Il Ghisallo, Fiorenzo Magni, il Giro delle Fiandre

Il Ghisallo, Fiorenzo Magni, il Giro delle Fiandre

museo-ghisallo

Come abbiamo raccontato qui e anche qui i fiamminghi vivono in maniera appassionata e vivace la loro gara e lo abbiamo capito bene alla festa del centenario. Ma cosa c’entra il Santuario del colle del Ghisallo con le Fiandre e Fiorenzo Magni? Nella foto vediamo la vittoriosa volata di Magni alla sua prima partecipazione al giro delle Fiandre nel 1949. Andò solo a disputare la gara, senza squadra e con un solo meccanico e vinse. Nel 1950 e nel 1951 vinse per distacco rimanendo, a tutt’oggi, unico campione ad aver vinto quella gara per tre volte consecutive: gli valse il titolo di leone delle Fiandre. Fu lui che volle la costruzione del museo del ciclismo, proprio sul Ghisallo dove c’è sempre stato il Santuario della Madonna del Ghisallo pieno di biciclette in cima ad una salita impegnativa e molto panoramica. Nel 1948 fu proclamata Patrona dei ciclisti da Pio XII. In cima a questa salita si sono decise gare come il giro di Lombardia, il Giro d’Italia ecc…lo abbiamo salito dal lato di Onno sulla sponda occidentale del lago di Lecco. L’occasione della visita è stata l’inaugurazione di una mostra fotografica di Angelo Fiorillo sul Giro delle Fiandre che rimarrà aperta fino al 1°settembre 2013 nel contesto del museo: posto più significativo non si poteva ovviamente scegliere.

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Ecco il percorso andata e ritorno dalla stazione di Lecco, un percorso molto bello fino a Valbrona ma disturbato dall’attraversamento di due lunghe gallerie appena dopo Lecco. La salita da Onno si presenta impegnativa e per metà a picco sul lago, poi entra in un tunnel verde fino a Valbrona dove esiste una bellissima fontana del ciclista con tanto di panchine in acciaio e rastrelliere, acqua buonissima.

ciclisti

Due km dopo ci si innesta nella trafficatissima (almeno di sabato) provinciale che arrivando da Asso conduce fino a Bellagio transitando dal passo del Ghisallo. Non è per la verità un tratto adatto al cicloturismo ma a chi con i palmerini vuole il fondo liscio e infatti la stragrande maggioranza delle biciclette presenti al Santuario sono tutte bici da corsa.
Ecco alcune biciclette storiche presenti nella Chiesina del Santuario. La prima foto è di una bicicletta di Bartali. Da notare il cambio con il tenditore della catena. Per cambiare il ciclista doveva togliere la ruota, spostare la catena sul pignone desiderato, tendere la catena in modo corretto e ripartire.

bartali

gimondi

coppi

Sotto la bici del record dell’ora di Moser a città del Messico

moser

interno

Ecco l’interno del piccolo Santuario caro ai ciclisti che amano la bici da strada ed in Lombardia sono moltissimi. Partendo da questa tradizione, a cui Fiorenzo Magni era legatissimo, partì da lui l’idea di un museo del ciclismo nelle strette vicinanze del Santuario. La struttura si sviluppa per un piano a livello del Santurario come si vede a sinistra, ma poi, seguendo la pendenza del terreno continua per altri due piani verso il basso. Molto luminoso e pulito racchiude la storia del ciclismo professionistico e tutti i cimeli raccolti sono frutto di varie donazioni di campioni o di privati che ne erano in possesso a vario titolo.

esterno

Eccone alcuni interessanti che sono solo un assaggio che può essere invitante per una visita. Anche se non dedicato al cicloturismo, le nostre bici sono però il risultato di ciò che la competizione ha creato.

bersaglieriBicicletta pieghevole dei bersaglieri

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Questa bicicletta in titanio è un regalo ricevuto da Fiorenzo Magni che ha donato al museo. È una bicicletta molto tecnologica ma le ruote sono in legno, e i ferma scarpe sono tradizionali dei tempio del Leone delle Fiandre. Ha impresso al laser il tradizionale simbolo del leone fiammingo. Un giusto mix di moderno e ricordo.

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Questa invece è una classica bicicletta dell’esercito svizzero con cambio nel mozzo, freno a tampone sul davanti, a tamburo dietro, fondina della pistola e sella supermolleggiata.

