Questa è la storia di un ritorno: quello sulle strade della Calabria in bicicletta, a distanza di quarantaquattro anni. Ogni pedalata che facciamo è un’esperienza a sé stante, è vero. Se pedaliamo di nuovo lo stesso itinerario in diverse stagioni della vita possiamo fare un confronto a tutto tondo evidenziando le analogie e le differenze. Lorenzo Molinari, milanese classe 1960, è tornato a pedalare in Calabria sulle stesse strade che oggi fanno parte della Ciclovia dei Parchi della Calabria. Un itinerario cicloturistico affrontato la prima volta nel 1977, quando aveva 17 anni, e poi di nuovo nel 2021, con 44 primavere in più sulle spalle ma anche migliaia di chilometri in più nelle gambe e l’esperienza di una vita di viaggi avventurosi in giro per il mondo.
Per Lorenzo i viaggi in bicicletta iniziarono presto, come racconta a Bikeitalia: “A 16 anni comprai la mia prima “vera” bicicletta, perché un paio di amici mi avevano proposto una pedalata da S. Sebastian a Barcellona, percorrendo tutti i Pirenei, cosa che feci pochi giorni dopo con grande entusiasmo ma anche tanta fatica. Da allora ho percorso molta strada in bicicletta in giro per l’Europa, quasi esclusivamente di montagna”.
Poi gli studi, il lavoro e tante attività sportive e umane, a contatto con la natura e con le persone: “Sono laureato in economia e per trent’anni ho svolto attività professionale. Sette anni fa ho smesso di lavorare per riappropriarmi del mio tempo e vivere con semplicità ed essenzialità, occupandomi anche di volontariato, soprattutto rivolto alla grave emarginazione. La mia indole avventurosa mi porta ad apprezzare l’isolamento in luoghi naturali, preferibilmente non lontani dalla mia città, per contenere il mio impatto ambientale e apprezzare in profondità ciò che mi circonda in orari e stagioni diverse. Oltre alla bicicletta, pratico la canoa per mari, laghi, fiumi e torrenti, anche a carattere esplorativo; ho gareggiato per la nazionale italiana e sono istruttore federale. Sono anche appassionato di alpinismo in tutte le sue forme, dalla roccia al ghiaccio”.
Ripercorriamo in un’intervista con Lorenzo il racconto dei suoi due viaggi in bicicletta lungo la Ciclovia dei Parchi della Calabria, a quarantaquattro anni di distanza.
Quali sensazioni hai provato pedalando in Calabria lungo la Ciclovia dei Parchi della Calabria quest’anno rispetto al tuo primo viaggio?
Le sensazioni sono state analoghe, non pensavo di ritrovare le zone dei parchi calabri quasi come le avevo lasciate circa mezzo secolo fa. Gli ambienti sono selvaggi quanto allora. Purtroppo si vedono molte costruzioni abbandonate degli anni ’60-’70 sparse qua e là. Forse sarebbe stato meglio non fossero mai state costruite, perciò mi auguro, vengano recuperate o demolite.
Il turismo tutt’ora è modesto, tranne che in poche zone abbastanza circoscritte, come il Villaggio Mancuso nella Sila, e predilige le magnifiche coste calabre. Chissà quando scoprirà la bellezza e le possibilità che i parchi offrono in termini di natura, tranquillità, sport, gastronomia, antichi borghi e tanto altro. Lungo il tragitto, infatti, abbiamo incontrato pochi turisti, tra i quali anche qualche ciclista. Gli spazi sono ampi e c’è spazio per coloro che avranno a cuore il rispetto di ambienti così selvaggi.
Le principali differenze tra le due esperienze, a distanza di 44 anni una dall’altra?
Forse la grande differenza di sensazioni tra i due viaggi è dovuta al fatto che allora ero 17enne, e fu per me una delle prime vacanze con amici. Inoltre, allora, pareva che la storia si fosse fermata al 1800: la vita procedeva lenta, i mezzi erano pochi e la povertà tanta, i figli erano per lo più emigrati e gli anziani portavano al pascolo greggi e armenti, che questa volta non ho quasi più visto.
Che tipo di bici avevi usato nel ‘77 e che tipo di bici hai scelto per il viaggio di quest’anno?
Nel 1976 avevo venduto con dispiacere la mia chitarra elettrica e la mia dodici corde, per racimolare il denaro necessario per acquistarmi una bicicletta da corsa con cui partire alla volta dei Pirenei. Un amico di mio padre conosceva qualcuno in Bianchi, così riuscii a pagarla al prezzo di fabbrica. La ritirai in un capannone, dove montavano biciclette di varie marche, soprattutto da bici bambino e da città, tra cui anche il modello della Bianchi che potevo permettermi. Compresi immediatamente che, nonostante il forte sconto, la bicicletta era modesta, non tubi Columbus e pezzi Campagnolo d’eccellenza, come quelle dei miei compagni d’avventura: Roberto Bruno (allora 35enne, viticultore ed enologo), e Carlo Testa (allora 22enne, poi professore di italianisitica all’Università di Vancouver). Dopo questo giro del 1977, ricevetti però in regalo da Legnano una bici assai più bella per affrontare il giro delle Alpi.
