La Graziella: un mito che non tramonta
Ma perché oggi il nome Graziella è ancora così magico? Era magico anche l’anno in cui fu progettata, il 1961, da Rinaldo Donzelli e costruita da Teodoro Carnielli di Vittorio Veneto. Divenne immediatamente un simbolo del made in Italy capace di generare una assoluta novità: una elegante bici pieghevole destinata per oltre 20 anni ad essere un punto di riferimento e quindi di imitazione anche da parte di altre marche come l’Atala, la Legnano, L’Aurelia, la Bianchi ecc…, ma la Graziella era inconfondibile. Uno dei tratti distintivi, oltre al fatto che era la prima pieghevole che si vedeva in Italia, era Il portapacchi che fungeva anche da telaio: non c’erano i consueti foderi e i forcellini erano saldati direttamente al portapacchi. In quel periodo, 20 anni dopo la guerra, la rimonta morale, sociale ed economica dell’Italia era in piena velocità. E la Graziella arrivò a sconvolgere un mercato che era fatto di bici povere e anche un po’ tristi, passate da padre in figlio. Come si vede dalle prime foto affascinò personaggi famosi e prendendo spunta da una delle foto venne definita “la Rolls Royce di Brigitte Bardot”. Un paragone che può apparire oggi irriverente ma all’epoca non lo era, visto lo straordinario livello qualitativo di questa bicicletta. La sua straordinaria praticità, il robusto telaio, pieghevole grazie alla cerniera centrale, l’assenza della canna centrale, il grande e robustissimo portapacchi, le ruote piccole, la sella imbottita, ammortizzata e sfilabile, il manubrio comodo e smontabile ne permettevano il trasporto in qualsiasi condizione, auto, treno , pulmann ecc…tutto questo in un oggetto solo, la rendevano immediatamente identificabile come un simbolo di libertà e anticonformismo che era autentica benzina sul fuoco all’entusiasmo di quegli anni (per capire solo un po’: tutti in quegli anni riuscivano a farsi una casa…). Molte più foto e documentazione potete trovarle sul sito degli appassionati da cui ho tratto diverse informazioni e soprattutto foto per questo report.
Non è mia intenzione fare la cronologia storica della continua evoluzione dei modelli, come furono modificati nel tempo e perché. Questa lavoro evolutivo continuo e diversificato fu messo in atto per diversificarsi dalle molteplici imitazioni. Credo che questo oggetto parli da sé soprattutto se lo si pensa rapportato all’epoca abbandonando i nostri conformismi mentali attuali. La Carnielli era talmente consapevole della sua trovata che si preoccupava di consentire all’acquirente di mantenere il colore impeccabile consegnando insieme alla bicicletta un tubetto di vernice, con tanto di pennellino incorporato nel tappo, per i ritocchi necessari.
Ecco un modello con tanto di manometro per la velocità, contachilometri e faro in un blocco unico. Questa posizione del faro, fissa sul telaio, non fa per la verità molto onore, o quantomeno non è al livello del progetto nel suo complesso: di notte, curvando, la luce non segue la direzione della bicicletta.
Ultima, ma non la meno importante, la facile quanto sicura smontabilità. Allo scopo la meticolosa Carnielli montava in dotazione una piccola trousse di attrezzi appositamente realizzati, da inserire in parti dedicate del telaio onde portarli sempre con se. Aveva pure un blocca sterzo inserito nel telaio.
Seguirono anche altri modelli che colpirono il mercato per la fantasia e l’innovazione per quei tempi
Ecco la Graziella Flor, decisamente hippy e di grande appeal, come si dice…
Chi aveva il mangiadischi, cuccava, come si dice…
Altro modello sportivo e molto innovativo era il chopper Graziella Leopard, eccone alcune foto. Aggressivissimo con due fari anteriori, contachilometri e manometro per la velocità, ammortizzata davanti e dietro, una full suspended ante litteram, cambio sul tubo centrale a cloche, ruote grasse, insomma questi genitori…poi si lamentano che quando i figli diventano grandi vogliono la Harley. Anche questa, ovviamente, aveva il casco dedicato.
