Attività fisica

Esiste la depressione post viaggio in bici?

Depressione post viaggio in bici: sembra assurdo che al rientro da un viaggio in bici si possa sperimentare una depressione, dato che per molti il viaggio in bici indica libertà, spensieratezza e felicità. Eppure si tratta di una condizione comune che colpisce molti cicloviaggiatori. Scopriamola insieme.

Depressione post-viaggio in bici: cos’è?

La depressione post viaggio in bici è una sensazione di diffusa inadeguatezza, di calo di motivazione e di tendenza all’apatia che può sopraggiungere al rientro da un viaggio in bici. Gli americani l’hanno chiamata “post trail blues”. È determinata da una sostanziale difficoltà a ritornare ai ritmi e agli schemi della vita precedente al viaggio in bici.

È una situazione abbastanza diffusa, che io stesso ho provato più volte. Molti viaggiatori lo sanno, non appena si termina un viaggio si comincia a programmare il seguente, come se non si volesse tornare alla vita normale. Io ho provato questa sensazione dopo il primo Cammino di Santiago, che ho percorso a piedi nel 2010: 830km in 31 giorni. Al ritorno ho faticato a ritrovare la spinta per lavorare, gestire gli impegni famigliari e quotidiani, come se avessero perso senso e gioia. Per fortuna all’epoca c’era la mia ragazza (ora mia moglie dal 2013) che mi ha aiutato a superare questa crisi.

Cammino di Santiago
All’arrivo del mio secondo Cammino di Santiago (2012)

Potrebbe sembrare una cosa di poco conto rispetto alla vera depressione, quella malattia subdola che colpisce quasi 11 milioni di italiani, ma i i tratti della depressione post viaggio in bici sono molto comuni:

  • Apatia;
  • Mancanza di stimolo;
  • Tendenza a sentirsi inadeguati;

Da che cosa è determinata questa depressione post viaggio in bici?

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Le cause della depressione post viaggio in bici

Gli studi che hanno indagato questa particolare situazione, hanno ritrovato tre grandi cause della depressione post viaggio in bici.

Depressione post
In mezzo alla Sardegna più selvaggia durante la Transardinia (2019)

Semplicità

Viaggiare in bici presuppone semplicità. Che non è solo il fatto che si debba viaggiare leggeri e con un minimo bagaglio ma proprio una semplificazione della quotidianità. Ci alziamo, ci prepariamo, pedaliamo tutto il giorno, doccia, cena e sonno. E così via, ogni giorno. Le preoccupazioni del lavoro, lo stress delle mail, le insistenze familiari sono tutte lontane, irraggiungibili. Questa semplificazione della vita quotidiana provoca un allentamento della tensione e l’instaurarsi di una condizione psicologica nota come “flow” (della quale ho già parlato), che produce maggiore concentrazione e una sorta di apprezzamento maggiore per i momenti che stiamo vivendo. Al ritorno da un viaggio in bici possiamo venire travolti dalle incombenze della vita “normale” e sentirci sopraffatti.

Scopo

Quando viaggiamo in bici abbiamo uno scopo: arrivare a destinazione. Sappiamo che, qualunque cosa succeda, noi dobbiamo arrivare alla fine della tappa della giornata. Dovremo affrontare salite, discese, sterrato, agenti atmosferici, qualunque cosa ma sappiamo dove dobbiamo arrivare. Questo da uno scopo alla nostra giornata e (per la durata del nostro viaggio) alla nostra stessa vita. Al ritorno dal viaggio possiamo accorgerci di non avere più uno scopo così ben chiaro e determinato nelle nostre giornate e questo può condurci verso una depressione.

Endorfine

Lo abbiamo già detto, l’attività fisica è una droga. Quando pedaliamo per ore e ore, il nostro corpo secerne una marea di neurotrasmettitori che alternano la nostra percezione del dolore, la soglia dell’affaticamento e il nostro stesso umore. Tale condizione è conosciuta come runner’s high. Durante un viaggio in sostanza siamo letteralmente sballati di attività fisica per ore e ore e questa condizione “cronicizza”: ogni giorno siamo sempre più bombardati da neurotropine che ci fanno stare bene. Al ritorno da un viaggio possiamo veramente provare una sorta di crisi di astinenza del tutto simile a quella provata dai tossicodipendenti.

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Come superarla?

Per fortuna la depressione post viaggio è una condizione transitoria che si attenua man mano rientriamo nei ranghi della vita quotidiana. Però può produrre una reale alterazione della nostra percezione della vita e quindi, se ci accorgiamo di esserne stati catturati, è bene prenderne atto e cercare di affrontarla.

Depressione post
Sulle scogliere di Finisterre, al termine del mio primo Cammino di Santiago (2010)

Ecco alcuni consigli pratici:

  • Parlarne con qualcuno: il primo passo per risolvere un problema è ammettere che esista. Parlare con qualcuno è importante per aiutarci a definire nuovamente le nostre priorità. Esattamente come mia moglie aveva fatto in quel lontano 2010. È importante che la persona con cui parliamo non abbia viaggiato con noi, altrimenti il rischio è di ricadere nella nostalgia del viaggio appena terminato, acuendo i sintomi anziché lenirli;
  • Non rinunciare all’attività fisica: anche se siamo stanchi, nei limiti del possibile non eliminiamo l’attività fisica. Prendere 2 settimane di stacco totale può davvero farci entrare in una condizione di astinenza da neurotropine. È meglio allenarsi in modo leggero e costante, per favorire il rilascio delle endorfine e quindi ridurre questo effetto collaterale;
  • Tenere un diario: scrivere, la sera o la mattina, i propri pensieri aiuta a distaccarsene e a valutarli in maniera più oggettiva. Se nelle settimane seguenti al viaggio scriviamo i nostri pensieri, possiamo poi rileggerli e vedere se man mano che il tempo passa la situazione migliora oppure no e comprendere se ne stiamo uscendo oppure se è necessario un aiuto da parte di un professionista.

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