Dici Rotterdam e pensi: ciclabili e biciclette ovunque. Ma da qualche giorno in televisione trasmettono lo spot di un Suv della Opel, girato proprio nella città olandese, che in 30 secondi gioca sull’ironia cercando di magnificare le doti del sistema di navigazione digitale con cui è equipaggiato, in grado di comunicare in tempo reale gli imprevisti su uno schermo a colori di ben 7 pollici: “Così puoi cambiare strada e non rimanere bloccato dal cantiere come chi va in bicicletta”, questo in soldoni il messaggio veicolato dalla pubblicità.
“Questi sono i rider di Rotterdam, in Olanda: con il loro sesto senso per tutte le scorciatoie…”, la premessa serve solo per introdurre l’ingresso del Suv che, come in tutti gli spot dell’automotive, si muove su strade perfettamente sgombre, dove il traffico è un miraggio e l’unico imprevisto è rappresentato da un cantiere di lavori in corso dietro l’angolo che può essere neutralizzato grazie alla tecnologia di bordo.
Ci raccontano sempre la stessa storia: cambiano un po’ i personaggi e l’ambientazione, ma l’auto resta la panacea di tutti i mali della mobilità e può addirittura aggirare gli ostacoli, prevedere il futuro e battere il sesto senso dei rider di Rotterdam per le scorciatoie. Formidabile, se fosse vero.
Ormai ci siamo assuefatti a questo modello di comunicazione irreale e vuoto, che continua a suggerirci risposte a domande che non avevamo fatto: bisogni indotti (molto costosi per il portafoglio e per l’ambiente) che devono essere immediatamente soddisfatti; muoversi con un Suv a Rotterdam – una delle città più ciclabili del mondo, dunque dove il traffico è ridotto grazie alla massiccia presenza di bici – è molto diverso che farlo in qualsiasi città italiana e/o in altre situazioni stradali prese dalla vita reale, quella in cui il simpatico Josh protagonista dello spot sta fermo in tangenziale come tutti gli altri automobilisti e andando a passo d’uomo pensa alle rate della macchina, al pieno di carburante che dovrà fare, al premio dell’assicurazione che scade il mese prossimo, al tagliando periodico (a pagamento) da fare nell’officina autorizzata, al bollo annuale da pagare, al canone del garage privato dove dorme il suo costoso giocattolo, al fatto che per il 90% del suo tempo di vita quell’ingombrante mezzo di trasporto sarà fermo come un soprammobile perché inutilizzato. Insomma: un affarone.
In questo spot la Opel con la scusa di fare i complimenti ai rider di Rotterdam per le loro qualità in realtà cerca di ridimensionarli e sembra dire: “Ehi voi in bici, non sarete mai bravi a districarvi nel traffico come il navigatore montato sul mio Suv” (il sorrisetto beffardo del guidatore non lascia adito a dubbi), ma la realtà – come sappiamo noi che in bici ci andiamo – è che sui tempi di percorrenza in ambito urbano per coprire distanze entro i 10 chilometri non c’è paragone e non c’è storia.
Per la bici è sempre game-set-match: io per fare 5 km so che in bici ci metto al massimo 20 minuti (25 se non conosco la strada e se becco un semaforo in più) e non devo cercare e pagare il parcheggio una volta arrivato a destinazione, non devo preoccuparmi dei blocchi del traffico e delle targhe alterne (che, anzi mi favoriscono) e di scioperi dei mezzi pubblici.
E per quanto riguarda gli imprevisti, beh sono il mio pane quotidiano: la funzione “ricalcola il percorso” ormai va in automatico e posso scegliere di volta in volta il tragitto che più mi aggrada (quello con meno salite, quello con meno semafori, quello con meno tratti sterrati, quello più panoramico): ogni volta che salgo in sella ho a mia disposizione un ventaglio di itinerari tra cui scegliere in piena autonomia, mentre la libertà concessa a chi guida un mezzo a motore è molto limitata e può affidarsi alla tecnologia per cercare di alleviare le sue sofferenze nel traffico di cui egli stesso è causa.
Dall’automasochismo si può guarire: di solito si comincia inforcando una bicicletta e poi il resto vien da sé, una pedalata dopo l’altra.
