Quanti soldi stanzierà l’Unione Europea per la ciclabilità negli anni 2014-2020? Quali paesi otterranno più finanziamenti? E in quali progetti confluiranno i 44 milioni di euro destinati all’Italia?
Sul finire del 2014 l’ECF (European Cyclists’ Federation) ha pubblicato un documento con una stima dei fondi che saranno destinati dall’Unione Europea alla ciclabilità per gli anni 2014-2020. Il primo vertice sul tema si è tenuto a Bruxelles nel novembre del 2012 e l’obiettivo dichiarato dell’ECF è sempre stato quello di ottenere 6 miliardi di euro, il 10% del totale destinato ai trasporti, anche se stime più realistiche parlavano da subito di 1,025 miliardi.
Il 10% non è una soglia buttata a caso, ma segue il principio di assegnare fondi a ciascuna modalità di trasporto proporzionalmente al numero abituale di utilizzatori. Nei sei anni scorsi l’ECF ha calcolato che il 7% dei cittadini europei usa la bici abitualmente, ponendo l’obiettivo di portare questa soglia al 15% nel prossimo quinquennio.
A dispetto di questa logica, nel periodo 2007-2013 i fondi per la ciclabilità sbloccati dall’UE sono ammontati a 600 milioni di euro, solo lo 0,7% dei 993 miliardi complessivi stanziati.
Va detto che nella maggior parte dei casi i fondi assegnati a progetti legati alla ciclabilità coprono solo una parte delle spese, in pratica sono addizionali ad altri soldi già stanziati da governi e amministrazioni locali: ecco perché si dice che l’Italia non li sfrutti abbastanza.
Ecco anche perché i Paesi che hanno portato a casa di più nel quinquennio 2007-2013 sono quelli che hanno investito di più: Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Germania, che hanno allocato oltre 100 milioni di euro ciascuno in progetti per la ciclabilità, si sono spartite quasi da sole i già pochi 600 milioni messi sul piatto dall’Unione. Questi sono nel dettaglio alcuni dei programmi europei in favore della mobilità ciclistica finanziati nello scorso quinquennio.
Le stime ufficializzate dall’ECF per il 2014-2020 parlano di 1,3 miliardi di euro di fondi “espliciti” da sbloccare, a cui si aggiungerebbero circa 700 milioni tra “impliciti” e “indiretti”, per un totale di 2 miliardi di euro, il doppio del miliardo stimato ma ancora lontano dai 6 auspicati e, soprattutto, ancora meno del periodo 2007-2013 in rapporto al budget totale (meno dello 0,7%), che è certamente è un dato negativo.
Per fondi espliciti si intendono quelli destinati alla realizzazione di piste ed infrastrutture ciclabili e al settore bici e accessori, gli impliciti comprendono interventi più generali in favore di forme di mobilità sostenibile e alternativa a quella motorizzata – in cui la bici non è menzionata ma di fatto ne giova – e i fondi indiretti includono quelli derivati dalla costruzione di strade e da progetti turistici, numeri questi ultimi sui quali la Federazione è stata molto prudente.
Quasi il 90% di questa somma dovrebbe confluire nelle casse dei singoli stati per finanziare progetti regionali e nazionali, mentre il restante 10% sarà destinato a programmi “European-level” (vedi Eurovelo), a programmi transnazionali e ai cosiddetti piani di cooperazione transfrontaliera (vedi la pista ciclabile Emilia Romagna-Slovenia).
Ecco nel dettaglio il grafico dei 7 Paesi che potrebbero ricevere maggiori fondi dall’UE (dai 40 milioni di euro in su di soli fondi espliciti). Come ribadito dalla stessa ECF, si parla ancora di stime, seppur abbastanza attendibili.
La Polonia, con 400 milioni di fondi espliciti è il paese che più dovrebbe ottenere (e quindi anche investire) in progetti legati alla ciclabilità, e non sarebbe una sorpresa. Come abbiamo visto in precedenza è stato così anche nel quinquennio precedente e infatti anche su Bikeitalia abbiamo parlato spesso dei numerosi programmi di promozione del ciclismo urbano in Polonia, su tutte nella città di Lodz, che i ciclisti romani ricorderanno per la discussa vittoria all’European Cyclist Challenge 2014.
