Abbiamo una cosa in comune: l’amore per la bicicletta ma siamo come siamo. Diversi. Perché è diverso il modo di intendere, approcciare, sentire, usare la bici. Uno a tennis gioca a tennis: usa una racchetta più o meno costosa e sofisticata, è più o meno bravo ma sostanzialmente gioca a tennis. Chi ama le biciclette non è solo uno che ama andarci ed è più o meno allenato. Ci sono varianti anche piuttosto distanti l’una dall’altra sebbene accomunate tutte dall’amore per l’oggetto e per l’arte del pedalare. Ecco alcuni tipi: ognuno può riconoscersi o aggiungerne altri. Non è né un elenco esaustivo, né troppo serio: e non vuole essere né l’una né l’altra cosa.
Il filologo
E’ un ciclista di vaglia: corre o ha corso e sa che le bici da corsa sono la massima espressione del sapere ciclistico. Un intenditore enciclopedico, un sommelier meccanico. Avendone usate tante e a lungo le conosce bene. Ma hanno una loro genealogia, un blasone, un pedigree che va rispettato ad ogni costo. Le conosce per annate e devono essere coerenti. Se arrivate con una nobile anziana bici in acciaio e vi siete azzardati a piazzarci i cavi sotto nastro o, peggio, gli ergopower o ruote ad alto profilo lo vedrete fare una smorfia. i pezzi montati non sono coevi con l’anno di costruzione del telaio. Se quando scendete gli cade l’occhio su una sella in carbonio issata su tubi Gilco…e non vi mette la bici a tracolla lo fa per rispetto alla bici. Però se volete correre un’ Eroica senza farvi ridere dietro chiedete consigli al filologo.
Il restauratore
Se pensate sia un vecchio nostalgico di biciclette della propria gioventù sbagliate. Spessissimo è gente nata quando le biciclette che ama tanto erano considerate “vecchie” persino dai suoi genitori. Fruga per cantine, stalle, scantinati, soffitte e fa stalking agli anziani del paese per convincerli a mollare il velocipede che usano da 50 anni. Sono disposti a inseguire un fanale Radius in Danimarca, conoscono i numeri di serie dei telai, puliscono ogni lembo per riportare alla luce un marchio, una sigla. Le bici hanno un’anima, si sa, e non muore certo sotto una patina di ruggine o un po’ di morchia. Sopravvissute al tempo e agli sforzi sono regine da pulire, ricromare, lucidare, rimarchiare e poi esibirle come a un ballo per debuttanti. Per questo il nostro ciclante può stare ore sul WEB per trovare il logo giusto, quello che si usava fino al 1957 e che, occhio, fu cambiato di un niente nel 1958.
Il conservatore
E’ una variante del restauratore. Ma non vuole riportare agli antichi fasti rifacendo scintillare le cromature e il colore. Per il conservatore una bici – come una donna – se era bella quando era giovane non smette di esserlo se invecchia. E’ una bellezza diversa, con qualche ruga, qualche cigolio, qualche parte sbiadita. Non sono difetti: sono tracce di una vita percorsa sulle strade, cicatrici di avventure vissute, di passioni umili ma fortissime. Come il restauratore non baratterebbe mai un modello nuovo, anche di un marchio prestigioso e nobile, con un modello d’antàn. Quest’ ultimo si porta addosso una storia lunga una vita o più vite. Mentre, come dire, con le altre non c’è storia. Appunto.
Il collezionista
Egli è un trasversale. Può appartenere a (quasi) tutte le tipologie di ciclista e somiglia per approccio molto al Filologo. E’ però anche il meno pedalatore di tutti. Lui, come tutti i collezionisti, ama l’oggetto e il simbolo. La bicicletta non necessariamente deve essere preziosissima o un pezzo unico ma deve essere (e deve essere stata, meglio) un riferimento, una boa, una tappa fondamentale, un punto di non ritorno nella storia dei velocipedi. Gelosissimo, le cura come reliquie sacre e potesse le terrebbe in bacheca o in salotto (e qualcuno lo fa, fidatevi). Devono essere state uno status: se ha una MTB sarà il Rampichino Cinelli, se ha una specialissima in acciaio si chiamerà Colnago Master e quella in carbonio sarà una Carbitubo. Una urban? Ecco una Cinelli Bootleg primissima serie con ruota anteriore da 26. Una da ciclocross? Una Alan color alluminio. Un’inglese? Raleigh. Una “uomo” da città? Dei Imperiale. Colleziona anche pezzi: dalle selle Brooks b66, all’attacco Grammo, ai cerchi Shamal prima serie. Le bici le usa, ma non troppo. Sono oggetti da parata: sapere di pedalare un riferimento storico della meccanica ciclistica è più gratificante che sudare andando su per colli.