La comicità involontaria dello spot della Opel deriva anche dal fatto che proprio la casa automobilistica tedesca (che dal 6 marzo 2017 fa parte del gruppo francese PSA, ndr) è nata – come anche altre sue concorrenti – come fabbrica di biciclette e, addirittura, è stata la prima a superare il milione di unità vendute nel 1924.
Peraltro spulciando il web alla ricerca di un’immagine che potesse restituirmi un’iconografia di questo glorioso passato-a-pedali, oggi relegato nel dimenticatoio, mi sono imbattuto in questa pubblicità dell’inizio del secolo scorso che, nonostante i suoi 100 anni, veicola un messaggio ancora attualissimo: “Il tempo è denaro” seguito dal payoff “con Opel li guadagni entrambi” e il soggetto è una persona che si reca al lavoro in bicicletta.
Opel aveva capito prima di tutti che per muoversi velocemente risparmiando tempo e denaro bisognava pedalare: poi ha preso un’altra strada.
Mi fa piacere vedere di non essere stato il solo a pensare quanto fosse stupida questa pubblicità…
Per rimanere in tema segnalo la fantastica pubblicità radiofonica della Mitsubishi nella quale si pubblicizza una macchina come soluzione al traffico (tu nel traffico ci sei, però consumi poca benzina!!!). Quando l’ho sentita per la prima volta non sapevo se ridere o se piangere…
Buon lavoro e congratulazioni per quello che fate!
segnalo indecente articolo su corriere.it:
https://motori.corriere.it/motori/attualita/19_febbraio_11/ciclisti-contromano-ma-sempre-cosi-004a8dac-2def-11e9-b2ba-a8cdeed9884a.shtml
Solo un sito di ciclisti può recepire questa pubblicità come un insulto ai ciclisti
My two cents:
Forse ci stiamo prendendo troppo sul serio.
La pubblicita’ in questione lancia una frecciatina ai ciclisti, vero. Pero’ e’ anche vero che il “nemico” automobilista sembra stimare i suoi “rivali” ciclisti. Implicitamente lo spot ammette che il comune destino dell’automobilista e’ quello di rimanere imbottigliato nel traffico.
Il fatto che in questo caso il ciclista rimanga bloccato dai lavori in strada mentre l’automobilista riesca beffardamente a svicolare indisturbato e’ assolutamente surreale, ma questo e’ evidente a tutti.
Dopotutto, e’ la pubblicita’ di una macchina con il navigatore, non possiamo aspettarci niente di meglio.
Condivido concettualmente le osservazioni dell’autore dell’articolo, ma forse e’ il caso di limitare il livore.
Critica alquanto inutile.
Non punta al sottolineare il “mettere in cattiva luce la bici” ma solo un sistema infotaiment in grado di segnalare ostacoli temporanei sul navigatore.
Quindi questa critica, la vedo solo come un “disprezzo” verso il marchio e soprattutto un’arrampicarsi verso gli specchi verso tale questione.
Saluti
“Sistema di infotainment in grado di segnalare ostacoli temporanei sul navigatore” di cui può disporre anche chi va in bici con un’app gratuita sul suo smartphone…
Ma così ci si distrae vedendo lo smartphone.
Il sistema nella Crossland è vocale!
Francamente, trovo – in questo caso ma non solo – un po’ surreali certi commenti dei lettori; non intendo assolutamente polemizzare: ogni persona che legge bikeitalia la può pensare come vuole, ma è proprio qui, secondo me l’ arcano; ovvero, l’ articolo in questione centra semplicemente l’ obiettivo e mette in luce quello che è un messaggio pubblicitario totalmente sbagliato e anacronistico, cioè che una bici possa restare imbottigliata nel traffico (assurdo…) ma non, invece, possa restarci un gippone. Chiunque, tra i lettori, che solo minimamente si interessi di mobilità sostenibile o che usi anche solo sporadicamente la bici, dovrebbe essere d’ accordo con quanto sostiene l’ articolo..invece no. Tot capita tot sententiae? Oppure strategia di contrasto organizzata? Non si tratta, in questo caso, di evidenziare gli errori in tema di mobilità di una certa area politica, trascurandone un’ altra che magari fa pure peggio, è proprio un errore di comunicazione: come non accettare questo fatto, da parte di un sostenitore della mobilità alternativa? .