Il tema è molto dibattuto: perché le officine per bici non sono state incluse tra le attività che svolgono un servizio essenziale, al pari di quelle per auto e moto, in questo periodo di difficoltà dove chi si sposta in bici non può contare su un tempestivo e qualificato intervento meccanico in caso di necessità?
Queste settimane stanno mettendo a dura prova la nostra tenuta fisica e psicologica: siamo in quarantena, chiusi in casa, usciamo lo stretto necessario seguendo le prescrizioni del governo che ha limitato la circolazione di tutti i cittadini per evitare che il Coronavirus si propoghi ulteriormente tra la popolazione.
Ma per gli spostamenti autorizzati e necessari la bicicletta resta uno dei mezzi migliori per evitare di entrare in contatto con gli altri, mantenere le distanze di sicurezza e poter fare un minimo di attività fisica, in questi giorni più che mai necessaria a causa della quarantena domiciliare imposta per salvaguardare la salute pubblica.
La questione del codice Ateco Istat che considera le officine per bici come “riparazione di articoli sportivi e per il campeggio” ha, di fatto, burocraticamente estromesso queste attività dalla lista di quelle essenziali espressamente autorizzate per decreto a restare aperte: ma c’è un modo per superare questa impasse e trovare una soluzione legale e legittima per restare aperti, anche in questo periodo di quarantena forzata.
Per poter continuare a svolgere la propria attività – limitatamente alla riparazione e alla fornitura di ricambi per bici – i negozi di biciclette con servizio di officina e le officine di riparazione bici possono inoltrare una comunicazione indirizzata via pec al Prefetto in cui dichiarano che la loro attività è “funzionale a chi svolge un servizio essenziale”: starà poi alla prefettura territoriale la verifica della veridicità e sussistenza di quanto dichiarato.
Questa soluzione tecnica è stata proposta dal dottore commercialista Daniele Pantini, dell’Associazione Esperti Promotori della Mobilità Ciclistica, con queste motivazioni: “Aderiamo al principio della essenzialità. Importante considerare che le ciclofficine che assistono ciclofattorini e rider (funzionali a servizi essenziali) possono restare aperte attraverso il modulo di comunicazione da inoltrarsi via pec alla prefettura territoriale ai sensi dello art 1. comma 1 punto d del DPCM del 22 marzo. La veridicità e sussistenza di quanto dichiarato sarà valutata dal prefetto che – in caso di mancanza dei requisiti per poter restare aperti, ndr – ne potrà disporre con comunicazione la chiusura”.
La modulistica è disponibile sul portale della Prefettura: ciascuna attività interessata deve inoltrare la pec alla prefettura territoriale di competenza. Dopo aver inviato questa comunicazione ufficiale al Prefetto, dunque, le officine per bici – in assenza di comunicazioni contrarie da parte della prefettura territoriale di competenza – potranno restare aperte.
Cogliamo l’occasione per sottolineare qui su Bikeitalia che in altri Paesi, ciclisticamente più avanzati del nostro e meno farraginosi dal punto di vista burocratico, fin da subito le officine per bici sono state considerate attività essenziali e dunque le persone che hanno continuato ad utilizzare la bicicletta per i propri spostamenti – tra cui gli operatori sanitari e gli altri lavoratori dei settori che forniscono beni di prima necessità – hanno potuto contare in ogni momento su una rete capillare e diffusa di assistenza meccanica in caso di necessità.
Come abbiamo scritto: la bicicletta non è un giocattolo ma un mezzo di trasporto e, oggi più che mai, va garantita l’assistenza meccanica in caso di bisogno alle persone che si spostano in bici in città.
Sono un infermiere professionale. Da anni ho fatto la scelta di rinunciare alla automobile e uso quindi la bicicletta per andare al lavoro in ospedale. Ora la mia bici è forata e necessita di ricambio, devo prendere i mezzi con il conseguente aumento di rischio contagio per me e per i miei pazienti. È chiaro, infatti, che fare il percorso in bicicletta non causa possibilità di contagio mentre ciò non è valido per quanto riguarda i mezzi pubblici, anche usando tutte le possibili precauzioni. Spero che il governo per una volta metta da parte la farraginosa burocrazia e consenta alla svelta l’apertura delle officine per bici. Non mettete, per favore, a noi infermieri ulteriori bastoni fra le ruote, grazie.