Succede che un uggioso lunedì di metà maggio, verso ora di pranzo, un commento in cui ti hanno taggato su Facebook attiri la tua attenzione: una testata locale, scrivendo in merito all’ennesimo investimento di una persona in bicicletta, sottolinea nel titolo che il ciclista “non stava pedalando sulla ciclabile”. Aprendo il link, anche nell’articolo il concetto viene ribadito e la foto a corredo del testo si riferisce proprio al luogo dell’incidente, avvenuto a Salò. Ma l’immagine è quella di una ciclopedonale – non di una pista ciclabile riservata alle bici – dunque non obbligatoria da percorrere per la persona investita. Quella sottolineatura nel titolo e nell’articolo mi ha indotto a prendere posizione: memore che questa strategia aveva funzionato anche in passato.
Tutta la vicenda l’ho riassunta in un post su Facebook che ho pubblicato sul gruppo Salvaiciclisti Italia e che ho aggiornato a mano a mano con gli sviluppi: il risultato finale è stato che il post originario della testata in questione (con il titolo non più modificabile, ndr) è stato rimosso dopo qualche ora di permanenza sul web; che il titolo e l’articolo sono stati modificati chiarendo che, trattandosi di ciclopedonale, non vi era l’obbligo di pedalarci sopra (qui il pezzo corretto); inoltre, è stato pubblicato un ulteriore articolo di approfondimento in cui il Giornale di Brescia ha intervistato l’ingegner Enrico Chiarini, esperto dell’area tecnica FIAB (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta), che per primo dieci anni fa – nel lontano 2009 – aveva sollevato il tema ricevendo la risposta del Ministero dei Trasporti che confermava la non obbligatorietà di pedalare su una ciclopedonale.
Tutto è bene quel che finisce bene. Ma mi chiedo che cosa sarebbe successo se non avessi insistito con tanta pervicacia – e con toni forse un po’ aggressivi, lo ammetto – chiedendo che la testata in questione verificasse e correggesse il titolo e l’articolo (cosa che poi ha fatto e di questo gliene va dato atto). Perché conoscere la differenza tra una ciclopedonale e una ciclabile è ancora un optional in molte redazioni? Siamo tutti immersi in una cultura della strada che è stata plasmata su chi guida un mezzo a motore, preferibilmente a quattro ruote: i temi legati alla bicicletta come mezzo di spostamento sono ancora poco approfonditi, troppo spesso la retorica dei “ciclisti indisciplinati” inquina il dibattito sulle responsabilità e i commenti agli articoli sugli investimenti di chi pedala diventano una galleria degli orrori senza moderazione alcuna, che contengono accuse infondate da parte di lettori poco sensibili e ancor meno informati. Il ciclista investito a Salò è il corridore professionista belga Sean De Bie, 27 anni, che ne è uscito con sei costole rotte e diverse contusioni.
Per trasformare l’Italia in un Paese ciclabile, che è poi la missione di Bikeitalia, abbiamo bisogno di informare e formare i lettori su tutto ciò che gira intorno alla bicicletta, presidiare e promuovere il tema della ciclabilità come chiave di volta per cambiare la nostra società: si può fare in molti modi, anche chiedendo la rettifica di un titolo impreciso e alimentando un dibattito costruttivo che porta a fermarsi, riflettere, approfondire e modificare il testo dando un’informazione corretta e circostanziata. La cultura della bici deve entrare in redazione. Se i medici hanno il giuramento di Ippocrate, i giornalisti sono tenuti a seguire la stella polare della deontologia professionale: verificare prima di scrivere e riportare la verità sostanziale dei fatti, con obiettività.
[ Ringrazio Paolo Gaffurini per la segnalazione e il Giornale di Brescia per aver corretto e approfondito il tema dando conto ai lettori che non vi è alcun obbligo di pedalare su un percorso ciclopedonale che, appunto, non è una ciclabile ]
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