Questo è il racconto della partecipazione al Salento Trail, della generosità pugliese, delle fatiche ripagate dalla scoperta di un Salento inusuale.
A metà strada tra il Messico e la Grecia ci sta il Salento. Almeno è quello che s’incontra pedalando lungo i quasi 400 km della traccia del Salento Trail.
A fine giugno ho partecipato alla seconda edizione dell’iniziativa perché volevo ripercorrere i luoghi che ho conosciuto da ragazzino quando i miei ritornavano al paese per trascorrere l’estate.
Gli organizzatori sono un piccolo gruppo affiatato, appassionato che non smette mai di trasmetterti il loro entusiasmo. Da una parte ci tengono a farti sentire come a casa, ed è tipico dei salentini, dall’altra vogliono trasmetterti la cura e la solerzia con cui hanno organizzato questo evento.
Gli organizzatori del Salento Trail
Alfredo, la sera del mio arrivo, mi racconta come è nato questo evento, ancora così giovane, ma così organizzato da far invidia a eventi più “blasonati”. Mi racconta di suo padre, stimato ciclista e cardiologo, della passione che ha trasmesso a lui e a suo fratello per cui il Salento Trail diventa compimento e promessa di una passione presa come impegno e ringraziamento.
Intanto Alfredo saltella per dare i pacchi gara, per salutare gli ultimi arrivati, per rispondere a chi lo chiama per coincidenze perse.
Che gli organizzatori siano degli appassionati del territorio dove vivono lo si capisce dalla cura della traccia che scopriremo da lì a poco. Alfredo e suo fratello ci tengono a farmi sapere che è l’unico trail che attraverserà ben tre parchi naturali (Le Cesine, quello della Costa Otranto e Parco Naturale di Ugento).
L’amore per il proprio territorio e la possibilità di poterlo esplorare in bici lo capirò nei giorni successivi. La traccia è impegnativa ma inclusiva perché adatta anche alle handbike, nonostante i chilometri di “single track” inclusi. Mi dicono che più che una esperienza Gravel volevano connotare questo trail come “Irregolary Road Experience”. E lo sarà davvero.
Un Salento inconsueto
Il radicamento e la conoscenza di ogni metro quadro della loro terra restituiscono a noi partecipanti un Salento inconsueto, non solo “irregolare”. Dolmen neolitici e masserie fortificate nel medioevo. Chiese barocche e romaniche intarsiate nel sole. Un Salento rurale, naturalistico, popolare, tradizionale, tra luminarie, torri di avvistamento, spiagge, paduli, pini, macchia mediterranea, tufo e calcare.
Questa cura nell’accoglienza e nell’accompagnamento per tutto il trail fa parte del carattere innato di chi abita qui. Il pacco evento è generoso, la scelta dei quattro ristori studiata per bene. Come mi spiega Alfredo, la scelta è stata presa seguendo la giornata estiva ideale: un caffè leccese con latte di mandorla, una seconda colazione con pasticciotto, un rustico come merenda, frisella a pranzo, controra pomeridiana con spumone. Pause appetitose distribuite lungo le tappe, nei luoghi dove vengono prodotti in modo eccellente.
Il Salento Trail: la sera prima
L’appuntamento per noi iscritti è al bellissimo parco del Crocifisso di Muro Leccese, la sera prima. Chi arriva scruta, avvista e si siede con gli altri per un aperitivo. I ragazzi del Salento Trail hanno organizzato una cena di benvenuto: una lunga tavolata dove nessuno bada alla partita della Nazionale contro la Spagna. Siamo tutti presi dal cibo e dalle conversazioni, molteplici, scoppiettanti. La voglia di conoscerci e la simpatia che s’instaura da subito prevalgono sulla partita. Se queste sono le premesse allora il Salento Trail promette bene.
Il vantaggio di un evento così giovane non sta solo nel numero di partecipanti contenuto, ma nell’entusiasmo di chi vi aderisce. Non si partecipa per la gloria, per il nome o il brand, per la sfida, ma per il solo piacere di regalarsi tre giorni di “no race, no stress”. Conosco molte persone interessanti.
La sera, oltre me, qualcuno decide di dormire nel parco. L’organizzazione ha chiesto i permessi necessari, ci stendiamo sotto i pini su dei comodi tavoli da picnic e ci godiamo il fresco della sera, i grilli e ci addormentiamo presto.
