La Valmalenco, in provincia di Sondrio, è una località alpina conosciuta principalmente per gli sport invernali, l’alpinismo e l’escursionismo. Tra i tanti percorsi che si possono affrontare in questa valle, quello dell’Alta Via della Valmalenco è sicuramente il più iconico.
Si tratta di un itinerario per escursionisti esperti che si sviluppa in 8 tappe – di cui molte oltre i 2000 metri di quota – collegando tutti i Rifugi e gli angoli della valle. Da qualche anno è conosciuto anche nel mondo dell’ultra running grazie alla VUT (Valmalenco Ultradistance Trail) che non è altro che l’Alta Via corsa in massimo 24 h, per un totale di 92 km e più di 6000 metri di dislivello.
Così dopo aver camminato e pedalato su queste montagne fin dall’infanzia, ho voluto disegnare l’Alta Via della Valmalenco Bikepacking : un percorso di 105 km con circa 4000 metri di dislivello e pedalabile al 99% che permette di addentrarsi nel cuore di questa piccola valle e vivere un esperienza indimenticabile. Nonostante non potessi fare una vera e propria sovrapposizione dell’Alta Via originale, l’idea di fondo era la stessa: unire gli angoli più lontani della valle in un unico itinerario a tappe.
Il percorso dell’Alta Via della Valmalenco
La mia avventura inizia a Colico, sulle sponde del Lago di Como, a 60 km circa dalla partenza della mia Alta Via. Inizia qui perché dovevo muovermi da Milano in treno ma in questo periodo ci sono dei lavori e i treni si fermano, appunto, a Colico. C’è un bus sostitutivo ma non voglio prenderlo e quindi inizio a pedalare dal lago.
Risalgo le sponde dell’Adda lungo il Sentiero Valtellina fino a Sondrio, attraverso il centro città e inizio ad addentrarmi nella Valmalenco “bassa” perché l’itinerario vero e proprio inizierà solo quando arriverò a Chiesa in Valmalenco, a circa 1000 metri d’altitudine e si svilupperà interamente tra gli 800 e i 2300 metri di quota. Salgo con calma seguendo il Sentiero Rusca, una ciclopedonale interamente asfaltata che porta da Sondrio fino al Passo del Muretto, sul confine svizzero, risalendo così tutta la parte bassa della valle.
Arrivo a Chiesa in Valmalenco a metà pomeriggio, ho ancora voglia di pedalare e allora tanto vale portarsi avanti di un po’ di chilometri penso, considerando anche che stavolta sono da solo e per fare le foto “d’azione” con l’autoscatto ci vorrà più tempo del normale.
L’inizio dell’Alta Via
Dal centro storico di Chiesa parto per la vera e propria Alta Via. Inizio subito con una lunga salita, prima asfaltata e poi sterrata, di circa 12 km e 1100 D+ verso il Rifugio Bosio. Salita lunga ma con pochi strappi, qualche tratto panoramico e un fondo abbastanza scorrevole, con pendenze più che accettabili anche per me che non ho proprio un fisico da “scalatore”.
Arrivo al Rifugio Bosio a 2086 metri d’altitudine proprio quando il sole va a nascondersi dietro le montagne. La temperatura cala all’improvviso, mi vesto un po’ e affronto la prima discesa di questo itinerario: un trail divertente ma tecnico, con alcuni tratti parecchio scassati e tornanti molto stretti e ripidi che mi costringono a mettere i piedi a terra più volte. La vera difficoltà risiede nell’affrontare un trail da enduro di difficoltà S3 con il reggisella fisso e la borsa che mi impedisce di fare fuorisella liberamente.
Riesco ad arrivare alla fine, in località Piasci, dove posso riposare un po’ le mani prima di proseguire su una strada – a tratti sterrata – e continuare sempre in discesa fino a Torre di Santa Maria. Si sta facendo tardi e ad un certo punto esplode il tramonto. In questo punto della valle si ha un panorama stupendo sulle Orobie. Il cielo si tinge di giallo, poi arancione e infine viola. Resto fermo a lungo, quando riparto sono costretto ad accendere la torcia. Giunto al paese di Torre di Santa Maria ormai è buio, vado ad intercettare nuovamente il Sentiero Rusca e ritorno così a Chiesa in Valmalenco, dove stavolta mi fermo per cenare e dormire.
La valle di Chiareggio
La mattina seguente riprendo la mia rotta, per un attimo ripercorro l’inizio della salita al Rifugio Bosio ma al bivio per l’Alpe Lago resto sulla strada principale per giungere dopo una ventina di minuti alla frazione di Primolo da cui si gode di un bellissimo panorama sui paesi della valle, dominati dalla presenza del Pizzo Scalino che grazie alla sua forma piramidale è inconfondibile.
Per godermi al meglio un momento di pausa raggiungo la cima della Pineta di Primolo, da cui poi inizia un sentiero molto divertente e scorrevole – recentemente valorizzato dall’associazione locale BikeBernina – che conduce a una larga sterrata che fiancheggia il fiume Mallero addentrandosi sempre di più nella valle di Chiareggio.
Chiareggio, situato a 1612 metri d’altitudine, è un piccolo villaggio alpino lambito dal fiume, circondato da prati e boschi, dove d’estate riecheggiano i richiami delle marmotte mentre d’inverno riposa immerso nella neve e nel silenzio, quasi disabitato.
