Fassina per Roma: “Più mezzi pubblici per scoraggiare l’uso dell’auto”

Stefano Fassina

Stefano Fassina è un volto noto nel mondo della politica italiana: lo abbiamo visto confrontarsi coi propri avversari politici all’interno dei principali talk-show televisivi, è stato responsabile dell’economia del Partito Democratico e viceministro dell’Economia e delle Finanze durante il governo Letta. Dall’arrivo di Renzi al governo, Fassina ha lasciato il PD e per ora è l’unico politico che si è candidato ufficialmente alla poltrona di sindaco per il comune di Roma, per Sinistra Italiana.

La settimana scorsa è intervenuto alla fine della proiezione del film “Bikes vs Cars” a Roma dove ha parlato di riduzione del parco auto circolante e altre cose che hanno destato il nostro interesse.

Lo abbiamo voluto incontrare per fargli qualche domanda riguardo alla questione della mobilità in Italia e ai cambiamenti che si rendono necessari nel prossimo futuro.

Negli ultimi giorni del 2015 la questione smog e inquinamento è diventata una questione di rilevanza nazionale. I trasporti sono tra i principali responsabili delle emissioni di gas inquinanti. Qual è la soluzione?
Innanzitutto bisogna smettere di considerare il problema dell’inquinamento come un’emergenza: è un problema strutturale che riflette un modello economico e sociale insostenibile. E quindi va affrontato con progetti strategici che si basino su un concetto di mobilità sostenibile, quindi trasporto pubblico, autobus, metropolitane di superficie, pedonalizzazioni, corsie ciclabili.
La soluzione che offre l’abbiamo sentita molto spesso, richiama alla mente la classica “cura del ferro”, ma che però non si riesce ad attuare, perché?
Le motivazioni sono molteplici.
La prima è per la mancanza risorse: abbiamo alle spalle un ventennio in cui la finanza pubblica ha risentito di una severissima e autolesionista austerità che ha bloccato gli investimenti. Il secondo motivo è che ci sono interessi consolidati molto forti che spingono per il mantenimento dell’auto come mezzo di trasporto dominante. Se la “cura del ferro” non è mai stata attuata non è perché non sia valida, ma proprio a causa di quest’ultimo motivo.
Purtroppo anche negli ultimi mesi si è preferito puntare su interventi a immediato impatto che sapessero colpire l’attenzione dell’opinione pubblica invece che risolvere il problema.
Lei parla di “fortissimi interessi consolidati”, a cosa si riferisce?
Non ci sono soltanto gli interessi dell’automotive, perché questi convergono con gli interessi immobiliari. Roma stessa ne è un buon esempio: negli ultimi 40 anni, la popolazione della città è rimasta la stessa, mentre la superficie della città è quadruplicata. È evidente che se consenti che una città si sviluppi come si è sviluppata Roma, assecondando rendite finanziarie e speculazioni immobiliari, poi diventa molto più complicato ripensare le modalità di trasporto.
Purtroppo allo stesso tempo non è altrettanto forte la voce di chi vuole modelli differenti.
L’Italia nel corso dell’ultimo secolo ha puntato più di qualunque altra nazione europea su una mobilità fondata sull’automobile e infatti abbiamo il tasso di motorizzazione più alto d’Europa. Ne è valsa la pena?
No non è valsa la pena, anche e soprattutto considerando il volume di risorse pubbliche che abbiamo destinato per mettere l’auto al centro del sistema di mobilità. È stata una scelta che ha sacrificato gli interessi generali di medio e lungo periodo alle esigenze particolari del momento: la mobilità nel nostro paese è stata segnata dalla FIAT. Nell’immediato la cosa ha portato a uno sviluppo della produzione e a un aumento dell’occupazione, ma adesso stiamo pagando da un punto di vista economico, oltreché da quello ambientale.
Fino a qualche anno fa diceva, però, che bisognava sostenere il settore dell’automotive per salvaguardare i posti di lavoro. Cosa è cambiato?
