Stare bene in sella: non solo questione di bici

Stare bene in sella: non solo questione di bici

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Con la serie di articoli dedicati alla scelta della taglia giusta e al setup della bicicletta ci siamo già occupati di raccontare quale sia il binomio realizzabile tra il ciclista e il suo mezzo. Abbiamo visto come prendersi le misure, come calcolare l’altezza di sella, come regolare i pedali e quali sono le regole da seguire per trovare il telaio della taglia perfetta per noi. Con questa serie di articoli vogliamo portare il tutto a un livello superiore, ovvero raccontarvi in modo semplice e chiaro le regole della biomeccanica, in modo da aiutarvi a migliorare notevolmente la vostra posizione in sella, sia essa votata al comfort o alla performance. Soprattutto nel cicloturismo, dove si sta in sella per parecchie ore, la cosa più importante non è pedalare tanto bensì pedalare bene. In questo articolo vedremo cosa significa stare davvero bene in sella.

Indice
Setup della bici in pillole
Il nostro corpo e l’influenza in sella
Stare in sella e obiettivi
Concludendo
Video La visita biomeccanica serve davvero?

Setup della bici in pillole


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Regolare al meglio la nostra bicicletta (ciò che in inglese viene definito “bikefitting”) non è nient’altro che trovare un punto di equilibrio tra l’espressione della potenza, l’efficienza meccanica e la salute del ciclista. Immaginate il setup come un funambolo che cammina su una corda: l’equilibrio tra i valori di stabilità e destrezza deve essere perfetto e il baricentro deve cadere proprio nel punto di appoggio dei piedi. Se uno dei valori tende a primeggiare sugli altri, il funambolo si sbilancia e cade. Così avviene nel setup, poiché se poniamo l’attenzione solo su uno dei tre punti cardine produrremo uno squilibrio che si rifletterà sugli altri due. Ad esempio, se dovessimo focalizzarci solo sull’espressione di potenza, potremmo regolare una bici che permetta di esprimere il nostro massimo potenziale ma portandoci a sviluppare posture strane che si tradurranno in problemi fisici.

Perciò nessuna delle tre variabili deve primeggiare sulle altre. Vediamole nel dettaglio:

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Espressione di potenza

Indica la capacità che ha il ciclista di sprigionare energia attraverso il lavoro muscolare e quindi di trasmetterla ai pedali. In sostanza si tratta della potenza che il nostro corpo (unico vero motore della bicicletta) è in grado di produrre per un certo periodo di tempo e che quindi determina il livello della nostra performance muscolare.

Efficienza meccanica

La trasmissione di una bicicletta è una catena cinematica chiusa, ovvero fissata la velocità di un componente, tutti gli altri lavoreranno a velocità conseguenti e determinabili. La pedalata dunque è una catena che si ripete ciclicamente e la sua efficienza meccanica è il punto in cui tutti i componenti della trasmissione lavorano al loro potenziale massimo, con minime dispersioni di energia. Questo grado di efficienza si ottiene regolando la bicicletta in modo tale che il ciclista possa far muovere i suoi muscoli nel modo migliore, in cui l’affaticamento risulti contenuto e sia possibile mantenere la performance nel tempo.

Salute del ciclista

Quando sono in sella devo poter esprimere la mia potenza muscolare e farlo nel modo più efficiente possibile. C’è però una variabile molto importante, ovvero questo lavoro deve essere compiuto salvaguardando le articolazioni e i muscoli del mio corpo, che devono muoversi in modo armonioso e naturale, senza forzature che possono sfociare in infiammazioni, contratture o dolori articolari.

Come potete immaginare ognuno di questi aspetti è molto importante perciò trovare una quadra che metta d’accordo tutti è un lavoro certosino e che merita attenzione.

Il nostro corpo e l’influenza in sella


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Sapete qual è il primo fattore che influenza il nostro modo di stare in sella? Molti di voi risponderanno: la bici. Sbagliato, è il nostro corpo. Il corpo infatti è il motore della nostra bici ed è l’insieme di muscoli, tendini e articolazioni che si muovono in simbiosi durante la pedalata. Per capire meglio questo aspetto conviene chiarire una cosa: nella biomeccanica applicata al ciclismo, il corpo non è composto da “pezzi”. Nella medicina occidentale ogni branca è specializzata in una parte del corpo, come se fosse svincolata dal resto. Il cardiologo cura il cuore, lo pneumologo l’apparato respiratorio, lo psicologo la mente e così via. In base alla localizzazione del mio problema c’è la branca e lo specialista cui far riferimento.