La partenza e il percorso
La mattina molto presto ci aspetta la taranta (che qui ormai la trovi ovunque) che fa da sottofondo mentre ci rifocilliamo con caffè e delle ottime crostate casalinghe.
Il percorso completo (384 km) è stato diviso in due varianti per chi volesse dedicarsi solo ad una parte di questa meravigliosa terra. C’è la variante Sud (218 km) e quella Nord (216 km). Io opto per quello completo, come la maggior parte dei presenti.
È necessario partire con un po’ di fresco, perché le temperature di questo giugno sono oltre la media stagionale. I cambiamenti climatici non ci hanno ancora abituato alle temperature eccezionali fuori stagione.
Prima tappa del Salento Trail
Prima tappa: Otranto, passando da Lecce. Saranno 130 km di “Messico e nuvole”. Passiamo la città fortificata di Acaya, immersa in una splendida luce diafana che sembra quella di uno spaghetti western.
Anche la traccia somiglierà molto all’Almeria, dove Sergio Leone girava i suoi film. Campagne assolate, una bellezza scabra – un paesaggio che nella sua essenza rivela la ricchezza di una cultura rurale antica e presente, dai celebri muretti in pietra senza malta, di pietre raccolte nei campi alle pajare, i ripari costruiti dai contadini per trovare fresco o ripararsi dal temporale. Alcuni di noi hanno apprezzato le pajare per l’ombra.
Tra una chiesa e un rudere incrociamo gli “ncurtaturi”, piccole stalle disseminate in distese disabitate e masserie fortificate come se aspettassero i Tartari, o i bandoleros a cavallo.
Il sole è impietoso. Beviamo litri di acqua e sali minerali che si prosciugano presto. Sembrano non bastare le tante fontanelle lungo il percorso. Il viaggio diventa avventura. Scoperta. Che si accompagna a stupore perché nessuno di noi ha mai immaginato un Salento così.
Da Otranto a Gallipoli
Da Otranto a Gallipoli sono almeno 140 km. Il paesaggio cambia, diventa quasi greco, con i costoni calcarei sormontati dalle torri medievali di avvistamento che si alzano su paesaggi marini mozzafiato.
Si passa tra piccoli paesini incastonati in piccole insenature come Porto Badisco, passando per Castro, un gioiello arroccato sopra una collina di roccia compatta.
In questa tappa c’è molto meno sterrato, qualche saliscendi che diventano più impegnativi via via che il caldo aumenta. Il sole non dà tregua e continuiamo a bere litri e litri di acqua che sono smaltiti dopo pochissime ore.
Il tratto litoraneo ristora l’anima. La fatica c’è, ma dentro si prova il sollievo di un percorso meno tecnico e più meditativo. Attraversiamo città incantevoli, giardini pubblici pieni di rondini, piazze vuote e piene di sole.
Una foratura e una camera d’aria inadatta sballa i miei programmi e mi allontana dal gruppo, da qui in poi incontrerò solo due coppie che viaggiano più lenti e più contenti per via dei tuffi nelle varie località.
Mi fermo alla fine della terra, a Leuca, Finibus Terrae. Ormai è chiaro che gli altri stanno per concludere il trail nei tempi previsti.
Ultima tratta: fuori tempo massimo
Decido che l’ultima tappa la farò fuori tempo massimo, cercando di godermi gli ultimi 130 km di Salento. Risalgo verso Muro Leccese, passando per Specchia che però ha una salita impegnativa, soprattutto a queste temperature.
Ma questa ultima tappa è come ripartire dal primo giorno, la natura si riprende la scena. Sono in uno dei tre parchi attraversati, dopo le querce di Paduli e il bosco di Tricase, incontro dune sabbiose e le paludi, le serre e la roccia calcarea, la macchia mediterranea.
Pedalare diventa difficile, la fatica presenta il conto sotto forma di dolore e sete costante, mentre sono fermo sotto uno spicchio d’ombra, si ferma un tale in macchina e mi offre la sua bottiglia di acqua fresca appena comprata.
Devo avere un’aria davvero penosa, oppure è “solo” la generosa ospitalità salentina, quella che abbiamo incontrato fin dal primo giorno e che ha portato Alfredo, Michele, Gabriele e Sandro a curare nei minimi dettagli un percorso inusuale e irregolare per regalare a noi tutti un Salento con un presente fatto di passato e futuro.
Bellissimo resoconto, grazie Luciano, mi hai fatto sognare!!!