Provate a fermarvi ad osservare una bici. Nel guardarla così superficialmente sembrerebbe un banale strumento di trasporto, ma provate ora a salirci in sella per andare al lavoro, per andare a fare la spesa, per andare a trovare una persona cara, per fare una nottata fuori, per vedere l’alba, andate dove volete. Ma fatelo, fatelo giorno dopo giorno, vi assicuro che poi la guarderete con occhi diversi.
Quest’inverno avevo bisogno di scappare dalla routine e non volevo nessun compagno di viaggio se non la mia bicicletta. Avevo bisogno di nuove avventure in un paese a me sconosciuto, di superare i miei limiti, di mettermi alla prova, di creare nuovi sogni e di vivere esperienze uniche.
Ed ecco che senza pensarci due volte la meta eletta fu Tenerife, l’isola più grande e più in salita dell’arcipelago. Famosa grazie al suo vulcano Teide, la montagna più elevata della Spagna (3.718 m s.l.m.), alle sue temperature fantastiche tutto l’anno e alle spiagge idilliache.
È stato un po’ difficile programmare un viaggio in sola modalità bikepacking. Le rotte proposte sono per lo più per bici da corsa da fare in giornata o per MTB solo in alcune zone dell’isola. La mia idea era diversa, volevo esplorarla il più possibile solamente pedalando. Ho consultato il sito (webtenerife.com) e, una volta scaricate tutte le tracce, ho cercato di unirle per creare un giro circolare antiorario, fondamentale per avere sempre l’oceano vicino. Ho deciso di passare le notti principalmente in guest house e ostelli per avere modo di socializzare e conoscere gente da tutto il mondo. L’idea di scegliere Tenerife come mèta di viaggio è stata dettata anche dalla sua fama per la sicurezza stradale. Le strade sono ben asfaltate e si trovano sempre cartelli enormi che avvisano gli automobilisti della presenza dei ciclisti e di eventuali rotte ciclistiche.
Si parte! Dopo un lungo volo di quattro ore e una bella levataccia, sono partita da Playa de Las Americas, in direzione Granadilla de Abona, un piccolo borgo poco conosciuto dell’isola, seguendo l’inizio della TF28, una delle strade storiche. La parte sud dell’isola è sicuramente la più turistica specialmente dovuto alle sue innumerevoli spiagge e il clima caldo tutto l’anno. Non sono una big fan dei luoghi super affollati e per questo ho cercato i luoghi più isolati e tranquilli.
Il secondo giorno aveva come meta San Cristobal della Laguna, l’ex capitale dell’isola e Patrimonio dell’Unesco. Qui ho deciso di fermarmi due notti per visitare l’indomani il Parco dell’Anaga, che con le sue vette frastagliate, gli esemplari di laurisilva e le profonde verdi vallate mi ha lasciata letteralmente a bocca aperta. Dopo le numerose salite mi sono deliziata con una pausa nella spiaggia de Las Teresitas, un’enorme spiaggia bianca con sabbia importata dal Sahara.
Il quarto giorno mi ha portata nel nord-est a Garachico lungo la TF5, una strada molto trafficata e non tranquilla come la rotta ciclistica TF28. Ho avuto modo di poter visitare, seppur brevemente, la Orotava, una delle più belle località storiche, Puerto de Santa Cruz e los Realejos con la sua magnifica Playa del Socorro. Giunta a Garachico mi sono ritrovata in un ostello dove ero l’unica ospite e ho potuto riposare e riprendere forza per affrontare le salitone di Masca. Garachico odora di storia, era infatti il porto più importante e prospero dell’isola finché la furia del vulcano Trevejo la distrusse quasi completamente nel 1706.
Il quinto giorno è stato il più pesante ma sicuramente il più divertente dei giorni che aspettavo per sentire la fatica, il sudore, per vedere quelle pendenze e superarle con tutta la mia forza. Era il giorno delle salite di Masca. Questo villaggio difficile da raggiungere conta poco più di cento abitanti, sorge tra le cime del Macizo del Teno. È difficile poter raccontare le bellezza dei suoi panorami. La destinazione finale del giorno era poi Puerto de Santiago che, oltre ad avermi offerto rilassanti discese, mi ha deliziato di un bellissimo tramonto sull’isola de la Gomera.
Ricordo l’ultimo giorno quasi come una domenica d’estate. Dopo colazione mi sono rilassata nella Playa de la Arena, una spiaggia di sabbia vulcanica nera per preparami a raggiungere il punto di partenza e ad assaporare per l’ultima volta la brezza dell’oceano e i 24 gradi di novembre. Vi chiederete ora perché già che c’ero non sono salita sul Teide. Questa è una scelta voluta in effetti.
L’isola mi è piaciuta così tanto che ho voluto lasciarmi qualcosa indietro per avere un motivo valido per ritornarci!
Che dire: si pedala, si pensa, ci si concentra, si osserva quello che ci sta intorno, si ascolta e ci si ascolta. Quante cose succedono in bici. Giorno dopo giorno, diventa un prolungamento del corpo. Pedalare è anche rispetto dell’ambiente. I miei 283 km e 6.220 metri di dislivello sono stati a zero emissioni di CO2 regalandomi però momenti unici e indimenticabili. Pedalare è anche sentirsi parte di un gruppo, di una comunità di persone che condividono la passione delle due ruote in tutte le sue forme. In questi cinque giorni, non mi sono mai sentita sola.
Il mio consiglio? Viaggiate, scoprite, pedalate, superate i vostri limiti, sempre.
[Giulia Baroncini]