Credo ancora che bisogna salvaguardare i posti di lavoro del settore auto puntando, però su una riconversione industriale. Chi produce auto oggi potrà produrre autobus o treni, domani. Comunque è vero, ho cambiato posizione perché sono cambiate le circostanze: negli ultimi anni siamo arrivati a una paralisi della mobilità e a livelli di inquinamento che hanno fatto scattare un campanello di allarme,
Molte città europee stanno puntando verso un futuro carfree. Questo traguardo è raggiungibile anche in Italia?
È raggiungibile l’obiettivo proposto da Salvaiciclisti a Roma per il dimezzamento del numero di automobili nell’arco di 5 anni che migliorerebbe la qualità della vita dei singoli, oltreché dell’ambiente.
E in vent’anni?
È difficile dirlo. È chiaro che il massimo risultato possibile è quello della città senz’auto, ma dobbiamo essere consapevoli che prima dobbiamo sconfiggere fortissimi interessi politici, economici e culturali. Per arrivare a questo obiettivo occorrerà un livello di scontro molto alto, anche a causa degli anni passati in cui si è voluto mettere al centro di tutto il sistema l’automobile.
Alcune città hanno messo in atto una congestion charge. È una misura valida?
Sì, è una misura valida, ma deve essere anche equa. Chi guadagna 1.000 € al mese e per motivi economici vive in periferia ma non ha alternative all’automobile, non può essere abbandonato a sé stesso. La soluzione è praticabile quindi laddove ci sono alternative praticabili. Per fare l’esempio di Roma, invece di spendere miliardi di euro al raddoppio della Pontina che serve a portare ancora più auto a Roma, dovremmo utilizzare queste risorse per comprare autobus e treni per pendolari. Adesso, poi si parla di Olimpiadi, figuriamoci…
Ci sono altre città che invece di vietare l’uso dell’auto in città lavorano sul prezzo dei parcheggi. È una strada percorribile?
Certo, ma anche in questo caso solo se investiamo su un trasporto pubblico effettivo.
Quindi la soluzione al problema dell’inquinamento e del traffico è…
Si può riassumere il tutto in 3 punti: priorità di finanziamento a forme di trasporto alternative all’automobile, congestion charge nelle città e aumento dei prezzi dei parcheggi.
Come si affronta la questione culturale? Il 50% degli spostamenti in Italia avviene per percorsi inferiori a 5 km.
Su questo versante bisogna intervenire nelle scuole per spiegare le implicazioni dell’uso dell’auto per sviluppare consapevolezza. E poi bisogna intervenire disincentivando l’uso dell’automobile attraverso iniziative come la congestion charge e l’aumento delle tariffe dei parcheggi. Inoltre dobbiamo assecondare la tendenza nelle generazioni più giovani che guardano all’efficacia dei mezzi di trasporto e non più all’auto come status symbol.
Ma ci vorranno generazioni per arrivarci…
Se interveniamo sulla cultura attraverso scuole e sulle convenienze economiche possiamo ottenere grandi risultati in breve tempo, ma a condizione di mettere in atto politiche coerenti tra loro. L’auto è il punto focale di un modello di sviluppo che dobbiamo cambiare. La politica riformista che punta al miglioramento delle condizioni di vita delle persone deve avere questo problema al centro di una strategia. Se cambi la mobilità, cambi l’organizzazione della vita che è un passo fondamentale per affermare la centralità della persona rispetto al dominio delle forze economiche.
È favorevole o contrario alla proposta di abbassare da 50 a 30 km/h il limite di velocità massima all’interno delle città?
Favorevole. Senza esitazioni.

Commenti

  1. Avatar thomas ha detto:

    questo è un altro che come marino ha capito che noi ciclisti stiamo diventando sempre più numerosi quindi siamo voti da conquistare. fa solo campagna elettorale.

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