Il pimpatore
E’ l’opposto del filologo. Una nuova genìa che trova l’espressione più visibile tra gli allestitori di single speed e fisse. Ma non solo. Una bicicletta può avere una seconda vita. Basta aggiornarla, alleggerirla, truccarla con un facelift fatto di guaine colorate al teflon e cerchi alto profilo e componenti pregiati. Nulla è vietato e l’unico limite è la fantasia: ruote a raggi e mozzo flangia alta all’anteriore e Spinergy 4 razze al posteriore, manubri in legno su telai in acciaio. Oppure gruppi modernissimi e pezzi in carbonio su specialissime vintage. Sono degli esteti: più o meno tecnologici ma con un gusto per il pezzo unico e irripetibile, per il dettaglio, pronti a modificare se cambia l’estro e c’è la voglia. La bici è fonte di ispirazione e un oggetto ai limiti dell’artistico. Inseguono la bellezza perché sanno che il bello è anche buono. L’immaginazione al potere.
Il viaggiatore
Concreto e pratico, il soggetto in questione bada al sodo e al solido. La bici è, prima di tutto, un mezzo di trasporto. Che faccia 3 isolati per andare a fare la spesa o che arrivi alla Terra del Fuoco, deve essere utile, funzionale e affidabile. La si sceglie su misura per quello che serve e si adatta a seconda della bisogna. L’oggetto bicicletta diventa un’estensione del corpo e della mente. Uno strumento per mettere in pratica il sogno fatto su una mappa. E aumenta di valore più ci si passa tempo sopra. I chilometri percorsi invece di diminuire, con l’usura, il valore del mezzo…lo aumentano. Sono le esperienze, i luoghi, i tracciati, le persone incontrate che alleggeriscono l’andare, più di qualsiasi sofisticazione tecnica o materica. La bicicletta è come un amico con il quale si sono condivise 100 avventure, gioie e pianti. Nessuno è migliore di lui, nessuno ci conosce meglio e nessuno lo conosce meglio di noi.
Il competitore
Beninteso che ci possono essere competitori anche tra i filologi o pimpatori, nel senso che anche questi possono essere animati da uno spirito competitivo…Ma non è quello che si intende qui. I competitori puri sono quelli che ragionano solo e unicamente in termini di soglia e fuori soglia cardiaca, che segnano tutti i parametri fisici, chilometrici, cronometrici e altimetrici al rientro di ogni uscita, quelli che per guadagnare una manciata di grammi con le vitine in ergal sono disposti agli straordinari se solo questi non togliessero ore preziose all’allenamento. Guardano le gare per avere ispirazioni tecnico/meccaniche: se i “pro” usano gomme da 19 compreranno gomme da 19 ma se l’anno dopo useranno quelle da 25, beh, non ci sono dubbi: il pensiero sarà “Voglio quelle da 25”. Adoratori del Dio Carbonius, armate di selle che sembrano lame affilate e linee telaistiche ardite l’unico limite per migliorare sono i soldi in saccoccia e…le proprie gambe. Come diceva Binda: “Ghe voeren i garun”.
Ma questo vale praticamente per tutti.
POST FANTASTICO direi
cambiando argomento, scrivi: “Se quando scendete gli cade l’occhio su una sella in carbonio issata su tubi Gilco…e non vi mette la bici a tracolla lo fa per rispetto alla bici.” ho cercato più notizie su tubi o bici gilco in questo sito ma non ne ho trovate, mi sembra che però specialmente in un sito bici “italia” meriterebbe almeno un thread
Post assolutamente strepitoso!!!!
Conosco persone appartenenti a ciascuna delle categorie, e a tratti pare che condividiamo lo stesso giro di conoscenze!!!!
non so se rientra nel “competitore”, ma aggiungerei un tipo “salutista”: attento allo smaltimento delle calorie rispetto all’andatura, al dislivello da percorrere in unità di tempo, calcolano anche il tragitto in base a parametri noti e comprensibili solo a loro… beh, continuate voi, siete più bravi ;-)