Rifugi e specialità valtellinesi
Quando ci arrivo proseguo oltre il paese per salire ancora un po’ e arrivare fino al Rifugio Tartaglione, al termine di un largo sentiero con pendenze molto impegnative nel finale. Dal Rifugio Tartaglione giro la mia bici per affrontare la discesa e tornare sulle sponde del Mallero fino alla località Sabbionaccio, dove abbandono la strada già percorsa in precedenza per iniziare la salita complessivamente più dura di tutto l’itinerario.
È pomeriggio di una calda giornata di agosto, pedalo da due giorni e il dislivello inizia a farsi sentire. Esaurisco le gambe man mano che salgo ma la fatica viene alleviata da un percorso immerso nella quiete del bosco che si conclude con un appagante arrivo al Lago Palù. Mi godo un momento in silenzio sulle sponde di questo bellissimo lago alpino a 2000 metri di quota, poi salgo in bici per percorrere il trail che lambisce tutto il lago e mi porta all’omonimo Rifugio, dove passerò la notte e a cena mi ricaricherò con bresaola, pizzoccheri e altre specialità valtellinesi.
La mattina seguente, prima che i timidi raggi solari arrivino a splendere sul lago, la temperatura è rigidissima e ho bisogno di farmi coraggio per uscire dal rifugio dopo la colazione, allestire la bici e partire. Dopo essermi portato sulla sponda opposta al Rifugio inizia la salita che mi porterà fino al Passo di Campolungo. Inizio a scaldarmi e dopo neanche un paio di km la strada inizia a risalire le piste da sci della zona, con un paio di strappi brutali per le mie gambe appena sveglie. Le pendenze più dure le accuso, allora decido di procedere anche a piedi per alcuni tratti, tanto è ancora presto.
Il Bernina
Giunto al Passo di Campolungo mi godo di un bella vista sul Gruppo del Bernina, la catena montuosa più alta delle Alpi Centrali, tra cui l’unica vetta che supera i quattromila metri della Lombardia: il Pizzo Bernina. Temporeggio per godermi il momento, anche se ho visto questo panorama decine di volte non mi stanca mai.
Faccio un autoscatto e riparto, sempre sulle piste da sci, ma adesso in discesa. La sterrata sembra semplice ma sono presenti dei canali di scolo molto netti, a volte troppo, che se mi cogliessero di sorpresa mi farebbero perdere il controllo dell’anteriore.
Sul primo rischio un po’ perché non lo avevo visto ma capisco subito che ogni cinquantina di metri ce n’è uno. La discesa dura qualche chilometro e arrivato alla fine della pista da sci mi immergo nuovamente nel bosco seguendo un sentiero “mangia e bevi” largo e molto scorrevole, fino a scorgere l’Alpe Musella, un gruppetto di due o tre baite che si specchiano in un ruscello. Un piccolo angolo di paradiso dove si respira pace e tranquillità. È ancora mattina e oltre a me c’è solo un gruppo di scout che presumibilmente ha dormito lì. “Chiamali Stupidi!” penso.
Le ultime fatiche
Lascio a malincuore l’Alpe Musella per dirigermi verso la Diga di Campo Moro, e poi pedalare attraverso la Piana di Campagneda – un pascolo alpino ai piedi del Pizzo Scalino, una delle mete predilette dagli escursionisti della domenica – e raggiungere gli ultimi due rifugi di questa Alta Via, il Rifugio CaRuncash e successivamente il Rifugio Cristina all’Alpe Prabello, con una bellissima vista sul Monte Disgrazia.
Ora mi manca solo un ultima fatica. Torno sui miei passi fino a ritornare sulla strada di Campo Moro e mi lancio nella lunga discesa asfaltata che arriva fino a Lanzada, che insieme a Chiesa e Caspoggio costituisce i tre comuni della valle, situati uno a fianco all’altro.
Da Lanzada salgo a Caspoggio su una tranquilla pista ciclabile, attraverso il centro storico e affronto l’ultima salita, breve ma letale nel finale, per arrivare alla frazione di S. Antonio, nel cuore della Caspoggio Trail Zone gestita dai ragazzi di BikeBernina. E cosa c’è di meglio di un paio di trail divertenti per concludere questa breve avventura? Scelgo il Trail delle Valli e poi Zio Casper, entrambi di difficoltà intermedia ma il secondo reso più insidioso da radici e traversi.
La mia Alta Via della Valmalenco in bikepacking si conclude così davanti a una birra fresca al Centro Sportivo di Chiesa in Valmalenco, prima di riprendere la strada e pedalare altri 60 km per tornare a Colico e salire su un treno entro sera.
Informazioni pratiche
Serve un buon livello atletico per riuscire a godersi questo itinerario. Dal punto di vista tecnico invece non sono presenti difficoltà estreme ma bisogna comunque avere un buon livello di riding.
L’itinerario non è adatto a bici Gravel, si raccomanda una mtb o e-mtb full/front.
Il periodo migliore è da giugno ad agosto. I rifugi sono aperti tutti i giorni della settimana solo a luglio e agosto, mentre a giugno e settembre aprono solo nei fine settimana.
Lungo tutto il percorso la presenza di fontane e fonti è quasi continua, fatta eccezione per il tratto dal Lago Palù a Campo Moro.
Personalmente consiglio di dividere l’itinerario in due giorni per godersi al meglio l’esperienza, dormendo in rifugio o in tenda.
La traccia del percorso è visualizzabile e scaricabile da qui:
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