L’emergenza climatica è un tema che, negli ultimi anni, è entrato prepotentemente nell’agenda dei governi di tutto il mondo: gli appelli delle Nazioni Unite si moltiplicano e le conseguenze del surriscaldamento globale le stiamo vivendo sulla nostra pelle. La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che in futuro farà sempre più caldo e l’Europa sta andando incontro a una desertificazione. Ma, paradossalmente, in Italia – nonostante lo stato di emergenza climatica dichiarato nel 2019 – la questione viene trattata dai mezzi dell’informazione – salvo rare eccezioni – come fenomeno “meteorologico” e derubricato a “caldo anomalo fuori stagione”, “clima impazzito” e “bomba d’acqua”.
Mancanza di consapevolezza sul tema
Una semplificazione e mancanza di consapevolezza sul tema che, per certi versi, ricorda il modo in cui vengono trattate le collisioni stradali: come qualcosa di inatteso eppure inevitabile, rassegnandosi supinamente al destino fatale e all’incidente in cui la colpa – “in attesa degli accertamenti da parte delle autorità competenti” – viene attribuita quasi sempre alla strada killer, al pino assassino, all’asfalto reso viscido dalla pioggia e all’auto impazzita. Guardandosi bene dall’indicare tra le cause gli errati comportamenti di chi era alla guida di quel mezzo che si è accartocciato e ha prodotto morti e feriti perché condotto ad alta velocità da una persona e in modo, troppo spesso, distratto.
La logica del talk show
La questione è molto rilevante perché se i media mainstream – grandi televisioni, radio e giornali – presentano un tema in una determinata cornice narrativa, quel tema sarà percepito in un determinato modo: se l’emergenza climatica non viene presentata come tale, l’emergenza climatica semplicemente non esiste. E la logica imperante del talk show in cui si banalizza il tema senza dargli la giusta importanza vanifica gli appelli delle poche voci autorevoli e titolate a parlarne.
Spagna: così le città si attrezzano contro l’emergenza climatica
In Spagna, per fare un esempio di Paese climaticamente e culturalmente simile al nostro, il tema è molto più sentito e il grado di consapevolezza sembra essere maggiore. Un recente approfondimento di El País illustra in che modo le città spagnole si stanno attrezzando per contrastare l’emergenza climatica e il fenomeno delle isole di calore esacerbato dall’aumento delle temperature fuori stagione. Il caldo anomalo di queste settimane in Spagna – con picchi di oltre 30 °C a metà aprile – è la spia di questo fenomeno globale.
Le città spagnole stanno adottando diverse strategie: dall’aumento degli spazi verdi alle tende da sole tra le strade ed è allo studio un sistema per avvisare la popolazione in tempo reale in caso di temperature estreme. Proposte che interessano anche la mobilità:
- a Madrid c’è l’aumento delle corse della metropolitana e un sistema di climatizzazione per mantenere la temperatura interna dei vagoni tra 21 e 26 °C;
- a Barcellona si sta estendendo il concetto di “rifugio climatico”, con una mappa di luoghi sicuri (come biblioteche, centri civici e complessi sportivi), che garantiscono un “comfort termico ” e sono raggiungibili in 10 minuti a piedi da ciascuna casa;
- a Siviglia già da tempo stanno realizzando tende da sole per coprire le strade del centro e fontane urbane: l’obiettivo è creare zone d’ombra fresche, come oasi per combattere le isole di calore; e impiegare materiali da costruzione che respingono il caldo aumentando anche la presenza di alberi in città.
Francia: la Costa Azzurra e il caldo record
A ottobre scorso la rivista Le Point aveva pubblicato uno speciale di ben 24 pagine sull’emergenza climatica in Costa Azzurra e su come Nizza si stava preparando a fronteggiare questo fenomeno: “L’anno 2022 sarà stato quello di tutti i record per le Alpi Marittime: il più secco mai osservato, 60 notti tropicali consecutive, un Mar Mediterraneo surriscaldato da 4 a 5°C sopra il normale…”, questo l’incipit dell’inchiesta (che online continua qui).
Italia: tra siccità, alluvioni e Ultima Generazione
In Italia siccità e alluvioni sono diventati un tema soltanto in queste ultime settimane: i danni alle colture e l’impatto economico del fenomeno – da noi come negli altri Paesi europei – hanno indotto il governo a creare una cabina di regia con a capo il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini e un commissario speciale per l’acqua: “L’obiettivo è velocizzare la costruzione di infrastrutture, come i microinvasi e i lavori sulla rete di distribuzione idrica, in modo da ridurre le perdite”, come sottolinea un articolo di Euractiv.
Eppure la classe politica italiana non sembra aver messo in cima all’agenda questo tema: tanto che ancora si parla, per l’ennesima volta, di Ponte sullo Stretto come grande opera per risollevare le sorti del Mezzogiorno. Che cosa stiamo facendo concretamente come sistema-Paese per mitigare la portata dell’emergenza climatica che, a lungo andare, potrà solo peggiorare se non mettiamo in pratica azioni concrete?
Le azioni degli attivisti di Ultima Generazione – di cui avevamo già scritto qui – in questi ultimi mesi si sono moltiplicate: con azioni dimostrative e blocchi stradali, soprattutto sul Grande Raccordo Anulare di Roma e su altre strade trafficate. Come spiega un attivista a proposito dei blocchi stradali: “Un’azione di disubbidienza civile, siamo terrorizzati dalle conseguenze del cambiamento climatico. Il governo continua a investire sui combustibili fossili, mentre ci avviamo verso l’estate più calda e secca di sempre”.
Bruno Vespa: “Che Dio ce la mandi buona!”
Intanto Bruno Vespa nella puntata del 26 aprile 2023 della sua striscia di approfondimento quotidiana “Cinque minuti” dopo il TG1 ha intervistato Carlo Buontempo, direttore del servizio cambiamento climatico dei satelliti europei Copernicus, che ha spiegato nel dettaglio il fenomeno in atto e le possibili misure da prendere per contrastarlo. Un’intervista utile e interessante.
Ma Vespa, congedandosi dall’intervistato, l’ha salutato così: “Bene, grazie direttore, buon lavoro: e che Dio ce la mandi buona!”. Ancora una volta la logica del talk show e l’approccio fideistico al tema hanno avuto la meglio sulla razionalità. Quando anche i mass media cominceranno a trattare l’emergenza climatica con la dovuta attenzione speriamo soltanto non sia troppo tardi.
[Articolo aggiornato il 17 maggio 2023]
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