Mobilità

La mobilità condivisa ai tempi del Covid-19

La mobilità condivisa ai tempi del Covid-19

Abbiamo già espresso la nostra perplessità riguardo al ruolo che rivestirà il trasporto pubblico una volta che tutti noi riprenderemo a muoverci nelle nostre città, ma non abbiamo avuto modo di riflettere su cosa ne sarà di una forma di mobilità che si pone a metà tra il mezzo privato e il trasporto pubblico locale: la mobilità condivisa, meglio nota come sharing mobility.

movilità condivisa sharing mobility covid-19

Negli ultimi anni le principali città italiane hanno visto crescere fortemente i servizi di sharing: auto, moto, scooter bici e più recentemente i monopattini sono diventati la norma per molti italiani.

Ma come si pongono questi servizi rispetto all’emergenza sanitaria che stiamo vivendo?

Facendo un passo indietro e tornando per un attimo al trasporto pubblico sembra che ATM a Milano e ATAC a Roma si stiano preparando a contingentare gli accessi alla rete delle metropolitane per evitare affollamenti.

Allo stesso modo sono allo studio alcune soluzioni pratiche per garantire il distanziamento di un metro all’interno delle vetture. Questo inevitabilmente significa che un importante numero di persone sceglierà di muoversi in un altro modo, sia perché i corridoi della metropolitana potrebbero trasformarsi in code di persone in attesa di accedere ai tornelli, e quindi rallentare di molto la velocità commerciale del trasporto pubblico e sia perché alcune persone non vorranno più condividere spazi angusti con altre centinaia estranei.

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In fondo basta vedere cosa è successo a Wuhan, in Cina, primo focolaio del Covid-19. Da qualche giorno la metropolitana e i mezzi pubblici sono tornati a circolare ma adottando misure per evitare il contagio mai viste prima: test per il controllo della febbre, obbligo di mascherine e QR Code sul telefono per provare la propria salute sono solo alcune iniziative portate avanti per evitare una nuova ondata di contagi. Il tutto si è tramutato in un drastico calo dell’uso della metropolitana.

Con questo scenario ben in mente la risposta più veloce ed efficiente è indubbiamente quella di trasformare parte delle nostre strade in piste ciclabili emergenziali, per questo è fondamentale l’aiuto che i servizi di bike sharing e scooter sharing (monopattini, ndr) possono dare in questo momento.

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Ciclabili d’emergenza a Berlino

La flotta di bici e monopattini condivisi può rivestire un ruolo “cuscinetto” per le persone che, volendo evitare il trasporto pubblico, non saprebbero come muoversi altrimenti.

Infatti, essendo presenti in diverse città con un elevato numero di mezzi, possono rappresentare un valido aiuto per chi ancora non possiede una mezzo proprio o semplicemente per quelle persone che compivano solo una parte del tragitto con il trasporto pubblico.

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La definizione di micromobilità adottata dall’ITDP

Sia i monopattini che le biciclette sono infatti dei mezzi che possono convivere in spazi dedicati, e quindi sulle piste ciclabili o se meglio preferiamo lungo quelle che potrebbero prendere il nome di “corsie per la micromobilità”.

Non a caso l’ITDP si è prodigato per dare una definizione di micromobilità univoca a livello mondiale, facendo rientrare nel termine anche la ciclabilità.

Per entrambi i mezzi i rischi di contagio sarebbero infatti molto ridotti e forse esclusivamente limitati al contatto delle mani, problema però che si può superare con una sanificazione giornaliera (già attuata da BikeMi a Milano) o con l’utilizzo di guanti monouso.

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Ma dalla convinzione che la micromobilità e la ciclabilità siano una risposta all’emergenza Coronavirus nasce l’idea di produrre delle manopole autodisinfettanti, così come sperimentato da una start-up americana che produce pellicole “anti contagio” da applicare sui mezzi in condivisione.

Lo stesso ragionamento evidentemente non può essere fatto per le auto in condivisione, dove a causa dell’abitacolo chiuso e dei numerosi punti di contatto è molto più difficile garantire l’effettiva salubrità dell’ambiente, a meno che le aziende fornitrici del servizio non operino soluzioni di sanificazione ad ogni utilizzo ma sembra un’ipotesi molto remota e poco sostenibile dal punto di vista economico.

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Uno degli operatori del car sharing milanese

Sembra quindi che ancora una volta la risposta ai nostri problemi arrivi da quella che a oggi più diffusamente chiamiamo micromobilità, e quindi biciclette e altre forme di spostamento simili, e non tanto dalla cara vecchia automobile, segno che i tempi stiano cambiando?

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