Sono passati 5 anni dal 28 aprile 2012.
Ai più questa data non dirà nulla, ma ad altri il pensiero e il ricordo di quel giorno farà sicuramente venire i brividi lungo la schiena.
Verso mezzogiorno, giornalisti, telecamere, e migliaia e migliaia di bici iniziarono a convergere su via dei Fori Imperiali, a quello che i Romani chiamano “il palo di Eva”. Dopo settimane di pioggia, il cielo era tornato all’improvviso sereno e un sole caldo e rassicurante splendeva sulla capitale, a illuminare e benedire il più grande incontro di ciclisti che il paese avesse mai visto. Molti arrivarono da Milano e da tutto il nord. Correva voce che la Regione Puglia avesse addirittura organizzato dei pullman per portare i manifestanti a Roma in tempo utile.
Eravamo 50.000 quel giorno a Roma, tutti con il forte desiderio in fondo al cuore di vivere in un paese in cui il semplice desiderio di spostarsi in bicicletta non fosse punito con la pena di morte.
Per l’occasione, il sindaco della capitale, Gianni Alemanno, si affrettò a far approvare il piano quadro della ciclabilità che giaceva da 6 anni a prendere polvere in un cassetto e Beppe Grillo inviò un video di benedizione di cui, forse, non c’era bisogno.
Il 28 Aprile 2012 non fu solamente una gigantesca festa, ma fu il momento in cui si avvertiva che qualcosa, in qualche modo, era cambiato: stradini, biker, ciclisti urbani e cicloturisti erano lì tutti assieme a reclamare il diritto a usare le strade e sembrava che nulla ci avrebbe mai potuto fermare, che l’Italia era finalmente arrivata a una svolta ciclabile.
In questi giorni, all’indomani del funerale di Michele Scarponi, è fin troppo facile guardarsi indietro e dirsi che questi 5 anni non sono serviti a niente; che le strade italiane sono la solita trappola mortale (e a peggiorare le cose ci si è messa anche la diffusione degli smartphone); che ancora esistono imbecilli che ragionano in termini di ciclisti e automobilisti; che oltre al riconoscimento dell’infortunio in itinere per i lavoratori in bici, il Parlamento non è riuscito ad approvare una sola legge per facilitare e tutelare la vita di chi si sposta senza inquinare, né fare rumore.
Eppure, nonostante tutti questi segnali negativi non riesco a non essere ottimista e penso realmente che le cose stanno per cambiare.
Ne sono convinto perché vedo che le cose stanno cambiando rapidamente negli altri paesi: Gran Bretagna e Norvegia stanno investendo miliardi di Euro per aumentare l’uso della bicicletta. Prima o poi queste buone pratiche riusciranno a contagiare anche il nostro paese.
Ne sono convinto perché negli ultimi anni c’è stato un boom di finanziamenti da parte del pubblico per lo sviluppo del cicloturismo (91 + 83 milioni nelle ultime due leggi di stabilità, 15 milioni di euro da parte della regione Sardegna, 27 milioni da parte della Regione Lombardia, etc). Se è vero che il cicloturismo è ben diverso dal ciclismo urbano, è anche vero che gli Italiani vivono in città bellissime e che le stesse ciclovie possono essere utilizzate anche per le esigenze di mobilità creando gli assi portanti di una rete ciclabile urbana.
Ne sono convinto perché negli ultimi mesi ho visto la nascita del Club delle Città 30 e Lode, una coalizione di comuni di piccole e medie dimensioni che si stanno adoperando per un miglioramento delle proprie condizioni di mobilità. Sono quasi tutti amministratori molto giovani e con una mentalità europea, stanno seminando e i frutti arriveranno. Basta solo avere la pazienza per aspettare e offrire loro il supporto per dimostrare che cambiare si può e che il coraggio paga.
Ne sono convinto perché se è vero che la legge delega al governo sulle modifiche al codice della strada è bloccata da due anni e mezzo al Senato, è vero anche che questa riforma è già stata approvata dalla Camera e che alcuni concetti come il limite di 30 km/h in ambito urbano e il controsenso ciclabile sono passati culturalmente. Adesso serve solo il passaggio formale in Parlamento, ma prima o poi ci arriveremo. Se non sarà durante questa legislatura, sarà per la prossima.
Ne sono convinto perché la qualità dell’aria nella Pianura Padana è in progressivo peggioramento e le varie misure di emergenza varate in passato per porvi rimedio si sono rivelate del tutto inutili: occorre un approccio organico e programmatico alla questione che dovrà necessariamente passare per una progressiva limitazione nell’uso dell’automobile, previa creazione di valide alternative di trasporto pubblico e individuale pulito.
Ne sono convinto perché alcuni di quelli che il 28 aprile di 5 anni fa erano presenti a via dei Fori Imperiali per richiedere maggiore sicurezza per chi si muove in bicicletta nelle nostre città siedono oggi in posizioni chiave della pubblica amministrazione e, con estrema fatica stanno lavorando per cambiare le regole del gioco, sempre di più vi sederanno in futuro.
Ne sono convinto, ma non possiamo dare per scontato che le cose cambino da sole: perché le decisioni che condizionano le nostre vite non sono prese da marziani sbarcati sulla terra con astronavi, ma da cittadini comuni che si rimboccano le maniche e decidono di mettersi in gioco rischiando di perdere le elezioni e, in caso di vittoria, di finire quotidianamente sui giornali ed essere ricoperti di insulti ogni volta che muovono un dito.
Quei cittadini che decidono di sporcarsi le mani e cambiare le cose possiamo essere noi, oppure può essere qualcuno con una visione della mobilità completamente opposta alla nostra. Stare a casa a commentare le notizie su Facebook e lamentarsi della mancanza di sicurezza sulle strade, però, non cambia le cose. Le cose cambiano solo nel momento in cui qualcuno decide di impegnarsi e lavorare per farle cambiare, costi quel costi.
Buon 28 aprile, quindi, a tutti voi che 5 anni fa eravate con me e gli altri 50 mila a Roma. Buon 28 Aprile a tutti voi che in questi 5 anni ce l’avete messa tutta per cambiare le cose e che non rinuncerete mai per nulla al mondo. Buon 28 aprile a voi che non vi rassegnate, che ogni mattina accompagnate i figli degli altri a scuola in bicicletta, a tutti voi che non vi lasciate schiacciare dall’opprimente sensazione che sia tutto inutile.
“Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi ed impegnati possa cambiare il mondo. In verità è l’unica cosa che è sempre accaduta.”
MARGARET MEAD
Perche’ non proporre agli automobilisti convinti che le strade sono ed appartengono solo alle automobili di fare una giornata in giro per la citta’ in bicicletta!
Le morti in strade sopratutto in citta’ si possono evitare solamente guidando a velocita’ piu ridotte e aprendo il cuore e rispettando pedoni ciclisti! sorpassando a distanze adeguate ? Si ci sta ma valutiamo bene che se urti una persona a 20 km sicuramente non la uccidi e riesci pure a fermarti in tempo…ok troppo facile e difficile da capire !..
Va bhe’ ormai mi son rassegnato…( cmq io guido auto bici e vado a piedi)…lancio una frecciata! A chi guida un mezzo motorizzato…se volete guidare col cellulare in mano , sfiorare pedoni o ciclisti ,se perdere 30 sec x non dare precedenze , posteggiare su strisce pedonali e marciapiedi, abbiate l accortezza di uccidere sul colpo ,almeno non fate soffrire il malcapitato!