Nella biomeccanica il concetto è un po’ più “olistico”, ovvero il corpo è un insieme armonioso e non c’è muscolo che non partecipi attivamente alla pedalata. Facciamo un esempio banale: a volte abbiamo dolore al ginocchio. Mettiamo il ghiaccio sul ginocchio, c’imbottiamo di Voltaren e i sintomi sembrano passare ma si ripresentano dopo ogni uscita, come una condanna. Pensiamo che il problema sia la rotula ma non è così sicuro. A volte il ginocchio è la “vittima” su cui si presenta il problema ma la causa deriva da altri muscoli, come potrebbe essere un addome poco sviluppato che ci costringe a posizioni scorrette.

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Per cui il nostro corpo deve essere visto come un insieme che viene messo sulla bicicletta e quindi i problemi posturali, le differenze di simmetria e tutti quei piccoli difetti fisici che abbiamo si riflettono sul modo di stare in sella. Infatti il nostro corpo lavora per mantenere l’integrità attraverso l’applicazione di una tensione muscolare: ci sono muscoli che si rilassano e altri che si contraggono allo stesso momento per mantenere un equilibrio funzionale e ciò avviene tramite compressioni ed estensioni e il risultato deve essere sempre nullo, ovvero il muscolo in estensione deve forzare in modo uguale a quello in compressione, altrimenti si crea uno squilibrio.

Facciamo un esempio pratico: una ruota per bicicletta è l’insieme di un mozzo, dei raggi e del cerchio. La ruota è mantenuta in posizione dai raggi, sui quali viene applicata una tensione che si sfoga sul cerchio e sul mozzo. Questa tensione consente di mantenere la ruota dritta e di renderla resistente. Cosa avviene se un raggio si spacca? La ruota va fuori dima, la distribuzione della tensione si sbilancia, altri raggi si spezzano e il cerchio infine si piega.

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Come fa quindi il nostro corpo a influenzare il nostro modo di stare in sella? Secondo questi diversi aspetti:

Flessibilità

Ovvero la capacità che hanno i nostri muscoli di allungarsi sotto sforzo. È un aspetto molto importante, poiché più io sono rigido (o “legato”, come si usa dire) minore sarà la mia escursione muscolare e quindi farò più fatica a raggiungere i pedali o il manubrio. Questa situazione mi costringerà a rivedere i miei parametri di altezza sella e di svettamento del manubrio, obbligandomi a ridurli, diminuendo così anche l’efficienza meccanica della pedalata e la trasmissione di potenza.

Per capire il vostro livello di flessibilità ci sono tre semplici esercizi da mettere in pratica. Sdraiatevi sul letto supini, sollevate la gamba destra e piegate il ginocchio. Ora cercate di portare il ginocchio verso lo sterno. Solitamente una persona poco allenata fatica ad andare oltre il bacino, mentre un ciclista sano dovrebbe raggiungere lo sterno. Nel secondo esercizio sollevate la gamba destra e tenetela dritta di fronte a voi. Incrociate le dita attorno al cavo popliteo (dietro la rotula) e tirate verso di voi la gamba. Se siete poco allenati, dovreste arrivare quasi a descrivere un angolo di 90° ma un ciclista ha necessità di raggiungere un livello di escursione tale quasi da portare il ginocchio al mento. Infine, sdraiatevi sull’addome e piegate la gamba destra. Spingete il più possibile, cercando di avvicinare il tallone al gluteo.

Il confronto tra una persona poco flessibile e un ciclista è il fatto che un ciclista dovrebbe toccare il gluteo col tallone. Cosa capiamo da questa semplice valutazione? In sostanza ci possiamo rendere conto che il nostro livello di flessibilità e quindi comprendere in che direzione svilupparlo. Se siamo legati e poco flessibili, il solo bikefitting non può essere sufficiente, poiché i nostri muscoli non lavorano comunque al massimo della potenzialità. Per cui possiamo migliorare la nostra flessibilità attraverso brevi sessioni (bastano 10 minuti al giorno) di stretching o Yoga.

