Si può tornare alle origini e trascorrere un weekend in bici senza tecnologia come un buon vecchio trapper? Ci abbiamo provato.
L’idea mi è venuta in mente una mattina alle poste. Dovevo compilare a mano una raccomandata, ma non ricordavo più come inserire quello che mi veniva richiesto, abituato ormai a operare con le app non mi raccapezzavo con le caselle e i codici.
E in quel momento un altro pensiero si faceva largo: che cosa sarebbe successo se una cosa simile fosse accaduta in un tratto nel bosco durante una solitaria? Mi ricordo che una volta il mio GPS smise di funzionare e ricorsi allo smartphone, scaricandolo poco prima di arrivare alla tappa prevista per fortuna vicina. Uno spavento.
Ma il tarlo del pensiero ormai penetrava a fondo, facendosi largo ripescando gli anni in cui facevamo senza telefoni mobili e navigatori.
Appunto: come facevamo? Io mi ricordo che sapevo leggere una cartina e dare la posizione utilizzando la bussola. Così mentre compilavo, fantasticavo su come sarebbe stato provare ad essere un cicloviaggiatore degli anni ’90.
Progettare l’avventura: tra manuali e manualità
Tornato a casa sono andato prendere un libro che conservo da quando ero adolescente ed è considerato un cult dagli amanti dell’avventura, “il Manuale del Trapper*” di Andrea Mercanti e ho iniziato a cercare qualcosa che riguardasse la bici, ma ero anche attirato da tanti altri aspetti: come accendere un fuoco senza fiammiferi, come costruirsi delle scarpe o un rifugio, cosa mangiare.
Ed è allora che mi sono detto “voglio provare un fine settimana senza device, supporti, appigli e contando su poche cose costruite da me“. Ed è per questo che in questo articolo non troverete link e riferimenti, tracce komoot, tutorial.
Dimenticate tutorial e tecnologia
Ho iniziato a progettare questa esperienza senza ricorrere al web, anche se i tutorial di bushcraft e fai da te si trovano con molta facilità.
Nella libreria avevo anche un vecchio manuale di topografia e uno recente sui nodi e le legature, il percorso lo avrei scelto sulla base delle cartine che avevo a disposizione. Volevo dare autenticità a un’esperienza se volete vintage e magari pure pretenziosa, ma che mi avrebbe riabituato alla manualità e alla creatività.
Non è stato facile, abituati come siamo a ‘spolliciare’ per ogni informazione, dubbio. Sommersi da tracciati gpx, abbigliamento e accessori super tech, deleghiamo ogni ricerca allo smartphone.
L’intuizione avuta allo sportello delle poste era perfetta per iniziare in quello che più volte mi ero ripromesso: disintossicarmi dalla bulimia di accumulare informazioni su qualsiasi cosa riguardasse eventi o percorsi da fare.
Preparativi: dalle borse fai-da-te al menu del trapper
Chiarito come avrei progettato la mia esperienza di trapper in bici, ho iniziato a pensare cosa mi sarebbe servito e come lo avrei realizzato e mi sono messo a studiare le cose che non sapevo.
Fare pratica: pedalare senza GPS e altre amenità
Per fare pratica con la topografia, giravo in città con la cartina e la bussola; per esercitarmi nell’accendere il fuoco durante le mie uscite in bici sceglievo sentieri molto appartati dove provavo ad accendere dei fuochi solo con l’acciarino, facendo attenzione alla sicurezza.
Durante la settimana preparavo le cose di cui avevo bisogno: un paio di sandali per far riposare i piedi dopo la pedalata. Le esche per il fuoco. Varie prove di “cucina” per decidere un menù equilibrato, ma in stile trapper.
In ogni momento mi giravo tra le mani dei cordini per provare le legature con dei legni che ho lavorato per imparare le legature per un treppiede che ho progettato come cavalletto da fare quando mi sarei accampato e infine le borse.
Il viaggio
Una volta tutto pronto, sono partito. Ho scelto una località della montagnola senese. Lo studio della cartina è stato impegnativo perché dovevo calcolare le distanze e i dislivelli in modo manuale: goniometro, squadra, matita e righello, anche perché non ci sarebbe stato nessun satellite a correggermi, né a rielaborare i tempi in funzione delle distanze.
Ho pedalato senza avvertire alcuna differenza rispetto ad un normale assetto da viaggio e mano a mano che mi addentravo nei sentieri mi sentivo sollevato e soddisfatto. Partito la mattina presto, sono arrivato alla destinazione prevista abbastanza presto per avere a disposizione qualche ora di luce così da poter montare il Tarp e il treppiede, poter fare quel po’ di legna che mi sarebbe servita per il fuoco della cena che per la colazione.
