Ciclabili e disabilità. Il tema della mobilità in bicicletta in città è sempre molto dibattuto e, spesso, la discussione si polarizza: da un lato i fautori dei percorsi protetti per le bici (e non solo), dall’altro coloro che considerano le ciclabili come infrastrutture che “tolgono spazio” alla viabilità principale e creano problemi, soprattutto in città. Su Bikeitalia abbiamo sviscerato il tema in numerosi articoli, analizzando il perché e il per come le ciclabili debbano essere realizzate, riportando le migliori esperienze internazionali e criticando quelle fatte male che possono creare conflitto di utenza, come in molti casi fanno i percorsi ciclopedonali sul marciapiede.
Ma il tema delle ciclabili si presta ad essere affrontato anche da un altro punto di vista, quello delle persone con disabilità: per farlo Bikeitalia ha fatto una chiacchierata con Andrea Brigatti, classe 1967, che da 20 anni – in seguito a un incidente stradale – è in sedia a rotelle e ha dato vita al progetto inclusivo Cadamà di barche a vela adatte a persone con disabilità ed è anche un handbiker.
Ciclabili sì, ma inclusive
Andrea al telefono è un fiume in piena e mette subito in chiaro una cosa: “Le ciclabili a noi servono: soprattutto quando portiamo un’handbike e siamo più in basso di una bici tradizionale. Avere una corsia protetta dove poter pedalare senza fermarmi e senza rischiare la pelle fa comodo. Ma, spesso, in città non sono considerate se non intorno al parco”.
E qui entra in gioco un altro grande tema, quello delle barriere architettoniche e dell’autonomia degli spostamenti: “Io da ciclista-disabile sono più largo di una bicicletta normale e se all’ingresso della ciclabile ci mettono dei paletti con la handbike o in carrozzina non ci passo. E purtroppo per noi non c’è neanche una segnaletica dedicata. Per non parlare delle ciclabili che finiscono sul marciapiede dove magari nel mezzo c’è un palo della luce”, sottolinea Andrea.


Molto spesso la progettazione delle ciclabili non tiene conto delle esigenze delle persone con disabilità e questo rappresenta un enorme problema che non le rende accessibili: “Cose fatte con buona volontà ma senza cognizione di causa. Anche per le ciclabili bisognerebbe utilizzare uno standard tarato sulle persone disabili: se ci passo io ci può passare chiunque, altrimenti se la ciclabile non mi dà la possibilità di accedere e di uscire facilmente in autonomia diventa una trappola”, e Andrea parla con cognizione di causa visto che una volta a causa di un piccolo cordolo al termine di un percorso ciclabile è dovuto tornare indietro di 10 chilometri per poter uscire: “Quello che per una persona normodotata è un semplice scalino per una persona con disabilità è una barriera insormontabile”.
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Parlando di ciclabili in Italia il paragone con un Paese più avanzato ciclisticamente come l’Olanda è scontato, lì le ciclabili oltre a rappresentare una rete connessa sono molto utilizzate anche dalle persone con disabilità proprio perché ci si riesce a spostare da soli, in autonomia: “L’Olanda è piatta, facile e gestibile: ma c’è anche un’altra mentalità. Se anche Milano, città dove vivo, creasse percorsi inclusivi ci permetterebbe di vivere meglio”.
“In bici ho riconquistato la mia voglia di libertà”
La bici per Andrea è stato uno strumento per riconquistare la libertà, dopo l’incidente del 2003: “Grazie alla bici ho riconquistato quella che era la mia passione, la mia libertà: il viaggio. Prima dell’incidente avevo girato il mondo in moto. Tra i progetti che ho ora ci sono uscite lunghe in handbike di 5 giorni, ma spesso alberghi e ostelli non sono accessibili e la logistica è complicata. In vista delle Olimpiadi e Paralimpiadi Milano-Cortina 2026 ho studiato un progetto ‘barca e bici’ lungo il Po per arrivare Venezia: è abbastanza fattibile, non è che vogliamo la luna. Ma bisogna volerlo fare”.
Inclusività e autonomia
C’è poi tutto il filone che riguarda la sicurezza stradale e qui da noi in Italia è un nervo scoperto, vista l’alta frequenza di incidenti e la sistematica violazione delle regole, prima tra tutte la distrazione causata dall’uso del cellulare: “Davanti a casa mia ci sono le strisce pedonali: quando attraverso ringrazio ma non so se sto ringraziando l’automobilista che si è fermato o la Dea Fortuna che mi ha permesso di attraversare, perché davvero a volte sembra di lanciare la monetina”.
Cicloturismo accessibile
Infine c’è anche il tema del cicloturismo accessibile: fatto a misura di persone con disabilità che possono fare dei percorsi in handbike anche in autonomia. In Italia siamo ancora indietro, però come sottolinea Andrea Brigatti – che ringrazio per la disponibilità e per gli spunti che ha dato su questo tema – c’è una nicchia di mercato (in espansione) che sarebbe interessata: “I disabili non sono quattro gatti: rappresentano quasi il 10% della popolazione e in futuro saranno di più perché come popolazione stiamo invecchiando”. E un grande progetto di inclusività per il cicloturismo in Italia potrebbe essere quello di rendere totalmente accessibile la Via Francigena: una dorsale per i viaggiatori in bicicletta che diventerebbe anche un corridoio cicloturistico davvero per tutti.
io uso una carrozzina con motore elettrico (klaxon click) e trovo gli stessi problemi. purtroppo manca la visione a 360º