Sviluppo e controllo del core

Gli anglosassoni definiscono core l’insieme dei muscoli lombari, addominali e pettorali. A prima vista può sembrare che siano muscoli che non vengono usati durante la pedalata ma abbiamo già visto che non è così. In sostanza possiamo avere gambe muscolose e potenti ma se non le sosteniamo con un core ben sviluppato, serviranno a poco. Un esempio ottimale lo fa Curtis Cramblett dell’Università della California: “Avere gambe possenti e un core poco tonico è come possedere un cannone potente e andare alla conquista degli oceani piazzandolo su una zattera”. Per questo, se si vuole stare bene in sella, si deve comunque dedicare un minimo di attenzione al core e al suo sviluppo. Una possibilità molto efficace e poco invasiva (ovvero che non ci costringe a numerose sessioni in palestra) è la pratica dei “cinque tibetani”, cinque posizioni di Hatha Yoga da eseguire una in fila all’altra, che vengono compiute dai monaci buddisti tutte le mattine e che, ve lo dico perché le eseguo anche io, non impegnano per più di dieci minuti.

Postura

Come noi camminiamo, ci muoviamo, ci sediamo e anche il modo in cui noi stiamo sdraiati durante il sonno influiscono il nostro stare in sella. Ciò si avverte soprattutto in quelli di noi che svolgono lavori sedentari o che passano parecchie ore seduti davanti al computer o in macchina. Lentamente anche una postura scorretta può diventare un’abitudine, finendo per consolidarsi e riflettersi anche sulle altre attività. Per esempio, se davanti al computer assumiamo una posizione ingobbita e la manteniamo otto ore al giorno per 300 giorni l’anno, finiremo per essere ingobbiti anche mentre camminiamo o mentre siamo in sella alla bicicletta. Infatti queste asimmetrie e difetti posturali dovuti a cattive abitudini ce li portiamo addosso come un bagaglio anche durante la pedalata e dovremo regolare la bici per adattarla al nostro corpo. Per questo è sempre meglio curare al meglio la postura, soprattutto quando si sta seduti per parecchie ore, per far sì che la parte sinistra e destra del nostro corpo siano equilibrate.

Traumi e infortuni

Se nel corso della nostra vita abbiamo subito traumi e infortuni più o meno gravi, i postumi di questi incidenti influenzano sicuramente il nostro stare in sella e sono aspetti da tenere in grande considerazione per evitare di aggravare un problema già esistente.

Stare in sella e obiettivi


Un altro aspetto che influenza il nostro modo di stare in sella e di cui va tenuto conto quando regoliamo la bici sono i nostri obiettivi. Immaginiamo di dover partire per un viaggio: la nostra idea è di pedalare rilassati, senza grandi ansie da prestazione, tanto per godere della pedalata stessa e senza limiti di tempo. La nostra bicicletta dovrà essere regolata per aumentare il comfort, magari a discapito della potenza esprimibile. Se nel viaggio seguente decidessimo invece di osare di più, di voler pedalare per parecchio tempo e su lunghe percorrenze, la nostra impostazione precedente è valida? Non proprio, poiché sarebbe meglio effettuare leggerissime variazioni al setup, al fine di aumentare l’efficienza meccanica e la potenza, magari sacrificando un pelo il comfort.

Concludendo


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Quindi, prima di mettersi a “smanettare” sulla bicicletta, conviene sedersi e valutare sé stessi: la propria flessibilità, il livello di controllo del core, i traumi regressi e la nostra postura. Dopodiché prendere un foglio e scrivere i propri obiettivi e intenzioni, per capire che direzione far prendere al setup della nostra bicicletta. Infine bisognerà valutare il proprio stare in sella e quindi definire le regolazioni e metterle in atto seguendo i princìpi guida della biomeccanica.

Video La visita biomeccanica serve davvero?


