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Roma: “Via Libera”, ma la ciclabilità resta al palo

Roma: “Via Libera”, ma la ciclabilità resta al palo

Un anello ciclopedonale di 15 chilometri dove poter pedalare e camminare in tutta sicurezza separati dal traffico motorizzato: l’iniziativa “Via Libera” promossa dal Comune di Roma mostra per una domenica al mese come potrebbero e dovrebbero essere le nostre strade, ma ai miei occhi non appare come lo strumento adatto per promuovere la ciclabilità quotidiana.

Avevo già avuto modo di affrontare il discorso anche in passato, ma partecipare all’edizione di ieri mi ha fatto riflettere: in una Roma semideserta per il lungo ponte, pedalare su un percorso transennato e presidiato da pattuglie di vigili ad ogni incrocio mi ha provocato una sensazione straniante acuita dal fatto che l’evento cadeva proprio di 28 aprile: la grande Bicifestazione del 2012 ai Fori Imperiali, replicata nel 2018 sempre lo stesso giorno.

In questi anni di cicloattivismo la netta sensazione che ho avuto studiando le azioni di diverse amministrazioni – a Roma e non solo – è che comunque, in ultima analisi, la bicicletta venga considerata soprattutto come un “problema da gestire” e non come un mezzo di trasporto da incentivare. Per questo sono convinto che “Via Libera” sia partita il 10 giugno 2018 con le migliori intenzioni, ma oggi – a quasi un anno di distanza – si scontra con i propri limiti, primo tra tutti quello di essere pericolosamente scambiata con una rituale “pedalata domenicale”: non può e non deve essere così, ma al momento ai miei occhi appare questo.

Sul fronte della comunicazione funzionano molto meglio iniziative pensate e realizzate per modificare strutturalmente una porzione di città, per far toccare con mano ai cittadini i cambiamenti e coinvolgerli in prima persona: come ha fatto a Milano Matteo Dondé con “trèntaMI”, dimostrando che una strada a misura di persona e non di automobile è un bene comune che migliora la vivibilità del quartiere. E non si tratta di riempire di contenuti “altri” l’installazione, come invece è stato fatto a Roma con “Via Libera”: dare spazio alle associazioni e alle attività commerciali va benissimo, ma farlo come riempitivo obbligato per horror vacui e mancanza di contenuti forti dell’iniziativa in sé si nota. E tanto.


Se davvero si tratta di una sperimentazione in vista di un’implementazione della ciclabilità in città, perché di questo si sta parlando, ritengo che con “Via Libera” ci troviamo di fronte a una matita spuntata che non riesce ad incidere e non lascia il segno. Ieri ho pedalato lungo tutto il percorso e ho pensato che solo per un giorno al mese era “Via Libera” mentre in tutti gli altri giorni si presentava come la quotidiana “Via Crucis” per ciclisti e pedoni, con le sue numerose stazioni di dolore, i mazzi di fiori lasciati vicino alle strisce e le ghost bike legate ai pali.

L’assenza di auto mi ha fatto anche notare l’enorme spazio a disposizione che un’amministrazione con la volontà politica di promuovere la bici potrebbe facilmente utilizzare per realizzare bike lane monodirezionali ai lati delle strade: su Via Cola di Rienzo, con una carreggiata larga circa 18 metri, non c’è spazio per due corsie ciclabili?

Un altro paradosso che mi sono trovato ad affrontare è stato in stradoni come Viale Regina Elena dove un’intera corsia era stata transennata per le bici, ma dove di solito se ci pedali in un qualsiasi giorno della settimana sei a rischio “sorpasso azzardato” perché sulle strade larghe chi guida un’auto spesso e volentieri corre.

Fuori dalle transenne, invece, sono andate in scena le stesse dinamiche che tutti i giorni osservo sulle strade: come il motociclista che in Via Veneto aspettava il verde occupando le strisce pedonali

Sulla reale fruibilità del percorso sottolineo che Via del Corso non era minimamente pedalabile e che l’attraversamento in Piazzale del Verano per poi riprendere l’anello probabilmente è stata la cosa meno bike friendly in assoluto della giornata.

In un contesto urbano ostile in cui pochi giorni fa in Via Casilina una persona in bicicletta è stata investita e uccisa da una persona alla guida di un Suv e un tunnel fondamentale come il Traforo Umberto I è stato vietato alle bici “perché pericoloso”, chi pedala ogni giorno avrebbe bisogno di maggiori tutele e percorsi sicuri per i propri spostamenti. “Via Libera” mostra chiaramente come potrebbe essere la normalità della bici, anche in una città come Roma, ma lo fa solo per una domenica al mese: negli altri giorni chi pedala resta relegato ai margini della carreggiata.

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