La notte nel bosco: tra ansie e silenzi
Con me avevo un taccuino e anche un libro tascabile perché temevo che mi sarei annoiato durante i tempi morti, senza un cellulare da compulsare. Ma dopo aver preparato il mio campo base mi sono seduto con una tazza di tè a guardare i colori autunnali degli alberi e a pensare.
Ammetto che non era una situazione davvero ‘meditativa’, i miei sensi stavano perennemente in allerta e quindi intervallavo con giri circostanti il campo base e con le orecchie dritte a ogni fruscio e scricchiolio. Però, verso il tramonto mi sono messo a preparare la cena e l’impegno richiesto tra accendere il fuoco, mantenerlo, cucinare mi ha distratto e riconciliato con l’ambiente circostante che non sentivo più come ostile.
Solo, nel bosco, il sonno è leggero. Nel buio anche una civetta mette ansia e il rovistare di qualche cinghiale distante mi teneva in allerta, sebbene il cibo e gli avanzi fossero messi in alto, in una busta sugli alberi (e orsi qui non ce ne sono).
La lezione del mattino
La luce del mattino nel tarp filtra immediatamente, costringendoti ad una rapida sveglia. Nonostante il desiderio di fare subito colazione, come d’abitudine, mi sono dovuto mettere ad accendere prima il fuoco. Il thè e quello che avanzava delle barrette energetiche che avevo preparato hanno reso poi deliziosa l’alba.
Alla luce del sole le paure della sera appaiono ridicole e ti accorgi di quanto la percezione porti a sopravvalutare aspetti del tutto normali, come i suoni e i lamenti della notte nel bosco.
Smontato il campo è tempo di pedalare per rientrare a casa, sognando la doccia calda, una tazza di caffè bollente e senza nessuna nostalgia per il cellulare. Che però appena lo accendo scarica una quantità incredibile di messaggi preoccupati, non avendo comunicato con nessuno durante i due giorni nei boschi.
Un’esperienza tra paura ed emozione
Che esperienza è stata? Emozionante e preoccupante. L’emozione era dovuta all’adrenalina perché quando si è soli in un bosco, al calare della sera ogni pensiero si oscura e tendiamo a proiettare ombre e vedere pericoli, si affacciano pensieri brutti e sale un po’ di ansia. Allora è indispensabile trovare la calma, che nel mio caso si traduce nel tenermi occupato.
Ma quando sei in piedi all’alba e i fantasmi sono un ricordo lontano e comico allora assapori tutto quello che hai vissuto e non vedi l’ora di rifarlo, ti dispiace smontare il campo che è stata la tua casa, il rifugio che ti ha custodito e ti prepari al ritorno che sarà carico di emozioni positive.
La parte tecnica: come ho fatto?
Borse
Ho scelto di farle con le taniche di plastica, perché molto pratiche e resistenti, oltre che leggere come materiale. Per cui ho tagliato la parte superiore, prendendo la misura del portapacchi, forate nei punti di attacco e fascettate, sul retro ho inciso due tagli orizzontali per favorire l’inserimento di un catarifrangente come ulteriore strumento di sicurezza.
Da buon appassionato di bikepacking ho sfruttato la parte anteriore del manubrio utilizzando i sacchetti del sacco a pelo. Lo svantaggio per le taniche è la loro rigidità per cui va scelta con accuratezza cosa portare e come disporlo, ma chi è abituato al bikepacking già riduce molto il materiale e l’abbigliamento da portare. Nella parte superiore basta coprirle con telo consistente o anche con il guscio degli zaini se abbastanza idrorepellente.
Sandali
Per i sandali ho seguito le istruzioni del libro del Mercanti, ma era difficile per me lavorare sul cuoio. Dopo qualche tentativo mi viene in mente che allo stesso modo potevo utilizzare un vecchio stuoino, dei cordini e delle fasce elastiche. Dopo aver preso la misura del piede, lasciando qualche centimetro di larghezza in più, si incidono con dei piccoli tagli i punti dove passano i nastri elastici che servono per bloccare il tallone.
Esche per il fuoco
Sono molto semplici da realizzare, basta prendere il cartone della confezione delle uova, tagliarlo in piccoli pezzi che poi vanno avvolti dentro uno spago di canapa o di corda, fino a firmare una pallina che poi viene immersa dentro la cera delle candele che avremo sciolto dentro un pentolino. A questo punto sono pronte.
La cera preserva il nucleo perché impermeabile e quando andremo ad accendere il fuoco, basta tagliarle a metà e le scintille prodotte dallo sfregamento dell’acciarino innescano l’accensione grazie alla infiammabilità della canapa che unita alla cera terrà la fiamma a lungo come una candela, così che la risulta dei legnetti prenda fuoco. A quel punto si tratta di mantenere la il fuoco acceso, aggiungendo legna più consistente.