Roberto Bruno, Carlo Testa e Lorenzo Molinari Lago Cecita, Parco della Sila
E nel 2021 su quale bici sei ritornato a pedalare lungo la Ciclovia dei Parchi della Calabria?
Per quest’ultimo viaggio il mio mitico amico Sergio Borroni mi ha prestato una sua bicicletta gravel non marchiata, con cui ha realizzato numerosi viaggi per il mondo. Ottima soluzione considerando le strade che, per quanto asfaltate, spesso sono dissestate e con buche anche profonde.
Per il pernotto come ti eri organizzato nel corso del tuo primo viaggio?
Nel 1977 il bagaglio fu molto essenziale, come in questa occasione: un cambio per la sera e uno da bici per il giorno, 3 palmer di scorta a testa (che forammo e fummo costretti a scucire, riparare e ricucire la sera), oltre a qualche attrezzo per la manutenzione d’emergenza. La borsa l’avevo legata con una cinghia a un portapacchi posteriore posticcio.
Pernottammo in alberghetti molto economici che, talvolta, trovammo a fatica lungo il percorso.
E per il cibo come ti eri organizzato nel 1977? Oggi, nel 2021, si trovano le strutture sul percorso?
Per colazione e per pranzo “svaligiavamo” negozi di alimentari, mentre la sera cenavano in bettole e trattorie. D’altronde, percorrendo giornalmente 120-130 km, con punte fino a 160-170 km e dislivelli fino a 2.400 m+, la fame era incontenibile. A Taverna ricordo che ordinammo in successione tre porzioni di primi a testa, ma non i secondi, perché, nonostante i prezzi fossero molto bassi, il nostro budget non ce lo consentiva. E non eravamo gli unici affamati! A Serra San Bruno lasciammo per la notte le bici in un deposito di legna; al mattino rimasi male nel vedere la mia borraccia di plastica letteralmente sgranocchiata da topi: si erano arrampicati lungo il telaio, attirati da residui zuccherini della spuma all’arancia o di chinotto che innaffiava la mia gola in salita nei momenti di calura.
Parliamo della tecnologia. Oggi sappiamo cosa ci aspetta per ogni tappa, distanza, pendenza per le salite e tutti i dati necessari. Nel 1977 senza Google, Strava, Komoot e le varie app, come avevi pianificato le tappe?
A dire il vero sono rimasto privo di tecnologia come allora. L’esperienza, soprattutto come alpinista, mi ha aiutato a sviluppare un buon senso d’orientamento. Nel 1977 portammo con noi un estratto dell’atlante stradale del Touring Club Italiano 1:200.000, che tutt’ora è il compagno dei miei viaggi, su cui avevamo segnato il tragitto da percorrere. Eravamo tre atleti, canoisti, giovani e forti e non ci spaventavano le distanze e le salite. Le tappe erano fissate in modo approssimativo e di sera in sera riprogrammavamo la pedalata che ci aspettava.
Mi meravigliò come le persone che incontravamo quasi sempre non sapessero darci alcuna indicazione di paesi a poche decine di chilometri: Il loro mondo, che percorrevano a piedi, su un mulo o con qualche scassato veicolo, non sconfinava di molto.
Incredibilmente allora percorremmo quasi il medesimo itinerario di questo viaggio, anche perché, per fortuna, ancor oggi non vi sono molte alternative stradali.
Come hai trovato le stesse strade oggi rispetto a 44 anni fa?
Come dicevo, nel 1977 percorremmo giornalmente distanze relativamente lunghe. Ci trovammo, però, in difficoltà a mantenere il programma prima al Parco Nazionale del Pollino, poi all’Aspromonte. Il primo lo attraversammo passando da Episcopia, Rotonda e Morano Calabro, trovando strade non asfaltate e dissestate. Il secondo passando da Mongiana fino a Reggio Calabria su strade anche qui a tratti non asfaltate. La media si abbassò drasticamente a 60-70 km al giorno e – dopo numerose forature – fummo costretti a percorrere chilometri e chilometri a piedi con la bici in spalla, calzando le uniche scarpe che avevamo con noi, da ciclismo in cuoio con la lamina di metallo nella suola, non proprio comodissime per camminare.
Hai un aneddoto del 1977 legato a questi lunghi tratti da fare a piedi, con la bici in spalla?
Sì, fu così da Colle Impiso al Colle Dragone nel Pollino, in cui prima riuscimmo a pedalare lungo lo scolo di cemento della strada sul lato a monte, non privo di massi e frane, poi camminammo per oltre 15 km con la bici in spalla. Il lento procedere ci portò a raggiungere Castrovillari sotto il cielo stellato (e considerando che era luglio, doveva essere piuttosto tardi). In un’altra occasione la strada divenne poco più di un sentiero e anche quella volta arrivammo esausti in un albergo che era buio pesto, dove ci diedero qualcosa da mangiare e ci chiusero dentro fino a mattina, temendo che saremmo scappati senza saldare il conto! D’altronde, non so quanti ciclisti avessero visto prima di allora su quelle alture. Ci guardavano con curiosità mista a sospetto.
