CEO Audi arrestato: un monito per gli altri produttori di automobili, e un rischio
È di queste ore la notizia dell’arresto di Rupert Stadler, Chief Executive della casa automobilistica Audi.
La procura di Monaco ha preso la decisione di arrestare Stadler a causa del rischio di occultamento delle prove relative all’investigazione sul caso dieselgate.
Il marchio Audi fa parte del gruppo Volkswagen, al centro del dieselgate scoppiato a settembre del 2015, quando si scoprì che le auto con motore diesel della casa tedesca erano dotate di un software particolare: quando la centralina rilevava che l’auto era sottoposta a un test delle emissioni, entrava in una modalità particolare che assicurava l’esito positivo del test; su strada invece, in condizioni reali, la centralina abilitava una modalità motore fino a 40 volte più inquinante.
Da allora, Audi ha richiamato 850.000 veicoli; lo scorso mese, Audi ha ammesso che altre 60.000 A6 e A7 sono da richiamare.
Questo arresto è un segnale: la procura di Monaco sta prendendo sul serio il caso dieselgate, nonostante la forza delle lobby dell’automobile. Il caso non si è concluso con alcune multe, per quanto salate; a causa del mancato rispetto dei limiti sono morte delle persone. È giusto che si vada fino in fondo nello scoprire cosa è successo.
Allo stesso tempo però, si corre un rischio: quello di dare tutta la colpa al diesel, magari esaltando le auto elettriche come “mobilità sostenibile”. Il problema della mobilità basata sul possesso di automobili private non è circoscritto alla qualità dell’aria che respiriamo: tocca anche questioni come lo spazio pubblico; l’inattività e l’incidentalità e i loro conseguenti costi sanitari; il piccolo commercio; il senso di comunità e la democrazia. Eliminare le auto diesel è solo il punto di partenza.
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