Cavalletto
Avevo salvato una foto di un cavalletto realizzato con tre pali come base. In pratica si costruisce un treppiede e s’inserisce all’incrocio in cima, altri due pali legati tra loro a croce, questi saranno i bracci dove la bici verrà appoggiata.
Per assicurare la stabilità del cavalletto ho imparato a eseguire delle legature specifiche perché stabilizzano la struttura e rendono rigida la disposizione dei pali.
Menu
Chi va in bicicletta è sempre molto attento al giusto equilibrio nell’alimentazione e mi sono posto il problema, vista la modalità quasi ‘survivor’.
Durante la pedalata mi ero preparato delle barrette energetiche fatte in casa. Perciò si trattava poi di pensare alla cena, in quanto per il pranzo avevo con me dei panini con lo speck (che si conserva molto bene). Per la sera avevo mezzo dado da brodo e 50 grammi di tagliatelle che avevo spezzettato, così da favorire la cottura. A completare il pasto una salsiccia e un uovo sodo.
Ho preparato anche il pane twist che è il tipico pane della cucina trapper. In pratica ho impastato la farina che mi ero portato con un po’ di acqua fino a raggiungere un impasto elastico che poi viene avvolto intorno ad uno spiedino.
Per la colazione avevo delle bustine di tè, che non occupano spazio, e le barrette. La preparazione è stata molto semplice. Gli ingredienti si adattano sia per avere energia durante la pedalata che per colazione. In pratica si amalgamano miele e poco olio riso soffiato, fiocchi d’avena, semi vari, noci o mandorle, pezzetti di cioccolato e si mettono in una teglia si spennella con del miele e si cucinano in forno per 15 minuti a 200°, una volta tagliate e imbustate nella carta da forno, sono pronte.
Bussola e cartina
Mi ero imposto che non avrei usato il cellulare (che ho comunque portato con me, ma imbustato e sigillato, nel caso avessi avuto una emergenza). Come raccontato, ho ripassato i concetti per orientare una cartina, trovare le coordinate di un punto (in genere quello in cui ci troviamo se avessi dovuto comunicare la mia posizione), tracciare un Azimut per arrivare ad una destinazione e studiato le scale e le distanze, calcolato con le curve di livello i dislivelli che avrei affrontato.
Una volta calcolata la distanza, stabilite tappe e soste, stimata la durata, considerati i dislivelli, ho trascritto tutto su un taccuino.
Per chi volesse cimentarsi con un’avventura in bikepacking come un trapper, ecco alcuni spunti (ebbene sì, online)
- Borse da bici fai da te: la ‘vecchia’ idea di Rackhackers – Life in Travel
- Costruiamo una borsa da manubrio
- Tensionare Tende e Tarp con SOLO 3 Nodi – Un sistema semplice e versatile
- Fare un treppiede
- Come fare le esche per il fuoco
- Come fare i sandali fai da te
(*i trapper erano i cacciatori ed esploratori che percorrevano le montagne del Nord America, specialmente le Montagne Rocciose, nella seconda metà del XVIII secolo)
La bici, la più bella invenzione mai fatta!! La libertà la più bella situazione da vivere, a volte la solitudine il più grande rimedio alla cattiveria dell’uomo, l’amore il più grande antidoto contro la guerra!!
Grazie a tutti x info su come vivere bene!! Mauro( scusate, ma ho dovuto usare il telefono!!!) ciaoo
È da anni che giro in bicitenda da solo sulle Alpi e sugli Appennini , rigorosamente più lontano dal bitume possibile e mi sono sempre orientato con le carte. Anch’io porto il telefono, ma non sopporto la menata della batteria scarica e voglio la massima libertà. Figuraiamoci se usassi una bici elettrica, infatti ho una fat bike a biomassa umana. Per la cottura generalmente uso un fornellino a legna smontabile, ma ho sempre un piccolo Trangia ad alcol di scorta, metti che rimani bloccato in tenda per più di un giorno per una nevicata improvvisa, (già successo ) almeno mangi caldo tra una dormita e l’altra. Il vantaggio di carta e bussola è che non si scaricano e quando è buio dormo, e se sei nei guai un pezzo della cartina lo puoi usare per accendere il fuoco… Quando arrivo dove prende il telefono cancello semplicemente tutti i messaggi (tranne moglie e figli) senza leggerli, se chi mi ha cercato aveva urgentemente bisogno di me, ha già risolto e se avrà ancora bisogno richiamerà. La libertà dobbiamo reimparare a guadagnarcela anche con le piccole cose.
niente di nuovo sotto il sole. Hikes e viaggi in bici in autonomia fin dai primi aa ’60. solo cartina bussola telo da tenda e poco altro….. la scuola è quella del giovane esplorare