Bocca di Piazza Villaggio Mancuso
Come ti sei allenato per la Ciclovia della Calabria? Comunque non si tratta di una facile passeggiata…
La Ciclovia della Calabria indubbiamente non è una passeggiata da prendersi sotto gamba, considerando che chi l’affronta deve necessariamente portarsi con sé qualche chilo di bagaglio, e che le temperature, almeno nel periodo estivo, possono elevarsi e dare problemi soprattutto nei tratti a bassa quota tra un parco e l’altro. Mentre nei tratti dei parchi si pedala spesso all’ombra dei boschi e a quote superiori a 1.000 m.
Quest’anno il clima ci è stato favorevole, a differenza di 44 anni fa, quando patimmo severamente il caldo. Ricordo che, per un colpo di calore, mi riempii tutta la schiena, le spalle e le braccia di vescicole. Giunti a un bar, ordinammo tre bottiglie grandi di spuma, che scolammo in un attimo, poi altre tre e, in breve, ancora tre, ma il barista si rifiutò di servircele, sostenendo che ci faceva male bere così tanto. Solo dopo un lungo insistere la nostra brama di bere fu esaudita!
Per fortuna le fonti d’acqua sono abbastanza frequenti, più di quanto lo siano i bar. E il mio augurio è che queste fonti vengano valorizzate e non imbrigliate, costringendo gli assetati a sostare nei bar, come purtroppo è accaduto in molti luoghi turistici in Italia.
Mi alleno abitualmente, anche se non in modo specifico in bicicletta, pertanto sono sempre abbastanza preparato per affrontare viaggi come questo. In particolare ho incrementato le mie uscite a ridosso della partenza sia in pianura sia in salita, curando l’intensità a discapito della durata. Allenamenti brevi ma intensi (di circa 2 ore ciascuno).
In un mondo che cambia con una velocità incredibile viaggiare lentamente ha un valore particolare…
Ho attraversato la Mongolia e la Patagonia pagaiando, ho camminato e pedalato in lungo e largo colline e montagne. La lentezza è il modo privilegiato per “entrare” in un luogo, senza disturbarlo, e conoscerlo. Sono lento a mangiare, lento ad apprendere, lento a scrivere. Lento anche a guidare (mia figlia mi prende in giro perché mi faccio superare anche dai camion!), lento a cambiare il mio stile e, a questo punto, anche lento ad invecchiare. Un tempo credevo fosse una mia limitazione, poi mi sono accorto che mi permetteva di dare colore alla mia vita.
In conclusione, quali consigli daresti una persona che vuole pedalare lungo la Ciclovia dei parchi della Calabria?
Non aspettatevi panorami mozzafiato, piuttosto andate sulle Dolomiti. Tuttavia, quando sarete dalle parti di Gambarie sull’Aspromonte e vedrete in lontananza il mare dello Stretto di Messina e, più in là, la sagoma dell’Etna, sono certo che ringrazierete questa terra per l’emozione che farà provare.
Sarà così anche quando attraverserete i folti boschi, nonostante non offrano ampi spazi visivi, o le vaste praterie di felci, e quando vi siederete stanchi e affamati ad assaporare i cibi locali, ringrazierete per l’abbondanza nel gusto, che una cucina anche povera sa offrire. E non dimenticate di passare dal rifugio Biancospino di Antonio Barca in Aspromonte! Grazie Calabria e grazie ai calabresi!
Per maggiori informazioni sulla Ciclovia dei Parchi della Calabria, visita il sito www.cicloviaparchicalabria.it
Grazie Michele, Giulio, Alessandro e Alessandro dei vostri commenti e delle vostre belle parole. Percorrere la Calabria in bicicletta attraverso i suoi Parchi sarà anche per voi – ne sono certo – una splendida esperienza. Cercate di andarci quando il clima è mite. La prima volta che andai, fu piuttosto caldo, nonostante molte strade passino per boschi e siano ombreggiate; mentre, quest’ultima, la temperatura è stata ottimale. Entrambe le volte vi andai a luglio. Buone pedalate!
Grazie Lorenzo …è stato bello leggere questa esperienza che vorrei provare a fare e da calabrese …apprezzo quello che hai scritto con sentimento e passione rispetto a questa terra spesso non capita e bistrattata ..debbo dire a volte con ragione. E complimenti per essere tornato
Complimenti Lorenzo bella esperienza e grazie x le preziose indicazioni, appena posso vorrei cimentarmi in questo “viaggio”. Grazie
Bravo bei pensieri!
Complimenti Lorenzo, da Alessandro del Gruppo GMC