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Una bella e stilosa bici pieghevole con un telaio veramente innovativa della metà del secolo appena trascorso. Colore anche insolito, e i “galletti” per svitare velocemente le ruote.

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Una bellissima Bianchi, restauratissima costruita da Edoardo Bianchi nel 1920 con cambio Margherita Vittoria e cerchi in legno.

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Anche questa, per quanto strano possa sembrare è una Bianchi. La sua costruzione risale al 1913 e non è ancora colorata con il classico verde turchese tipico e distintivo delle biciclette Bianchi.

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Ci sono inoltre le biciclette che, inforcate dai campioni, hanno vinto corse importanti: ecco qui la Colnago con cui Saronni con uno scatto imperioso vinse il campionato del mondo a Goodwood, Inghilterra nel 1982.

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Questa Legnano, pedalata da Ercole Baldini, vinse il campionato del mondo a Reims nel 1958: 276 km alla media oraria di 36,944 km/ora.
Molti campioni hanno inoltre regalato al museo le loro maglie rosa.

rosa

Ed è stata creata una apposita hall of fame. Ogni cartello racchiude la storia di uno dei 48 campioni scelti con i loro palmares.

palmares

E’ possibile inoltre conoscere la storia di tutti i campioni anche attraverso appositi touch screen. C’è pure anche una sala multimediale dove vengono trasmessi filmati d’epoca e recenti di varie gare ed interviste ai vari campioni.
Ma c’è posto anche per campioni sconosciuti come Libero Ferrario, primissimo italiano a vincere il Campionato del mondo di ciclismo su strada a Zurigo il 25 agosto 1923. Ecco la sua storica maglia.

maglia

E’ stata veramente una visita interessante che mi ha occupato per due ore, ma mi piacerebbe tornare per approfondire tutto quanto disponibile per tutti. Nel museo eravamo presenti solo io, tre giapponesi riservati e silenziosi e una suadra di amatori inglesi in giro per il lago. Ho chiesto ad una dipendente come va il museo. La sua risposta mi ha lasciato molto deluso: tutti gli italiani vogliono entrare senza pagare i 6 euro del biglietto. Gli stranieri invece arrivano preparati e riconoscono il valore. Nel tempo che sono stato li al santuario avrò visto un centinaio di ciclisti stradali italiani. Nessuno è entrato nel museo. Eppure hanno scarpe da 200 euro, bici da migliaia di euro in su, magliettine e completino da 100 euro, qualcuno di si vantava di quante migliaia di euro costassero le sue ruote al carbonio con cuscinetti in ceramica ecc…non voler conoscere la storia fa ripiegare su sé stessi. E di sé stessi erano i discorsi che si sentivano su quel piazzale. Difficilmente, in queste condizioni, si impara a vedere oltre il proprio naso. E’ anche per questo che la mostra del giro delle Fiandre non è da perdere: fa vedere un modo diverso, umano, popolare di vivere la bicicletta che difficilmente si dimentica perché da noi non si vede. Proprio per testimoniare questo spirito che invito tutti i cicloturisti a visitare il museo: e’ stata una autentica sorpresa. Mi auguro che molto presto ci sarà un monumento anche a Fiorenzo Magni che non ha tenuto per sé l’essere campione(contrariamente a tutti i campioni presenti sul piazzale di cui sopra), ma ha donato tantissimo perché altri lo fossero o anche solo perché gli appassionati comprendessero appieno le vicende profonde al di là di quello che tv e giornali hanno saputo illustrare nel tempo.

Ecco di seguito alcune immagini della mostra che illustrano la passione dei tifosi, la fatica degli atleti e l’ambiente in cui questa gara si svolge che, al di fuori della competizione, rimane molto invitante per gli appassionati del pedale.

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Commenti

  1. Marco ha detto:

    Come spesso succede, condivido le parole del Sig. Felino.
    Alla Madonna del Ghisallo ci sono stato ed ammetto di essere stato il classico italiano a non entrare nel Museo. Pero’ per me il nemico e’ stato il poco tempo… Appena ci torni Felino… Fai un fischio!

    1. felino ha detto:

      il tempo a volte lo facciamo diventare un nemico. meglio sarebbe trattarlo come un amico con cui stare.

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