Commenti

  1. maurizio ha detto:

    ciao omar, ho gradito molto l’articolo di cui ti ringrazio.
    ho anche apprezzato l’intervento pragmatico di riccardo ed ho letto la tua risposta.
    questa mia non è una provocazione ma uno spunto di riflessione ed anche un tentativo perché io possa capire qualcosa che magari mi sfugge. la domanda è: perché chi si occupa di questa materia non pensa di rendere disponibile il proprio servizio ad un prezzo più accessibile? non sto assolutamente svalutando i contenuti dell’attività specialistica del bike-fitter ma credo che potrebbe essere utile aprire un po’ le porte ad un’utenza più vasta, consentendo quindi la possibilità di fare un percorso (non solo una visita) veramente “olistico”, direi multidisciplinare.
    non si tratta infatti della visita “una tantum” ma anche di revisioni, prove, ottimizzazioni ed adattamenti che potranno seguire, ad esempio, l’evoluzione della flessibilità del ciclista.
    è anche mia l’impressione che i prezzi siano troppo elevati e, soprattutto, non credo più che il prezzo sia proporzionale alla competenza del consulente.
    in un’attività di questo tipo, ti accorgi subito, perché sulla tua pelle, dell’effettiva capacità della persona alla quale ti sei rivolto e questo, con grande probabilità, comporta una fidelizzazione in cui entrambe le parti ne escono arricchite.
    per quanto mi riguarda, devo comprare una nuova bici (purtroppo la mia mi è stata rubata), e mi rendo conto di quanto mi gioverebbe non soltanto scegliere la bici che mi piace, ma saper procurarmi un buon punto di partenza (telaio, sella, manubrio, pedali…) sul quale poter costuire un fitting ottimale.
    per questo penso che, col budget limitato di cui dispongo, mi converrebbe investire qualcosa in più sul fitting guidato che sul mero acquisto di un determinato insieme di componenti meccanici.
    i prezzi però non sembrano volermelo consentire.
    cari saluti.
    maurizio

  2. Francesco Nosotti ha detto:

    Per chi vuole approfondire, consiglio il libro,in lingua Inglese di Phil Burt (già biomeccanico del Team Sky e della Nazionale Britannica su pista) “Bike Fit”.
    Troverete spunti decisamente interessanti ed esempi pratici su atleti reali.

    1. Omar Gatti Omar Gatti ha detto:

      Grazie Francesco!

      Buone pedalate

      Omar

  3. Penna Riccardo ha detto:

    Gentile Omar , condivido i contenuti ma poi la sua apllicabilità non è cosi scontata, Ho esperienze sia in ambito bici che in altri sport esempio golf sull’ importanza della Biomeccanica , ma sai quale è il costo di una sessione da un osteopata che utilizza un softtware per redigere una scheda essenziale da poi riprodurre sulla bici del cliente ? ,,,siamo da 130 A 200 euro a sessione iniziale di base perchè se poi non si interviene per lavorare sul corpo e come dire: il piede bloccato ma se non fai qualcosa sarà sempre cosi. Ogni inizio stagione si dovrebbe fare almeno 1 sessione quindi ti risultano di questi tempi importi accessibili? La teoria su il come è una bella cosa ma poi bisogna fare i conti con la dura realtà e non basta solo la passione !

    Cordialità
    Riccardo Penna
    Executive Business e sport Coach.

    1. Omar Gatti Omar Gatti ha detto:

      Ciao Riccardo,
      grazie mille per la tua testimonianza. E’ vero, ciò che dici è molto importante. Lo scopo dell’articolo non è spingere i lettori a correre da biomeccanici o da osteopati bensì è cambiare il punto di vista che abbiamo della bicicletta. Troppo spesso si pensa che la prestazione e il comfort siano dovuti esclusivamente alla bici (ricordo in un negozio di aver sentito un cliente dire “voglio la bici di Nibali perché la mia va troppo piano”). In realtà il principale aspetto che riguarda il comfort e la prestazione in sella è il nostro corpo, la sua flessibilità, lo sviluppo e l’armonia in sella ed è bene conoscerne gli aspetti. Inoltre bisogna capire ciò che si vuole (comfort, prestazione o relax) per sapere che direzione prendere.
      Poi starà al lettore prendere spunto dall’articolo per (se lo ritiene necessario) migliorarsi con stretching o esercizi, oppure di rivolgersi a un professionista per una messa in sella biomeccanica. Molto spesso incontro persone che la prima cosa che mi chiedono è “vado piano in salita, devo cambiare bici?”. Poi li vedi in bici e hanno la sella bassa, la schiena curva e il manubrio troppo stretto. Molto spesso non è la bici a essere il problema, siamo noi e bastano piccoli accorgimenti per migliorare notevolmente.

      In ogni caso, buonissime pedalate!

      Omar

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