Ho riflettuto a lungo sull’opportunità di scrivere questo articolo: ogni volta che un ciclista viene investito e ucciso ripiombiamo di colpo in una realtà ostile fatta di strade dove chi pedala è in costante pericolo, non è il benvenuto; dove la bellezza di stare in sella corre sul filo del rasoio in un equilibrio precario e basta un attimo per trasformare una sgambata con gli amici nell’ennesima tragedia annunciata.
Ma ritengo che sia necessario scriverne perché, ancora una volta, i media generalisti non hanno perso occasione per fare la solita cronaca dove “l’auto” – oggetto inanimato e, al netto di quelle a guida autonoma, che non si muove da sé – è diventata la protagonista dell’azione: “auto travolge gruppo di ciclisti”, “auto investe ciclisti”, “auto sbanda e investe gruppo di ciclisti”, “ciclisti morti travolti da un’auto”. E altre variazioni sul tema. In un primo momento, prima che si accertassero le cause dell’accaduto, praticamente tutte le testate – tra cui anche l’Agenzia Ansa – hanno messo nel titolo queste espressioni, all’insegna della deresponsabilizzazione e della fatalità.

Poi sono arrivati nuovi particolari in cronaca: la persona alla guida dell’auto ha avuto un malore e ha perso il controllo del mezzo, invadendo la corsia opposta su cui transitava il gruppo di circa 20 ciclisti amatoriali. L’auto era una semplice Panda van di piccola cilindrata, anche se qualche testata ha scritto che si trattava di un “Suv” nonostante le foto dell’utilitaria Fiat in bella mostra anche a corredo del loro articolo. Forse perché la parola “Suv” è meglio posizionata sui motori di ricerca di “Panda” e acchiappa più click quando il tema è legato agli incidenti stradali? Chissà.
Ma veniamo a un altro aspetto, l’età della persona alla guida: si trattava di un 82enne – una persona nata nel 1940 e che con molta probabilità aveva preso la patente circa una sessantina di anni fa – che ha avuto un infarto mentre stava guidando e quindi ha perso il controllo dell’auto, investendo il gruppo di 20 ciclisti sulla corsia opposta prima di terminare la sua corsa in un fossato a bordo strada. Oltre ad aver investito e ucciso 3 di quei 20 ciclisti, la persona alla guida è la quarta vittima di questa ennesima tragedia annunciata.
Difficilmente qualche giornale si prenderà la briga di affrontare un tema scomodo, legato all’età del conducente: perché è possibile guidare un’automobile senza limiti di età? Andando in là con gli anni l’unica differenza nel rinnovo del permesso di guida sta nella minor durata della patente e nella necessità di esami più approfonditi per poterla rinnovare, soprattutto in caso di patologie in corso. Sull’effettiva fiscalità e correttezza degli esami non mi pronuncio, perché non ho abbastanza elementi per farlo: ma sarebbe interessante sapere quante domande di rinnovo-patente ogni 100 vengono accettate. E quante tra gli over 80.
La sensazione è che gli anziani alla guida – mettiamo gli ultraottantenni – rappresentino tante piccole bombe ad orologeria pronte ad esplodere: come sappiamo da quando siamo nati, non è una questione di se, ma di quando. E se l’infarto sopraggiunge mentre si è alla guida questa bomba ad orologeria diventa l’arma con cui altre persone incolpevoli perderanno la vita sulla strada.
Spesso quando si verificano incidenti con morti e feriti si invoca l’ergastolo della patente: una persona che guidando un mezzo a motore ne uccide un’altra deve essere messa in condizione di non nuocere e non potersi mettere mai più al volante. Perché invece non pensare a una pensione della patente per tutti, basata solo sul fattore età, per evitare che si possano verificare situazioni potenzialmente pericolose la cui incidenza tra gli ultraottantenni è statisticamente più alta?
Quante persone conosciamo di 80 anni e più che, pur avendo la patente ed essendo in buone condizioni di salute, già da tempo non guidano più in autostrada ed evitano spostamenti troppo lontano da casa o di notte perché non si sentono sicuri?
Intanto oggi piangiamo per un’altra strage di ciclisti sulle nostre strade: l’ennesima tragedia annunciata. E i media generalisti continueranno a ignorare il tema della sicurezza di chi pedala, tanto c’è sempre un’auto impazzita a cui dare la colpa.
Rispondo ad Emanuele.
Sono d’accordo che anche qui regni sovrana l’ignoranza , in questo caso la sua.
I ciclisti uccisi ,indipendentemente dall’età , sono stati centrati dall’auto come fossero birilli e sostenere come fa lei che siano morti per mancanza di riflessi dovuti all’età (oltretutto il piu avanti con gli anni ne aveva 73 , 9 in meno di chi guidava la macchina…) è veramente irrispettoso per quelle persone ed i suoi cari.
Vedo che l’ignoranza regna sovrana anche qui.
Se si prende la briga di informarsi, si legge che dei tre ciclisti morti uno aveva 56 anni, uno 71 e l’altro 73.
Per rigor di logica, se si invoca la pensione della patente ad una certa età, bisogna anche valutare l’equilibrio, i riflessi e la preparazione necessaria per andare in bicicletta a 70 e passa anni.
Tanto più che nell’evento citato alcuni ciclisti hanno evitato la macchina (riflessi) mentre le vittime no.
E in ultimo, sparare a zero verso un anziano che ha causato il disastro perchè si è sentito veramente male (ed è pure morto), secondo me è uno schiaffo a tutti coloro che sono morti per colpa del guidatore al telefono (ha avuto un malore) o che circolava a velocità improponibili.
Non ha colto il senso dell’editoriale: quello che volevo dire l’ho scritto. E l’età dei ciclisti investiti e uccisi non c’entra nulla con la mia riflessione.
Manuel Massimo – Direttore responsabile di Bikeitalia.it
Condivido solo parzialmente. L’infarto può venire anche ,e non in minor misura,a 50 anni. Se togli la patente a tutti dagli 80 anni in poi,vedi quanti nemici ti fai e soprattutto quanti inutili,/dipendenti crei. Piuttosto facciamo un esame annuale serio. L’infarto,la fatalità può poi comunque succedere.
L’infarto è una fatalità e può succedere a tutte le età, su questo siamo d’accordo. Il problema che sollevavo nel mio editoriale è diverso ed esula dal fatto di cronaca in sé: più si va in là con gli anni più i riflessi si appannano e la possibilità di provocare incidenti per cause legate alla propria condizione fisica aumentano di conseguenza. Diciamo sempre che prevenire è meglio che curare, ma poi quando si tratta di proporre la pensione per la patente si grida allo scandalo. Peraltro la popolazione italiana ha un tasso di motorizzazione del 70% e sta invecchiando sempre di più: è il caso che ci siano milioni di persone over 80 alla guida facendo un esame di controllo ogni 2 anni? Come ho scritto sono bombe a orologeria pronte a esplodere: perché proporre di disinnescare un pericolo potenziale viene visto come un attentato alla libertà personale?
Manuel Massimo – Direttore responsabile di Bikeitalia.it