A seguire Spagna e Francia, poi Ungheria, Bulgaria e Germania, quindi l’Italia più distaccata, con 88 milioni di euro complessivi, che la stessa ECF considererebbe comunque un significativo passo in avanti rispetto al periodo precedente. Gli altri 21 dei 28 paesi dell’Unione potrebbero incassare insieme circa un terzo dei 2 miliardi in ballo.
Sicuramente qualcuno avrà notato un particolare interessante: i paesi in cui ci sono più ciclisti e migliori infrastrutture ciclabili, su tutti Paesi Bassi e Danimarca, non solo non figurano nel grafico ma non riceveranno dall’UE nemmeno un euro di fondi espliciti. Solo nel caso dei Paesi Bassi si parla di una somma, comunque irrisoria, di 300 mila euro di fondi impliciti. Naturalmente questo non vuol dire che i paesi in questione non spenderanno soldi per migliorare la propria ciclabilità, tutt’altro, ma che agiranno autonomamente visto che sono dotati di piani nazionali della mobilità ciclistica e ricevono fondi direttamente dal governo centrale. Giusto per dare un’idea, il comune di Amsterdam ha stanziato da solo 57 milioni di euro per il Bicycle Plan 2012-2016, ne ha promessi 120 per il quinquennio 2016-2020 e ulteriori 200 milioni entro il 2040.
L’ECF sostiene che molti paesi europei non sfruttino a dovere i fondi disponibili per progetti legati al ciclismo urbano (durante gli Stati Generali della Bicicletta e della Mobilità Nuova del 2012 il presidente ECF fece riferimento proprio all’Italia) e che alcuni interventi in favore dei ciclisti dovrebbero provenire anche da altri settori. Ad esempio, una nuova stazione della metropolitana – un’opera non classificata come strettamente “ciclistica” – dovrebbe prevedere delle rastrelliere adeguate per il parcheggio delle bici, ma molto spesso le esigenze dei ciclisti vengono dimenticate e le rastrelliere non installate, tanto che l’ECF si sta battendo perché alcune di queste misure diventino obbligatorie. Anche per questo i fondi classificati nel grafico come impliciti e indiretti, che comprendono proprio il tipo di interventi citato, vanno presi con le pinze.
E in Italia, in quali casse e in quali progetti confluiranno i 44 milioni di euro di fondi espliciti previsti? E i restanti 44 milioni tra fondi impliciti e indiretti, si tramuteranno davvero in interventi in favore della ciclabilità? La FIAB (Federazione Italiana Amici della Bicicletta) è l’organizzazione affiliata ad ECF e c’è da sperare che giocherà un ruolo importante nella gestione di questi soldi, lavorando al fianco di associazioni, movimenti e amministrazioni locali per indicare le priorità per la mobilità ciclistica della nostra penisola. I fondi in ballo per la Federazione riguardano soprattutto la realizzazione del progetto di rete cicloturistica nazionale Bicitalia, mentre per interventi che incidono direttamente sulla ciclabilità l’ultima parola spetterà alle amministrazioni: nel frattempo, associazioni e movimenti hanno già suggerito durante gli Stati Generali della Bici un prontuario di azioni minime e a costi contenuti: il nodo riguarda in particolare la diffusione delle zone 30 nei centri urbani, che i ciclisti vorrebbero approvata nero su bianco già dal prossimo codice della strada ora in fase di discussione al Senato.
I prossimi obiettivi dell’ECF sono di controllare che i fondi destinati ai singoli paesi siano effettivamente spesi e che portino i risultati attesi, e integrare progetti ciclisti e non strettamente tali, in particolare quelli strategici per l’intermodalità.
L’assegnazione dei fondi per il quinquennio 2014-2020 è ormai conclusa ma l’ECF, nonostante i risultati non brillantissimi, ha comunque deciso di stilare un piano d’azione per la ciclabilità europea (Cycling Investment Plan for Europe) sulla base dei famosi 6 miliardi di euro, ai quali si potrebbe giungere grazie al sostegno dei privati e della Euroepan Investment Bank (EIB).
Le priorità dell’ECF sono la conclusione del progetto di rete cicloturistica europea Eurovelo e un riassetto dell’industria del settore bici e accessori.
L’ECF ha ricordato infine, come riportato da uno studio pubblicato alcune settimane fa, che lo sviluppo previsto per la ciclabilità in Europa potrebbe generare migliaia di nuovi posti di lavoro ed un ritorno economico pari a 5 volte l’investimento iniziale.
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