«Pronto? Vorrei come antipasto un Dario Fo, poi una porzione abbondante dell’Inferno dantesco e per finire qualcosa di dolce per i bambini: un Rodari-remix. Ah, già che ci siamo, ci metta anche una pezzo di Locandiera, faccia per sei. Grazie, vi aspettiamo!».
Succede anche questo durante la pandemia, quando i teatri chiudono ma nell’aria resta la fame di cultura e gli artisti disoccupati decidono di farsi forza inventandosi nuovi modi non solo per lavorare ma anche per resistere e continuare a far circolare l’arte.
Nasce così Teatro Delivery, il teatro consegnato a domicilio da Roberta Paolini e Marica Mastromarino, le due attrici che hanno deciso di inforcare la bici, caricarsi sulle spalle la borsa gialla da rider con infilato qualche costume di scena, per portare l’arte a casa delle persone.
Anzi, non a casa ma sotto casa, ovvero nei cortili dei palazzi, sui terrazzi ma anche al parco o lungo la strada: l’importante è avere un luogo all’aperto dove ritrovarsi in piccoli gruppi e mantenere le distanze necessarie.
Meccanica di Emergenza per Biciclette
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Senza sipario, senza riflettori e platea, il teatro in bicicletta supera i limiti del covid-19 e si ricongiunge con il pubblico.
«Il nostro è un teatro essenziale – dice Marica – popolare, potremmo dire “molecolare”, per il rapporto fisico stretto che abbiamo con i nostri spettatori. Di solito in teatro, nella scatola magica, quando si spengono le luci ci troviamo davanti a quell’entità che è Il Pubblico, una specie di grande polmone vivente che noi attori sentiamo respirare ma di cui non vediamo i singoli individui. Qui è tutta un’altra cosa, abbiamo sei, massimo dieci persone contemporaneamente di fronte a noi, le vediamo negli occhi, siamo lì con loro, ci portano ad esibirci per esempio sul tetto del palazzo che abitano o sul terrazzo dei loro appartamenti. Ci aspettano e lo spettacolo finisce quando noi, dopo aver salutato, scompariamo dietro l’angolo in sella alle nostre bici».
Marica ha 27 anni, si è trasferita a Milano per frequentare l’accademia del Piccolo Teatro dove si è diplomata. Viene da un paese vicino a Bari, ha un piglio energico e serioso, usa la bici del coinquilino per sfrecciare in città e ha scoperto la bellezza e l’utilità di questo mezzo proprio col Teatro Delivery.
Roberta, invece, è cresciuta a Ferrara, nella città delle biciclette, per cui da sempre si muove su due ruote.
«Sono sempre andata in giro in bici, a Ferrara mi caricavo come “la barlicca” – così si dice da quelle parti – cioè come una vecchia signora un po’ pazza che va in giro per le strade stracarica, trasportando borse e oggetti. Ho sempre avuto un grande cestino e ho trasportato con orgoglio qualsiasi cosa. Poi mi hanno rubato la bici…così al momento ho in prestito quella di un amico macchinista!».
La comicità è la sua cifra stilistica e lavora col teatro anche nel sociale, con i ragazzi in carcere o come clown dottore in corsia.
L’amicizia tra le due e la loro intesa artistica è a tutti gli effetti figlia della pandemia. Infatti si incontrano all’interno della “Brigata Franca Rame” (un nome, un destino!) una delle tante brigate solidali sorte a Milano durante il lockdown in cui i volontari offrono assistenza e aiuti alimentari a chi è in difficoltà. Durante questa esperienza, Roberta e Marica iniziano un primo progetto di teatro a domicilio per le stesse famiglie a cui prima portavano solo pacchi alimentari, come a dire che anche il teatro nutre, cura, mantiene vivi e ed è un bene necessario.
«Ci siamo ispirate al progetto di Ippolito Chiarello che ha ideato il “Barbonaggio Teatrale“. Ippolito propone i suoi spettacoli, oltre che in teatro, anche per strada o in luoghi non teatrali, su un palchetto, vendendoli a pezzi».
Da quell’idea di “teatro territoriale” – un simbolo di protesta verso il sistema teatrale e allo stesso tempo un grande atto d’amore verso il pubblico – sono nate le Usca, le Unità Speciali di Continuità Artistica. Al momento in Italia, nelle varie regioni, se ne contano circa 60, moltissime si muovono a Sud, in Puglia e Sicilia.
«Noi abbiamo iniziato a dicembre 2020 – racconta Roberta – siamo partite d’istinto e poi la nostra azione si è riempita di significato. Una settimana prima me ne stavo sul divano in preda al panico e allo sconforto per le prospettive inesistenti del mondo dello spettacolo dal vivo. Con Teatro Delivery siamo state travolte da messaggi e chiamate di persone che ci chiedevano di andare da loro, raccontandoci di quanto a loro mancasse il teatro. Poi sono arrivati i media e siamo finite persino nei tg nazionali! Questa cosa ci ha sorprese, ci ha scaldato il cuore».
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E a proposito di cuore, aggiunge Marica: «Abbiamo fatto circa 70 spettacoli, persino in mezzo alla neve o sotto al tunnel di una stazione di periferia, perché fuori pioveva. Ogni volta è diverso, ogni incontro è una tacca in più scolpita sul cuore».
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