

L’approdo alle olimpiadi però favorì, come ovvio, lo sviluppo del movimento e l’interesse verso la disciplina portando un aumento notevole nel numero di partecipanti e un notevole sviluppo tecnologico dei mezzi utilizzati. A Pechino 2008 esordirono le donne, e le medaglie assegnate da 4 passarono a 8. Vittorio Podestà fu il primo italiano a salire sul podio in una gara di handbike, conquistando un argento nella gara cronometro individuale.

Medagliere di Pechino 2008

Medagliere di Pechino 2008

E’ dalla fantastica paralimpiade di Londra però, che in Italia, la disciplina dell’handcycling conquista la ribalta grazie alle sorprendenti prestazioni di Alex Zanardi che si aggiudica due medaglie d’oro ed un argento. Continuano ad aumentare le medaglie a disposizione degli atleti, da 8 a 12, le donne iniziano a gareggiare suddivise in categorie ed esordisce la spettacolare sfida a staffetta mista. Dal 2012 praticamente tutti iniziano ad associare la pratica dell’handbike ad Alex Zanardi.

Le olimpiadi di Londra 2012  sanciscono i primi successi azzurri

Le olimpiadi di Londra 2012 sanciscono i primi successi azzurri

Si giunge quindi a pochi mesi fa, a Rio 2016, con le competizioni che diventano 13 e con l’Italia a farla da padrone, classificando atleti sul podio in quasi tutte le categorie e vincendo anche la medaglia d’oro nella gara a squadre. Zanardi svolge sempre il ruolo di grande catalizzatore dell’attenzione dei mass-media ma anche altri atleti, come il “solito” Vittorio Podestà e la fenomenale Francesca Porcellato, si fanno ormai conoscere ed è frequente leggere o sentire loro interviste sui giornali ed in TV.

L'Italia come nazione di riferimento a Rio 2016

L’Italia come nazione di riferimento a Rio 2016

Alle ultime olimpiadi si sono viste handbike che sono solo lontane parenti di quelle che esordirono ad Atene nel 2004. Tutto è cambiato e si è evoluto con una progressione molto rapida pari a quella delle biciclette da corsa impiegate nelle competizioni dei professionisti.

Una handbike ad Atene 2004 (sinistra) e a Rio 2016 (destra)

Una handbike ad Atene 2004 (sinistra) e a Rio 2016 (destra)

Come si può ben vedere dall’immagine che mette a confronto un mezzo ad Atene 2004 con uno a Rio 2016, il posizionamento degli atleti è cambiato a favore di una posizione sempre più orizzontale e di conseguenza aerodinamica; il baricentro della handbike si è abbassato ed il telaio è passato dall’alluminio al carbonio per cercare di ridurre il peso del mezzo. Le ruote posteriori hanno perso la “scampanatura” per dare maggiore rigidità al mezzo ed una maggiore reattività nelle curve e nei “rilanci”. Sono comparsi i profili aerodinamici sui cerchi a loro volta di carbonio; sono scomparsi i cavi che dalle manopole controllano i rapporti, che sono diventati wireless; le corone ed il pacco pignoni vengono cambiati di volta in volta in funzione del percorso da affrontare. Caschi ed occhiali degli atleti sono pari a quelli dei ciclisti impegnati nelle prove cronometro, dove ogni dettaglio è curato in modo maniacale. Ad evolvere inoltre sono state le metodologie di allenamento e l’approccio degli atleti, sempre più professionale e specifico alla pratica dell’handcycling.

E il futuro? Già si iniziano a vedere case produttrici che cercano di innovare modificando la geometria del telaio e che sostituiscono le ruote posteriori con ruote più piccole per la riduzione dei pesi e per una maggiore reattività del mezzo. Le pedivelle vengono accorciate sempre più per permettere minori escursioni articolari di spalle e gomiti e rendere l’atleta più raccolto ed efficace su lunghi rettilinei dove non servono brusche accelerazioni o frenate. Alcuni atleti hanno iniziato ad adottare corone ovoidali che siano di aiuto alla pedalata nel “punto morto” della spinta. E comunque l’evoluzione delle handbike andrà di pari passo con quella delle biciclette da corsa, adottando le soluzioni più evolute che consentiranno di migliorare e ottimizzare le prestazioni.

Nel prossimo articolo cercheremo di capire quali sono gli aspetti e i dettagli tecnici da tenere in considerazione quando si decide di acquistare una handbike.

Commenti