La Graziella è stata la bicicletta di quell’epoca. Potremmo addirittura, noi vecchi, sostituire il classico “ti ricordi ai bei tempi?” con un più identificativo: “ti ricordi di quando c’era la Graziella?”. In tutte le case ce n’era una, anche di imitazione. Ma tutte venivano chiamate Graziella anche se non erano della Carnielli. Ha accompagnato la nostra gioventù ed è arrivata ad affascinare anche la gioventù di oggi. Qui, per esempio, il nostro amico Paolo Colombo si è divertito a recuperare una Graziella rottamata e a trasformarla in una bici da viaggio con tanto di ugelli per il portapacchi anteriore e tutto quanto serve. E’ partito da casa ed è andato al mare.
Oppure al sito www.selvatiko.com troverete Mauro Vanoli ha raggiunto il campo base dell’Everest.
C’è pure Franco Cacciatori, un signore che si diverte a scalare i più impegnativi passi alpini tra la meraviglia dei ciclisti attrezzati e lo sconcerto di quelli che non sopportano una cosa del genere con una graziella che ha recuperato. Con tanto di registratore applicato per sentire lungo il tragitto la sua musica preferita.
Ma la festa della Graziella è a Bergamo con le “Grazielliadi” lungo le mura e il centro di città alta e si disputano da 5 anni. Organizzate dagli appassionati di Pedalopolis.
Si tratta di 5 gare particolari e dedicate, dove si gareggia per il puro divertimento, in due su una Graziella. C’è pure la gara di chi riesce ad andare più piano, sembra la più facile, ma non è semplice stare sulla bici a 2 o 3 km all’ora nel tentativo di andare lenti. Ecco un po’ di foto e di racconti di come è andata. Essendo chiamata la cavalleresca ad un partecipante è parso molto ovvio far diventare la propria Graziella un cavallo medioevale e armati di tutto punto hanno affrontato da par loro la gara.
Qualcuno invece ha preso la gara molto sul serio e ha pensato bene di allestirla con una ruota da cronometro.
Chi invece in previsione di cavalcarla sui lunghi rettilinei americani del film “Easy rider” ne ha modificato l’assetto anteriore e la sella con poggia schiena e per alleggerirla ha tolto il freno davanti: ecco il Chopper.
Era anche presente la Graziella in tenuta da viaggio e cavalcata dal marinario Paolo che già abbiamo menzionato per il viaggio al mare in Graziella, ma eccola in tutto il suo splendore: sicuramente la più bella delle gareggianti.
Ed ecco la partenza delle Grazielliadi.
Le varie gare erano tutte di carattere divertente e ogni Graziella doveva avere il passeggero sul portapacchi. Nella gara qui sotto la gara è a eliminazione e vince chi arriva ultimo: il più bravo ad andare in piano. Il premio per il primo, il secondo e il terzo classificato era la raccolta delle strisce di plastica alla fine della gara per liberare il prato.
In questa invece due equipaggi si affrontano tentando di mettere più palline nel cesto del’avversario.
Questa simpatica manifestazione ha attirato l’attenzione dei turisti, molti gli stranieri, che assiepavano città alta.
I severissimi giudici della Associazione Pedalopolis hanno determinato i punteggi e dichiarato il vincitore gara per gare fino al punteggio finale. Va reso il dovuto onore a questa associazione che promuove con molte iniziative l’uso della bicicletta e la vive anche per come strumento di socializzazione. Diffonde inoltre la conoscenza della ciclomeccanica in due ciclofficine presenti una alla stazione di Bergamo e l’altra alla vecchia stazione di Ponteranica.
Per chi volesse conoscerla meglio, e merita, ecco il sito www.pedalopolis.org. Ed eccone alcuni di loro schierati a giudicare le prestazioni dei più lenti. Un doveroso e gradito omaggio al loro impegno.
come volevasi dimostrare: ha conservato intatto il suo appeal come si dice in linguaggio trendy. sicuramente era all’avanguardia per il fatto di essere pieghevole e lo è ancora oggi: piegata non paga il biglietto.
Cari Amici,
la Graziella è stata la mia prima bicicletta: come non ricordarsi dei miei 4 anni su una Graziella blu per la prima volta senza rotelle!
E oggi la sto ricercando per renderla la mia “Bici di Tutti i Giorni”: comoda negli spostamenti in treno troverebbe sicuramente un piccolo spazio nello spogliatoio dello studio.
ne ho una la vuoi ma