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Al di là del vetro – Racconto in bici

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“Sveglia Martino!”
Due lame sottilissime penetrarono le orecchie di Martino, fino ad infilarsi in un piccolo bersaglio che aveva come centro qualche imprecisato nervo, in grado di scatenare dolore a tutto ciò che si trovava all’interno della scatola cranica.
Sandro stava cercando di svegliare Martino, scuotendolo vigorosamente. “Hai bevuto parecchio!” gli disse con la voce che sobbalzava al ritmo degli scossoni sulla spalla di Martino. “E’ tardi! Sono andati via tutti. Devo andare a dormire anch’io, domattina presto arriva Sara, mi dispiace, te ne devi andare”.
La serata era andata per le lunghe. Come al solito. Ogni giovedì, da qualche mese, Martino e Sandro, si ritrovavano con altri amici per interminabili partite a Risiko. Quella sera, il 12 Aprile, Martino era uscito presto dal gioco. Era talmente deluso che non se ne andò, ma curioso per come potesse evolversi la partita, cominciò prima a dar consigli strategici, poi ad insinuare possibili scenari del gioco, ed infine, una volta allontanato dal tavolo, a sbirciare curioso fra la libreria di Sandro. Senza accorgersene, mentre i carri armati rossi soccombevano e le sorti di quel piatto mondo, volgevano a favore delle armate gialle, si bevve un’intera bottiglia di Cynar. L’ultimo lancio dei dadi assegnava il ventiquattresimo Stato e la vittoria ai gialli. Martino giaceva sul divano di Sandro in un profondo sonno.
Meno di venti minuti dopo essersi svegliato, Martino, uscito da casa di Sandro grazie più che altro alla memoria che alla vista (in quel momento in forte difficoltà) si ritrovò a soffiare via lontano la sua patente, fermo ad un posto di blocco della municipale.
La primavera si fece tale solo in quei giorni. La pioggia finalmente lasciava il posto ad un sole già a suo agio, caldo nel cielo.
Martino senza patente, si organizzò per raggiungere l’ufficio in autobus. La linea 4 era la soluzione migliore. La fermata era a soli cinquecento metri da casa sua. Il solido mezzo, in poco più di un quarto d’ora lo avrebbe portato a destinazione.
Il percorso lambiva il parco e bucava, con numerose fermate, la zona della città dove avevano sede la maggior parte degli uffici. Nel suo primo viaggio, osservando dal finestrino dell’autobus, Martino si accorse dell’arrivo della bella stagione dal brulicare di runners nel parco e dai vestiti corti delle ragazze, che finalmente tornavano a distrarlo dai sui pensieri. Si rese conto solo in quel momento che la cosa che più apprezzava della primavera, erano proprio quei primi giorni, in cui le temperature s’intiepidivano, le gonne diventavano leggere e colorate e i parchi si animavano di buoni propositi che ogni inverno portava con se terminando. C’era tanta energia aldilà di quel grosso finestrino sigillato, ma lui era lì, seduto.
Fare lo spettatore di quel formicaio di vita accese anche Martino di buoni propositi. Tornato a casa, la sera, si ricordò della bicicletta sepolta in cantina. Liberata dalla polvere ne ricordò la provenienza. La promettente city bike, ammortizzata oltre ogni limite, era frutto di un interminabile raccolta punti di una nota catena di supermercati. Tutto l’asfalto che le ruote avevano “macinato” fino ad allora, arrivò lo stesso giorno del ritiro del velocipede dal supermercato. Martino la guidò felice per i pochi chilometri che separavano il negozio alla sua abitazione. Si avventurò in ognuno dei 21 rapporti che garantiva la bici. Poi una volta a casa, la tumulazione in cantina, con la falsa promessa di un “a presto”! Invece il sigillo alla tomba, giorno dopo giorno si fece più efficace, rafforzato da nuove cianfrusaglie accumulate con la stessa sorte.
La primavera, le gonne corte ma soprattutto l’assenza della patente, concessero alla bicicletta una nuova imperdibile occasione. Martino si decise quindi di passare “aldilà del vetro” e pedalare fino in ufficio. Il percorso era lo stesso dell’autobus, con l’eccezione di un taglio all’interno del parco, dove il pullman ovviamente non poteva spingersi. Alla partenza si consumò nuovamente il rito già visto. Una nuova avventura su e giù per le 21 velocità, che questa volta risposero cigolando, in più l’aggiunta di una prova di stress per le sospensioni. Altri cigolii. Il tutto funzionava fluido, persino le sue gambe. Entrato nel parco, scoprì un’intera comunità di persone di cui ignorava l’esistenza. Sportivi o aspiranti tali, risvegliavano il corpo con esercizi, assonnati padroni di animali lanciavano palle che non sempre tornavano. C’era poi chi sfrecciava correndo o chi camminava veloce aiutato da bacchette che Martino aveva visto solo sulle piste da sci. Un piccolo mondo, di cui fino a quel momento conosceva solo pochi temerari, che si spingevano fino ai bordi esterni del parco. Una volta fuori dall’ovatta verde, la situazione era decisamente più caotica e meglio conosciuta. Ma non da quel nuovo punto di vista. Sfrecciare sui larghi marciapiedi superando colonne di auto ferme, con autisti concentrati nel massaggiare piccoli schermi, lo faceva sentire un privilegiato, anche se ad ogni attraversamento la serenità s’interrompeva. L’aria, seppur aromatizzata allo smog gli svegliava la faccia e puliva gli occhi.
Qualche minuto dopo il passaggio dell’autobus alla fermata nei pressi dell’ufficio, Martino stava legando la sua bici. Soddisfatto. Come quel giovedì sera, in cui la conquista del Siam e di conseguenza dell’Asia, gli assicurò un posto nell’albo d’oro del Risiko di Sandro.

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